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Una buona assistenza è arte?

di Silvestro Giannantonio

In vista della Giornata Internazionale dell’Infermiere la Fnopi ha scelto di promuovere il valore culturale e scientifico della Professione, a tutti i livelli puntando sul concetto di Arte e Scienza, rappresentando alcune immagini tipiche dell'assistenza infermieristica come fossero delle opere incorniciate, con diversi tratti stilistici e ciascuna con una propria targhetta illustrativa, proprio come avviene in una galleria museale

03 MAG -

Lo slogan scelto quest'anno dalla FNOPI per la campagna legata alla Giornata Internazionale dell’Infermiere è: “Il talento degli infermieri. Arte e Scienza in evoluzione”. La motivazione di questa scelta trae spunto dall’attenzione, riservata alle professioni infermieristiche, da parte dei promotori del progetto “Bergamo e Brescia capitali della Cultura 2023” che, assieme ai rispettivi OPI provinciali, proporranno una serie di eventi culturali tra il 12 e il 14 maggio prossimi in entrambe le città, per favorire un’ampia riflessione su temi oggi centrali per l’Infermieristica, in collaborazione con la Federazione nazionale.
 Un’operazione che ben si salda con gli sforzi compiuti recentemente dalla FNOPI per promuovere il valore culturale e scientifico della Professione, a tutti i livelli.

Il materiale di comunicazione elaborato ad hoc punta, perciò, sul concetto di Arte e Scienza, rappresentando alcune immagini tipiche dell'assistenza infermieristica come fossero delle opere incorniciate, con diversi tratti stilistici e ciascuna con una propria targhetta illustrativa, proprio come avviene in una galleria museale.

Questo, però, mentre in Italia il dibattito sulla parola "Arte", associata ad "Infermieristica", continua a tenere banco.

Da un lato, apparirebbe scontato citare la madre dell'Infermieristica moderna, Florence Nightingale, (celebrata in tutto il mondo proprio il 12 maggio) con la sua celebre frase che si conclude con "È una delle Belle Arti. Anzi, la più bella delle Arti Belle". Chiudendo qui la questione: se lo dice Florence... Ma d'altro, troviamo chi non accetta questo accostamento, quasi rappresentasse una diminutio rispetto all'essere infermiere: un professionista laureato, specializzato, oggi sempre più iper tecnologico e skillato.

Eppure, il termine latino ars ha, come primo significato, "ogni attività mirata a progettare o a costruire in modo adatto e armonico qualcosa". 
La parola latina viene, a sua volta, dalla radice sanscrita *arche, che esprime il concetto di “andare verso”, di relazione. E sappiamo quanto sia centrale, per l'Infermieristica contemporanea, il concetto di tempo di relazione come tempo di cura.
Recuperando l'esatta etimologia è, dunque, possibile comprendere quanto l’arte rappresenti, non solo e non tanto la creazione estrosa, unica e individualistica, ma anche la congenialità dei modi rispetto all’idea e la capacità dell'individuo di “andare verso” l'altro. E forse è proprio per questo che l’arte, in tutte le sue forme, è un "mezzo di cura" tanto potente.

Ora, cerchiamo di centrare il punto: un infermiere, un professionista sanitario, produce arte?
Che dose di estro, fantasia, creatività, empatia possiamo trovare (e possiamo tollerare!) nell'operato di un professionista che fonda tutto il suo essere sul sapere scientifico, sulle regole e sulle nozioni che ha studiato e appreso nel corso della sua carriera universitaria e lavorativa?

Eppure, nessuno si stupirebbe se si accostassero altre categorie di professioni intellettuali all'ambito artistico e culturale. Un giornalista, un architetto, un giudice... possono essere artisti nell'esercizio delle proprie funzioni? 
I monologhi della buonasera in tv di Gramellini sono puro giornalismo o qualcosa di più? Il bosco verticale di Tito Boeri a Milano è mera progettazione e rigenerazione di spazi urbani? I libri di Carofiglio sono o no letteratura a tutti gli effetti?
Questo, per dire che una certa diffidenza e ritrosia ad accostare le professioni sanitarie alla sfera culturale in senso lato appare oggi del tutto miope e ingiustificata.

Quanta arte c'è nel “Diagramma delle cause di mortalità nell'esercito in Oriente” sviluppato da Florence Nightingale (che fu anche raffinata statistica) di ritorno dalla guerra di Crimea? A Bergamo e Brescia, quanta arte sapranno produrre gli infermieri durante la tre giorni promossa questo maggio?
 Si spazierà dai diari narrativi curati dal reparto di Terapia Intensiva dell’ASST Spedali Civili allo spettacolo teatrale “L’arte bella”, prodotto dall'Università di Torino. I professionisti sanitari racconteranno e si racconteranno, senza per questo togliere nulla al loro essere professionisti. Che poi, anche questa parola, se si guardasse all'origine latina, professus, indica la persona che ha "dichiarato apertamente", e si connette al verbo profiteor, che rimanda a concetti quali confessare, impegnarsi, offrire, insegnare, esercitare…
Concetti nobili, parole importanti e, al contempo, vincolanti, perché rinviano alla pubblica asserzione del proprio ruolo nella società in cui si vive e lavora.

Onorare le radici della parola professione, anche attraverso nuove forme artistiche di espressione, non significa rinnegare il proprio essere garanti della salute del cittadino; il riconoscere la scienza e il metodo scientifico come fondamento del proprio agire; il saper confessare i propri limiti in quanto esseri umani; il poter denunciare apertamente cosa non va, fornendo, anche in modo creativo e innovativo, proposte e possibili soluzioni di miglioramento.

I professionisti sanitari e socio-sanitari orientano il loro agire al bene della persona, della famiglia e della collettività; promuovono la cultura della Salute, basata sulle evidenze; riconoscono il valore della ricerca e della sperimentazione accreditata. Nella comunicazione, agiscono con sobrietà, correttezza, rispetto, trasparenza e veridicità; tutelano il decoro personale e salvaguardano il prestigio della comunità scientifica.

Il patrimonio dell'essere professionisti, poi, è grande soprattutto per il rapporto di fiducia creato con gli assistiti.
Il tempo di relazione è tempo di cura perché non si basa sulla quantità, ma sulla qualità della relazione, sulla sua intenzionalità: perché nessuno venga mai lasciato da solo di fronte a quella grande opera d'arte che è la nostra vita, specie nei momenti di maggiore fragilità.

Silvestro Giannantonio



03 maggio 2023
© Riproduzione riservata

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