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Per ogni Medico è necessaria una formazione “ad hoc” sui determinanti ambientali della salute

di Prisco Piscitelli

Vista la crucialità e l’interdisciplinarietà di questi temi (che spaziano dalla Medicina alla Chimica, dalla Fisica all’Ingegneria dei Materiali, fino alla costruzione di città ed economie sempre più sostenibili, investendo ogni sfera del sapere umano), si tratta di un “gap” formativo oramai inaccettabile non solo per gli aspiranti medici, ma per qualsiasi laureato.

16 OTT -

Ancora oggi e nonostante tutte le evidenze accumulatesi negli ultimi decenni, è possibile laurearsi in Medicina o in professioni sanitarie senza conoscere nulla dell’impatto dell’ambiente, delle molteplici attività antropiche e dei cambiamenti climatici sulla salute umana. Da epidemiologo, spesso chiamato a tenere relazioni introduttive, apro da anni i convegni dei colleghi cardiologi spiegando loro come sia oggi del tutto necessario considerare l’inquinamento atmosferico come un fattore di rischio cardiovascolare di pari peso rispetto al diabete, al fumo di sigaretta o alle dislipidemie, dimostrando ciò con evidenze inequivocabili sia epidemiologiche che fisiopatologiche sulla base di tutti i principali studi pubblicati in letteratura. Ma l’inquinamento e la chimica che popola la nostra quotidianità non fa male solo al cuore o ai vasi sanguigni. Come oramai noto, secondo l’OMS, le polveri sottili e i contaminati che vi aderiscono sono direttamente responsabili di un terzo dei decessi per infarto del miocardio, ictus cerebrali e tumori polmonari, ma si accumulano evidenze a favore di associazioni con altri tipi di neoplasie, diabete e sindrome metabolica, tireopatie ed endocrinopatie, malattie autoimmuni, neurodegenerative e del neurosviluppo (incluso l’autismo) e via di seguito.

Vista la crucialità e l’interdisciplinarietà di questi temi (che spaziano dalla Medicina alla Chimica, dalla Fisica all’Ingegneria dei Materiali, fino alla costruzione di città ed economie sempre più sostenibili, investendo ogni sfera del sapere umano), si tratta di un “gap” formativo oramai inaccettabile non solo per gli aspiranti medici, ma per qualsiasi laureato.

Poco prima della pandemia, SIMA aveva rivolto un appello al mondo accademico pubblicando una lettera su The Lancet per chiedere un pieno impegno dei Rettori delle Università italiane sulla formazione in tema di determinanti ambientali della salute ed ottenendo dalla Giunta della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) l’approvazione del Manifesto dell’Iniziativa SIMA-U4ALL.

La prospettiva indicata è quella di adoperarsi in tutti gli Atenei perché il tema dei determinanti ambientali della salute e del cambiamento climatico riesca ad “informare” in maniera specifica ogni corso di laurea e post-laurea, in particolar modo quelli in Medicina e di tutte le Professioni Sanitarie. Il principale impegno richiesto ai Rettori - e per loro tramite ai Dipartimenti Universitari - è quello di attivare uno specifico curricolo dedicato ai determinanti ambientali e sociali della salute (con attribuzione di almeno 1 CFU) per gli studenti di Medicina e per quelli che frequentano altri corsi di laurea scientifici (Infermieristica, Scienze Biologiche, Scienze Ambientali, Biotecnologia, Farmacia, Chimica, Fisica) o tecnico-scientifici (come Ingegneria e Architettura) e fino a ricomprendere anche le lauree umanistiche, economiche e giuridiche.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fornito a SIMA indicazioni di dettaglio sulla tipologia di argomenti e obiettivi formativi che risultano indispensabili per un’adeguata strutturazione di un curricolo ideale sui determinanti ambientali e sociali della salute, per poter promuovere l’attivazione di un curricolo dedicato ai determinanti ambientali e sociali della salute nelle singole Università attraverso un pacchetto di lezioni già predisposte e fruibili direttamente dagli studenti tramite piattaforma E-learning di Ateneo in tre percorsi differenziati (per le lauree scientifiche, tecnico-scientifiche e del settore umanistico-economico-giuridico), a cura degli esperti e membri del Comitato Scientifico di SIMA. Alle lezioni erogate in modalità on-line sarà possibile abbinare dei momenti introduttivi, di monitoraggio e di verifica on-site, con presenza in aula, anche con il diretto coinvolgimento di Docenti dell’Università. SIMA fornirebbe l’accesso a piattaforme e-learning nel caso di Atenei sprovvisti di tale servizio che volessero aderire all’iniziativa.

Quel che è necessario è creare sinergie specifiche tra i Dipartimenti Universitari perché il tema dei determinanti ambientali della salute e del cambiamento climatico (con tutte le sue conseguenze sullo stato del Pianeta) riesca ad “informare” in maniera specifica ogni corso di laurea o post-laurea, promuovendo al contempo studi e ricerche di soluzioni innovative in tema di misure di “adattamento e contrasto ai cambiamenti climatici”. Inoltre, ogni Ateneo dovrebbe adoperarsi - nell’ambito della cosiddetta terza missione – alla diffusione di una cultura della sostenibilità attraverso l'organizzazione di conferenze, seminari, webinar e iniziative formative utile a colmare l’attuale enorme “gap” formativo. Sono tante e diverse le discipline che possono contribuire a “fare cultura e formazione” in questo settore (dall'architettura sostenibile, economia, produzione industriale e agricoltura all'epidemiologia, chimica e medicina), favorendo il necessario trasferimento di conoscenze dall’ambito scientifico ai decisori, affinché il mondo della ricerca scientifica e della formazione universitaria sia pienamente coinvolto nel processo partecipativo che deve riunire l'intera società civile per assicurare un futuro alla nostra Terra e alle generazioni future.

Si tratta di uno sforzo necessario, a cui l’intero sistema formativo è chiamato senza possibilità di potervisi sottrarre. È uno sforzo formativo che deve interessare in primis i professionisti (non solo sanitari) ma anche coinvolgere l'opinione pubblica per spingere i decisori a compiere decisivi progressi verso gli adempimenti dell'Accordo di Parigi e degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Finora qualcosa si è mosso, ma siamo solo agli inizi di quello che sarà probabilmente il più grande e “impattante” cambiamento culturale dalla rivoluzione industriale, perché prevede un cambiamento di prospettiva che investe il rapporto profondo tra uomo e natura (una mèta definita da Papa Francesco come “ecologia integrale”), che deve necessariamente abbandonare una visione di mero sfruttamento illimitato delle risorse disponibili sul pianeta e delle capacità dell’uomo di manipolarle senza considerarne le conseguenze.

Prisco Piscitelli
Vicepresidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA)



16 ottobre 2023
© Riproduzione riservata

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