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Tsrm indagati. Faletti (Sirm): “Ripristinare ruoli e procedure dell’attività radiologica secondo legge”


La Società italiana di radiologia medica interviene sui casi Marlia e Barga. “È indispensabile non tanto proporre nuovi modelli organizzativi o professionali, quanto individuare e risolvere le cause che producono situazioni di criticità, mantenendo il rispetto dei ruoli e delle procedure, peraltro ben codificate a livello nazionale e quindi anche regionale”.

10 AGO - “La Sirm si fa garante rispetto a questa situazione e ha attivato negli opportuni tavoli tutto quanto è possibile organizzare e migliorare nell’attività radiologica per impedire che tali situazioni di deviazione dal corretto iter procedurale abbiano a continuare o a ripetersi. E’ evidente che gli organi istituzionali non possano non tenerne conto e anzi debbano coinvolgere chi professionalmente può contribuire a risolvere in modo positivo il problema intervenendo sulla definizione e sul ruolo delle strutture sanitarie, sul dimensionamento ottimale delle risorse tecnologiche e professionali, sull’applicazione dei criteri di produzione e controllo dell’attività”. Questa la ferma presa di posizione di Carlo Faletti, primario di radiologia al CTO di Torino e presidente della Società Italiana di Radiologia Medica, in merito al caso Marlia e al rinvio a giudizio di 12 tsrm che operavano presso il presidio Ospedaliero di Barga, sempre in provincia di Lucca.
 
“Tutto è partito – si legge nella nota Sirm -  alcuni mesi fa in seguito a una denuncia sulla non corretta procedura di esecuzione degli esami radiologici in ambito ambulatoriale presso la struttura sanitaria di Marlia, in provincia di Lucca, dopodiché la magistratura ha ravvisato, sulla base della corrente normativa, la non ottemperanza di quanto sancito dalla legge 187/2000, che recepisce la normativa europea sulla radioprotezione. Tale legge prevede la responsabilità del laureato in Medicina e Chirurgia, specialista in Radiologia Medica, rispetto alla procedura di esecuzione degli esami radiologici: dalla giustificazione alla procedura, sulla base del quesito clinico declinato in ogni sua parte come previsto e riportato sulla richiesta (anche questo normato dalla vigente legislazione attraverso il sospetto clinico che conduce all’indagine,la richiesta del tipo di esame radiologico, l’attestazione del criterio di priorità, oltre naturalmente ai dati anagrafici in tutta la loro completezza), alla delega esecutiva dell’esame stesso da parte del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica, alla valutazione dell’esame e infine alla sua refertazione, espressione quest’ultima della complessiva valutazione diagnostica della procedura”.
 
“La errata applicazione di questo percorso organizzativo – spiega Faletti - ha portato al rinvio a giudizio dei suoi diversi componenti, ivi compresi sia il Direttore Sanitario che il Direttore della Struttura Complessa di Radiologia dell’Ospedale di Lucca a cui afferisce la struttura sanitaria di Marlia. Più recentemente, sempre in Toscana e sempre a Lucca, altri operatori sanitari, sia tecnici che medici, hanno ricevuto un avviso di garanzia per gli stessi motivi. Questa progressiva estensione porta a una riflessione complessiva che esula da quanto sta operando la magistratura, su cui è doveroso, a mio modo di vedere, osservare da parte di tutti gli interlocutori una rispettosa aspettativa dei risultati”.
 
“E’ in discussione – prosegue il presidente della SIRM - non il modus operandi, ben codificato dalle leggi vigenti, quanto l’applicazione delle stesse, che non tiene conto di come si è modificata la complessiva organizzazione gestionale della radiologia. A fronte di un numero di esami di circa 100 milioni all’anno, le varie limitazioni prodotte a livello di organici in funzione della ‘spending review’ hanno comportato una progressiva difficoltà a consentire che tali esami venissero fatti secondo i criteri di correttezza e appropriatezza che la Società Italiana di Radiologia Medica, che qui rappresento in qualità di Presidente, ha da tempo editato sulla base dell’evidenza scientifica e della correttezza diagnostica. Di qui il pericolo di errate diagnosi o di sovraccarico lavorativo. Questo accade perché, sottoposto a pressioni non sempre giustificate (le liste di attesa derivano da una non attenta applicazione dei livelli di appropriatezza), chi ha responsabilità gestionale può essere indotto ad applicare procedure non supportate dal rispetto di quanto previsto per legge”.
 
“Appare quindi indispensabile – conclude Faletti - non tanto proporre nuovi modelli organizzativi o professionali, quanto individuare e risolvere le cause che producono situazioni di criticità, mantenendo il rispetto dei ruoli e delle procedure, peraltro ben codificate a livello nazionale e quindi anche regionale.

10 agosto 2013
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