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Procreazione assistita. Una coppia su sei diventa genitore


Dalla legge 40 ad oggi il successo dei trattamenti è cresciuto del 60%. Ancora 10 mila coppie si rivolgono all’estero, e la Spagna è la meta principale. Sono over 40 quasi tre donne su dieci che ricorrono alla Pma. Questi i dati emersi al congresso mondiale di  ginecologia endocrinologica a Firenze.

09 MAR - Dal 2004 ad oggi hanno tentato la strada della procreazione medicalmente assistita 385mila coppie italiane e una su sei ha avuto un figlio. Ma nel 2005, all’indomani dell’introduzione della legge 40, appena una coppia su dieci riusciva a diventare genitore. Soprattutto è aumentata l’età delle donne che ricorrono alla Pma: quasi tre su dieci sono over 40 (28,1%). E nonostante il nostro Paese vanti una tradizione di eccellenza nel campo della Pma, ogni anno circa 10mila coppie si rivolgono all’estero: il 30% dei 25mila europei che si spostano in altre nazioni. La Spagna è la meta più gettonata con un trend in crescita, seguono la Svizzera, la Francia e ultimamente, per i costi più contenuti, i Paesi dell'Est Europa.
A tracciare i contorni dell’infertilità e della procreazione medicalmente assistita sono gli esperti riuniti nel congresso mondiale di ginecologia endocrinologica in corso a Firenze fino al 10 marzo.
 
La fertilità diminuisce già in media a 41 anni: è la "fertipausa". In Italia sono 3 milioni le coppie con problemi di infertilità. La causa è dovuta nel 35,4% dei casi all’uomo, nel 35,5% è femminile, nel 15% attribuibile a entrambi i partner e nel 13,2% è inspiegata.
Ma se la probabilità di non concepire nell’arco di 12 mesi è inferiore al 5% nelle donne dai 20 ai 30 anni, sale a circa il 30% sopra i 35 anni per poi crescere inesorabilmente. “In particolare, alcuni studi sulla popolazione  hanno dimostrato che la naturale perdita di fertilità avviene già in media a 41 anni. Precede quindi di quasi un decennio la menopausa.
“Potremmo chiamare questo momento, con un neologismo ‘fertipausa’ – ha sottolineato Rossella Nappi dell’Irccs Fondazione S. Matteo di Pavia – oggi le pazienti che si rivolgono ai nostri centri, sono convinte che la comparsa della mestruazione sia un segnale della capacità riproduttiva, indipendentemente dall’età, anche a 42, 45, 47 anni. E parliamo spesso di donne colte, consapevoli, determinate. Per questo è necessario introdurre una rivoluzione, anche del linguaggio, per spiegare che la fertilità inizia a declinare verso i 30 anni e si riduce drasticamente dopo i 35-40 anni, precedendo la menopausa definitiva di circa 10 anni. Senza grosse illusioni dobbiamo quindi affermare che, nonostante i progressi compiuti, a 42/43 anni concepire, per via naturale o assistita, è estremamente difficile”.
 
Ma per gli esperti nonostante l’aumento dell’età delle donne e una legge che ha stabilito paletti rigidi, nel nostro Paesel’alto livello di assistenza e i successi ottenuti confermano i progressi della ricerca e delle tecniche. “Siamo leader nelle tecniche di fecondazione in vitro con ovuli scongelati (3.284 cicli nel 2008) – ha spiegato Andrea Genazzani, presidente della società internazionale di ginecologia endocrinologica e presidente del congresso – una scelta inizialmente ‘obbligata’ dalla normativa, ma ora sempre più diffusa a livello globale perché rappresenta una chance di conservare la fertilità per chi debba sottoporsi a terapie oncologiche”.
 
Per Genazzani si stanno anche gradualmente riducendo i livelli di gravidanze plurime (oggi sono il 22,3% del totale), si contano 350 centri. Ma sono 10mila le coppie di italiane che si rivolgono ai centri di altre nazioni: il 30% dei 25mila europei che migrano. La Spagna è il Paese che esercita il maggiore richiamo, seguita da Svizzera, Francia e ultimamente dai Paesi dell’Est Europa che propongono costi più contenuti. “La legge 40 è pessima – ha spiegato Andrea Genazzani – , i limiti all’impianto del numero degli embrioni  ha tra le  sue conseguenze l’eccesso di gravidanze, con parti gemellari, e anche trigemellari. Limiti che negli altri Paesi non sono stati posti”.

“Social freezing”, una nuova opportunità. Per le coppie ci sono  quindi nuove opportunità. Fra queste il “social freezing” cioè la possibilità di congelare gli ovociti in giovane età (sotto i 35 anni), nel pieno della capacità riproduttiva, per poterli poi utilizzare quando la donna deciderà di diventerà madre.
“Oggi in Italia è possibile fare una pianificazione riproduttiva soltanto se si devono affrontare patologie come quelle oncologiche. Ma sempre più donne – ha detto Nappi – si informano sul congelamento che potrebbe essere introdotto anche a livello generale, con costi a proprio carico. I dati sui risultati di gravidanze ottenute con questa tecnica sono preliminari, ma si considerano affidabili quelli certificati con la fecondazione assistita”. Nel 2009 in Italia i centri che hanno crioconservato le uova, con congelamento lento o vitrificazione, sono stati 121. Quelli autorizzati, cioè iscritti nel registro nazionale della Pma sono 201.
 
“Riguardo la crescente infertilità, al di là delle decisioni individuali, dei cambiamenti sociali e dei progressi della scienza, noi abbiamo già oggi il dovere di valutare l’età della donna come fattore predittivo importante ed indipendente e tenerne conto nel counselling della coppia che si trova ad affrontare la crisi dell’infertilità – ha concluso la Nappi – in parallelo la ricerca clinica deve proseguire per individuare markers sempre più accurati che permettano l’identificazione di chi più facilmente potrebbe non rispondere ai trattamenti, nel rispetto di un buon equilibrio costo/beneficio così che le nostre pazienti non vengano sottoposte a cicli di stimolazione per Pma inutili e talvolta, soprattutto in caso di fallimento, con pesanti risvolti sulla vita personale e di coppia”.
 
 

09 marzo 2012
© Riproduzione riservata
Approfondimenti:

spacer I dati sulla Pma in Italia

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