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Infermiere di famiglia. Il no del Nursing Up: “Un progetto mediocre che va modificato”


Il sindacato sollecita “indispensabili e profonde modifiche a un disegno di legge estremamente lacunoso. Un ddl che, ancora una volta, rischia di compromettere il valore e le potenzialità di una figura professionale che, al contrario, ha tutte le necessarie competenze e capacità per rimodernare ed ottimizzare il nostro sistema sanitario una volta per tutte”.

25 GIU - “Così non va, inutile nasconderci: il Disegno di Legge 1346, sull’introduzione in Italia dell’Infermiere di Famiglia, va radicalmente cambiato nella sua impalcatura attuale, che ritengo estremamente mediocre”, esordisce Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up.
 
“Nella mia recente audizione alla Commissione Sanità del Senato, ho avuto modo di introdurre l’argomento dopo un’attenta analisi del testo di ddl, che la stessa Commissione aveva elaborato. Dai suoi enunciati ho evinto quanto mi è stato poi confermato da Senatori che ne hanno esplicitato gli intendimenti di fondo. Ancora una volta, la istituenda figura di “infermiere di famiglia” esce dal ddl profondamente svilita, perché ridotta ad una palese condizione di subalternità rispetto al medico di famiglia territorialmente competente. L’esercizio della sua professione prende forma - come si legge nel testo del ddl - esclusivamente nei limiti e nelle forme dell’assistenza domiciliare, altresì garantendo quella intermediarietà (oltrechè deontologicamente scontata) tra paziente e medico di famiglia, apparendo al contempo deprivata della possibilità di utilizzare tutte le capacità, le abilità e le competenze di cui dispone”.
 
“Del testo del Ddl – rimarca - c’è bisogno di profonde revisioni, a partire dall’inserimento di normative strutturali, capaci anche di creare un doveroso collegamento con quel Decreto Valorizzazione che ha già disposto il reclutamento di circa 9700 infermieri. Il rischio è che, senza una norma di coordinamento che indichi alle regioni i perimetri entro i quali devono stare per garantire l’assistenza infermieristica di famiglia ai cittadini, si rischia di vedere i colleghi neo assunti fare la fine dei “dilettanti allo sbaraglio”, infermieri assunti ed inviati sul territorio senza nessun vincolo di destinazione: praticamente alla mercé del fallace ed ormai sperimentato libero arbitrio delle Regioni. Chi ci garantisce, ad esempio con questo DDL, che non saranno utilizzati per coprire le gravi e consolidate esigenze strutturali degli organici ospedalieri?”
 
“Si dia ora e non domani – prosegue -, la possibilità concreta all’ infermiere di famiglia di essere fino in fondo quello che le sue potenzialità professionali prevedono, e cioè l’essere leva fondamentale per un cambiamento radicale e positivo per il nostro sistema sanitario. Non sj perda l’opportunità di corroborare questo disegno di legge con le doverose modifiche che noi abbiamo proposto, affinchè si trasformi “in un progetto nazionale di coordinamento strutturale entro il quale rendere operativi gli infermieri di famiglia sul territorio”: una buona legge può creare quel perimetro fondamentale di regole, poche, semplici, lineari e concrete che ora manca, ed entro il quale dovrà realizzarsi il rapporto tra l’infermiere di famiglia assunto grazie al Decreto Valorizzazione, le pubbliche istituzioni ed i cittadini , come d’altronde già avviene per il medico di famiglia”.
 
“Prima che sia tardi occorre apportare a questo DDL modifiche radicali, affinché non diventi un boomerang, ovvero un ulteriore ostacolo alla crescita del già carente sistema di cui disponiamo. Alla sanità italiana serve multidisciplinarietà, condivisione, interazione tra le figure professionali e non professionisti di nome ma sudditi asserventi nei fatti. Sissignore, conclude De Palma, per noi infermieri solo in questo modo una organizzazione sanitaria che ha al centro del suo progetto il cittadino, potrà guardare al futuro con legittima serenità”, conclude De Palma.

25 giugno 2020
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