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Spending Review. Federfarma: “Non tagli, ma recupero di disfunzioni e sprechi”


È quanto chiede al Governo il sindacato dei titolari di farmacia. Che tornando sul dato degli studi di settore che pone i farmacisti al secondo posto in Italia per reddito, precisa: “Le farmacie sono tra i principali contribuenti italiani non perché siano ‘ricche’, ma semplicemente perché pagano le tasse”.

06 GIU - Federfarma plaude alle parole del presidente del Consiglio Monti, che ieri ha ribadito l’impegno totale del Governo sul fronte della lotta all’evasione fiscale, al fine di recuperare risorse per lo sviluppo del Paese. “Le farmacie, che sono tra i principali contribuenti italiani, non perché siano ‘ricche’, come qualcuno sostiene, ma semplicemente perché pagano le tasse, condividono questa impostazione: chiedono al Governo che, anziché tagliare voci importanti per i cittadini come la spesa farmaceutica convenzionata, elimini disfunzioni e sprechi”.

Quanto alle tasse, Federfarma sottolinea che “le farmacie pagano le tasse fino all’ultimo centesimo” e per tre fondamentali ragioni: “E’ un dovere di tutti; i cittadini con lo scontrino fiscale della farmacia possono detrarre dalla dichiarazione dei redditi le spese sostenute per l’acquisto di medicinali; una parte consistente del fatturato della farmacia - peraltro in continua contrazione a seguito dei tagli - è dovuto a medicinali erogati per il Ssn e questo importo è assolutamente certificato”.

Tornando invece a contestare i dati diffusi dal Dipartimento di finanza pubblica sugli studi di settore, secondo il quale le farmacie nel 2010 hanno dichiarato un reddito lordo di 107.000 euro, Federfarma definisce il dato “fuorviante” perché “tale importo comprende redditi diversi, quali i redditi da lavoro del titolare e di eventuali collaboratori, se la farmacia è un’impresa familiare; i redditi da lavoro dei soci, se la farmacia è gestita da una società di farmacisti; il reddito da capitale investito”.

Nella realtà dei fatti, spiega Federfarma, “lo stipendio mensile netto di un direttore di farmacia è pari a 2.250 euro. Moltiplicando tale importo per il coefficiente 30, al fine di calcolare il costo aziendale e la remunerazione per il titolare, si ottiene 67.500. Se aggiungiamo il costo di un collaboratore familiare ovvero se consideriamo la remunerazione per i soci, superiamo nettamente il valore di 107.000 euro e vediamo come il reddito lordo dichiarato dalla farmacia serva a malapena a remunerare il lavoro del titolare e dei suoi collaboratori, mentre il reddito da capitale investito è pari a zero”.

“Diverso – spiega ancora il sindacato dei titolari di farmacia - il discorso per una società di capitali che, invece, remunera direttamente il lavoro prestato a tutti i livelli, evidenziato nel bilancio come una voce di costo: il reddito d’azienda che ne risulta è al netto del costo del lavoro. Va ricordato, al riguardo, che la farmacia deve necessariamente essere gestita come ditta individuale o come società di persone. Per dare la massime garanzie di tutela della salute del cittadino, lo Stato ha infatti vietato che le farmacie possano essere gestite da società di capitali, che avrebbero mere finalità di profitto. Tale scelta garantista, innanzitutto, fa sì che il farmacista titolare risponda con tutti i propri beni personali di eventuali danni procurati, e non solo con il capitale versato, come nel caso di una società commerciale. Inoltre, evita pressioni di carattere commerciale da parte della proprietà sulla conduzione professionale della farmacia”.

“Anche su questo fronte – conclude Federfarma - la farmacia si conferma un elemento di forte garanzia per il sistema e per i cittadini”.
 

06 giugno 2012
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