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Pronto Soccorso. AcEMC: “Pochi medici e infermieri formati per la vita in emergenza”


Le scuole di specializzazione universitarie “sforneranno” i primi specialisti nel 2014, e comunque saranno pochi rispetto al personale richiesto. Il blocco del turnover aggrava le croniche condizioni di sotto organico nei PS italiani. L’allarme dalla Academy of Emergency Medicine and Care.

08 GIU - Medici in prima linea cercasi. In Italia, secondo l’Academy of Emergency Medicine and Care (AcEMC), manca infatti personale specializzato in Pronto Soccorso, non ci sono abbastanza figure formate per gestire le peculiarità dell'urgenza tipiche di DEA e PS. Questa importante carenza si spiega essenzialmente in due modi: le scuole di specializzazione universitarie nate per formare specialisti dell’emergenza sono attive solo dal 2009, quindi “sforneranno” i primi Specialisti in Medicina d’Emergenza - Urgenza solo nel 2014 (tuttavia ne usciranno troppo pochi, circa 50 in tutta Italia a fronte di un fabbisogno di circa 10 volte gli attuali contratti di formazione assegnati annualmente per ciascuna Scuola); in secondo luogo, il blocco del turnover che affligge la sanità italiana, soprattutto nelle regioni sottoposte a piano di rientro, contribuisce notevolmente ad alimentare una situazione cronica di sotto organico anche nei PS.

Il tema della carenza di personale nei pronto soccorso e di quelli appositamente formato è stato oggi al centro del convegno “La Medicina d’urgenza tra Mente e Corpo”, promosso nell’ambito Giornate di studio organizzate dall’AcEMC in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e in corso fino al 9 giugno.

“Si stima – ha afferamto Ivo Casagranda, Presidente AcEMC e responsabile DEA dell’ospedale di Alessandria - che in Italia manchino circa 5.000 medici tra radiologi, anestesisti e medici dell'area dell’emergenza. Le Scuole di Specializzazione in Medicina d’Emergenza-Urgenza annualmente dispongono in totale di circa 50 posti per tutta Italia, troppo pochi per offrire sufficiente personale specializzato a DEA e PS. Basti pensare che nella sola Regione Piemonte, per gli anni accademici 2011/2012, 2012/2013 e 2013/2014, sono stati chiesti 40 contratti di formazione specialistica in medicina d’emergenza-urgenza per ciascun anno, a fronte di una previsione basata su dati storici di 4 assegnazioni per anno”.

Nel 2010 i medici in servizio nei PS della stessa Regione erano 371 a fronte di un fabbisogno stimato di circa 500. L’età media è risultata essere di 44 anni, con un 8% dei camici bianchi tra gli over-55. “In considerazione dell’elevato turn-over presente in questi servizi – ha aggiunto Casagranda - il futuro presenta motivi di seria preoccupazione”. Perché ad aggravare la carenza dell’organico, permane in molte regioni il blocco del turnover e la mancata sostituzione del personale femminile che va in maternità, “un problema non da poco se pensiamo che, sempre in Piemonte, l’organico medico nei PS è costituito per il 41% da donne con un’età media di 41 anni”.

“Anche la carenza di infermieri è un problema – ha sottolineato Daniele Coen, Dipartimento Emergenza Urgenza - EAS - Medicina d'urgenza e pronto soccorso dell’Ospedale Niguarda di Milano - : infatti, sebbene il numero di laureati in Infermieristica aumenti di anno in anno, le problematiche di assunzione fanno sì che in ambito ospedaliero e territoriale persista un’insufficienza di personale in relazione ai reali bisogni dei cittadini”.

“Per di più - sottolinea il dottor Coen - , non esiste una normativa precisa sugli organici infermieristici dei Pronto Soccorso e le dotazioni sono generalmente stabilite in base ai numeri degli accessi per ciascun PS, senza tenere conto del reale carico assistenziale dovuto alla sempre maggiore complessità dei pazienti che vi accedono. Non a caso la maggior parte dei PS denuncia un insufficiente numero di infermieri in organico, con conseguente impossibilità a svolgere in modo completo alcune funzioni, in particolare quella di Triage”.

Ad aggravare ulteriormente la situazione, come avviene per il personale medico, anche per gli infermieri è la mancata sostituzione del personale assente per tempo protratto (per maternità o per aspettativa), dovuta ai vincoli di bilancio imposti dalle istituzioni locali e, per qualche Regione, anche alla necessità di sottostare ai piani di rientro che impongono il blocco del turnover.

“La Medicina di emergenza e urgenza è una specializzazione fondata sulle conoscenze e sulla capacità di risposta rapida a situazioni complesse e disparate, malattie e traumi che colpiscono soggetti di ogni età, affetti da ogni possibile affezione fisica o disturbo comportamentale. Se ne deduce – ha sottolineato il presidente AcEMC Casagranda - quanto debba essere ampia la formazione degli operatori, mirata alla gestione del paziente acuto. Medici e infermieri dei DEA-Pronto Soccorso operano in contesti multitasking, dove sono richiesti elevati standard clinici, assistenziali, professionali, relazionali; si verifica inoltre una scarsa possibilità di previsione e controllo sui flussi di lavoro e di conseguenza affollamento e confusione nell’ambiente di lavoro e rischio di errore, senza considerare che in moltissime realtà tutto ciò è acuito dalla mancanza di spazi adeguati in cui operare”.

Le abilità richieste, quindi, sono molteplici: competenze avanzate, elevate abilità di problem solving, capacità decisionali, padronanza di molte procedure anche complesse e salva-vita; il tutto strettamente connesso con la necessità di ragionare e agire rapidamente, spesso senza il tempo e la possibilità di confronto con altri colleghi esperti.

“Tutte le difficoltà del contesto lavorativo e gli organici non sempre adeguati determinano nei professionisti elevati livelli di stress psico-fisico con alti costi emotivi, frustrazione e veri e propri fenomeni di burn-out (esaurimento da lavoro) – ha spiegato Casagranda -, che possono sfociare nella decisione di sospendere o abbandonare del tutto l’attività di PS; secondo una recente indagine AcEMC, realizzata nel 2011, infatti, i medici dichiarano che la fatica mentale ed emotiva pesa complessivamente sul loro stato psico-fisico più che le ore di lavoro prestate”.

“Medici e infermieri se ne vanno dai PS perché non riescono più a reggere il peso di un lavoro così faticoso e usurante di prima linea – ha concluso il Presidente AcEMC - in cui sovente si sentono soli e non sostenuti dai vertici aziendali. In questo modo viene perso tutto l’investimento che si è fatto su questo personale per garantirgli il raggiungimento di adeguata formazione, esperienza, competenza”.
 

08 giugno 2012
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