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Perplessità su una scuola di specializzazione in medicina di famiglia

di Francesco Buono

18 LUG - Gentile Direttore,
l’interessante lettera al Direttore di Leonida Iannantuoni e Giovanni B. D’Errico su Quotidiano Sanità del 17 luglio 2023 mi consente di precisare meglio il mio pensiero.

Non esiste da parte mia un’avversità concettuale tout court all’istituzione di una Scuola di Specializzazione in Medicina di Famiglia, ma - come detto nella mia citata lettera - è per me fondamentale l’analisi del dopo, e ciò è ancora più evidente dall’attento esame di questa frase che gli illustri Colleghi scrivono: “Nel nostro progetto, infatti, è prevista l’istituzione di un corpo docente costituito da medici di medicina di famiglia che possa accedere a possibilità di carriera accademica e che, come per tutte le altre branche, acceda agli incarichi previa concorso pubblico e valutazione dei titoli posseduti, ciò esclude la possibilità che la “scuola verrebbe condotta da professionisti di altre discipline”.

Poiché viviamo in questo Paese e purtroppo non possiamo far finta di essere altrove, ben sappiamo che ciò che conta non è tanto “in che consiste tecnicamente la valutazione” ma “chi c’è in commissione”: pertanto ogni ipotesi di questo genere dovrebbe essere corredata, e non come complemento ma come criterio fondante, da una precisa individuazione dei meccanismi che presiedono sia alla composizione del “collegio giudicante” che soprattutto alla valutazione dei titoli.

E ben sappiamo, parimenti, quanto abbiano inciso nel passato valutazioni basate ad esempio sulle pubblicazioni, quando ritenuto opportuno sulla base del loro valore intrinseco ed altre volte su caratteristiche quantitative e/o di “continuità di produzione scientifica”; apprezzo poi certamente l’ipotesi con la quale gli Autori propongono un corpo docente formato da Medici di Famiglia, ma sono ragionevolmente sicuri che l’Università consenta una tale organizzazione, peraltro allocata tra le proprie mura e con il riconoscimento accademico ufficiale, assistendo impassibile alla creazione di un profilo di docente che non proviene dalle loro fila né si è formato nel post-laurea nelle corsie e nei laboratori, ma sul territorio?

E’ chiaro che il processo alle intenzioni non porta da nessuna parte, pena l’esclusione preconcetta di qualsiasi riforma, ma mai come in questo caso il “che cosa” è legato indissolubilmente al “come”, data l’indubbia copertura politica che il mondo accademico ha rispetto a quello sanitario e quindi la prevedibile impossibilità di “tornare indietro”, per cui le mie perplessità purtroppo restano…

Una frase però mi ha particolarmente colpito, e non in senso positivo: “complice anche la carenza degli organici, oggi il percorso formativo di uno specializzando è ben lontano da quanto avveniva alla fine degli anni ’80 o inizi degli anni ’90, venendogli affidati compiti all’epoca inimmaginabili”: ciò mi suonerebbe come la presa d’atto che finché c’erano sufficienti risorse economiche andava bene che gli specializzandi recitassero “la vispa Teresa” dinanzi ai professori e redigessero le cartelle cliniche nonché sollecitassero l’esecuzione di esami diagnostici ai titolari dei relativi gabinetti, poi siccome le vacche grasse sono finite hanno “scoperto” che erano medici laureati e abilitati e quindi potevano anche lavorare come Medici, forse anche in mansioni non lontanissime da quelle identificate dalla denominazione della Scuola.

Ciò mi sembra che indirettamente ponga la “mission” dell’insegnamento universitario sul piano della dipendenza da fattori che ad essa dovrebbero essere estranei, essendo variabile indipendente la disponibilità di risorse e variabile dipendente tipologia e qualità della Formazione: il che nel passato avrebbe potuto essere corretto con una precisa identificazione numerica delle Scuole e dei candidati ammissibili, accettando la diminuzione di entrambi, piuttosto che il loro assurdo ed incontrollato proliferare per indubbi motivi che la stessa definizione di “fine anni 80 ed inizio anni 90” fa facilmente intuire…

Francesco Buono
MMG in Roma

18 luglio 2023
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