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Ancora con l’Atto medico?

di Gianni Melotti

14 FEB - Gentile Direttore,
le scrivo dalla sperduta Valle Camonica, scavata dal ghiacciaio dell´Adamello e modellata dal solco dell´Oglio. Come molti sanno è un posto unico al mondo per l´alta concentrazione di rocce istoriate. Pensi che già nel neolitico qualcuno, dando corpo ai suoi pensieri, raccontava sul granito le sue "bote" stilizzando figure antropomorfe, anche acefale. Il significato di quel gesto sfugge tutt’ora agli studiosi, ma non vorrei che qualcuno vivesse ancora nella convinzione che in giro ci sia gente non in grado di ragionare con la sua testa.
 
E’ quello che ho pensato leggendo la lettera inviatale sull’atto medico. Non che io sia contrario alla cosa, anzi ben venga una definizione che ne tracci le potestà e i limiti, come è stato fatto per le altre professioni sanitarie. La pianteranno forse così di nascondersi tutte le volte dietro sto “atto medico” di cui, ad oggi, non v’è traccia nel nostro ordinamento e che altro non è che un universo senza limiti ed in continua espansione.
 
Ma tutto questo non può prescindere dall’esistente, pretendendo magari di scavalcare quello che è stato posto a baluardo delle professionalità altrui. Norme che, per assurdo, sono anche le uniche che dicono qualcosa di quello che fa il medico. Se ad esempio il Profilo professionale dell’Infermiere dice che è responsabile dell’assistenza generale infermieristica, ma c’ è forse bisogno di farsi venire scrupoli di lesa maestà? 
Ma perché mai deve essere visto come pietra d’inciampo il fatto che quello del Fisioterapista dice chiaramente che svolge autonomamente gli interventi di prevenzione cura e riabilitazione e, quando lavora come dipendente, in riferimento ad una diagnosi e alle prescrizioni di un qualsiasi medico può elaborare il programma di riabilitazione, praticare autonomamente attività terapeutica per la rieducazione funzionale, proporre l’uso di protesi e ausili, addestrarne all’uso e verificarne l’efficacia?
 
Mi sembra tutto tanto chiaro. Quando parla di interventi “in riferimento” e non “su prescrizione” dice una cosa sacrosanta perché se il paziente si presenta a me dopo un mese, dalla valutazione dal suo medico, magari il quadro sarà pure cambiato e mica sono tenuto a fare quello che serviva il mese prima, rispondendone per giunta in prima persona. Mica sono acefalo.
 
Forse ci si dimentica che per la 42/99 la mia, ma anche quella dell’Infermiere, è una professione sanitaria? Forse si fa finta di non sapere che per la 251/00 io lavoro con titolarità e autonomia professionale usando procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare le competenze previste dal mio profilo professionale?
 
Vi suona forse strano che mi basti una prescrizione di un medico qualsiasi? Ma signori, questo dice il mio Profilo, ma per i più increduli varrà la pena ricordare cosa ebbe a dire il Tar del Lazio con sentenza n. 0174/12: “ (i fisiatri) contestano all’impugnato decreto la violazione di asseriti diritti dello specialista, ma non indicano le norme che detto diritto avrebbero consacrato, per la semplice ragione che non esistono. Non esiste infatti una norma che imponga al fisioterapista, allorché eroga prestazioni rientranti nella propria competenza, di agire alla presenza o quantomeno sotto il controllo dello specialista”.
 
Con questo spero si sia capito che non sono contrario ad una regolamentazione dell’atto medico, ma non si pensi ancora oggi di riproporre figure antropomorfe acefale. Parliamone, perché se c’è una legge la si rispetta, ma se non la trova nemmeno il Giudice…di cosa parliamo?
 
Gianni Melotti
Fisioterapista

14 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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