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Il voto on line non basta a rilanciare la partecipazione alle elezioni di Ordini e Collegi

di M.Gostinelli e L.Sinibaldi

22 MAG - Gentile Direttore,
abbiamo  letto la notizia del 16 maggio sul Ddl Lorenzin dove si si dice che il capogruppo Pd in commissione Affari sociali, Donata Lenzi, con gli emandamenti presentati al Ddl Lorenzin, vuol favorire una maggiore portata innovativa al provvedimento in modo da rendere gli ordini professionali più partecipati.
 
Con questo scopo si propone di limitare il mandato per gli incarichi direttivi e modalità di elezione on line, o comunque con più seggi e più giorni per votare. Tutto questo, si dice, perché “non si può certo investire su un ruolo degli ordini professionali quando la partecipazione al voto supera di poco il dieci per cento degli aventi diritto”.
 
E’ vero che non si può investire su un ruolo degli ordini professionali quando la partecipazione al voto supera di poco il dieci per cento degli aventi diritto, ma pensare che le proposte presentate possano essere considerate dai professionisti sanitari, da sole, come  innovative e capaci di far aumentare la partecipazione degli infermieri, nello specifico di chi scrive, significa pensare per gli altri senza conoscere gli altri.
 
Verrebbe da chiedere alla Capogruppo Pd Lenzi con chi si è relazionata prima di emendare. Sicuramente non con gli infermieri.
 
La sfiducia, talvolta neanche consapevole, che gli infermieri sembrano avere  nei confronti dei collegi, non andando a votare,  non potrà convertirsi in fiducia  soltanto votando on line o aumentando il numero dei seggi .
 
D’altra parte, l’atteggiamento “serafico” che i collegi sembrano avere nei confronti di questo serio problema, la loro mancata espressione intellettuale pubblica  circa qualsiasi problema la professione o  il Paese presentino, oppure l’esprimersi sempre sotto il manto della moderazione facendo dimenticare “il pensiero  ribelle” (e non perché adeguatamente analizzato, ma perché ribelle), salvo poi  scandalizzarsi o sorprendersi se le critiche o la comprensione avvengono sui social o sui quotidiani, sono tutti modi di essere collegio-ordine che non aiutano l’infermiere ad avere fiducia nello stesso.  
 
Cosi pure  l’ovvietà dell’impegno nella realizzazione di  soli “corsifici”, e non anche in forme pratiche di tutela della professione; inoltre,  l’uso di espressioni del tipo: “compromesso”, “presidente di tutti”, “comunicazione etica”, “ provvedimenti disciplinari”, che sembrano  essere diventate “nozioni feticcio” in luoghi diventati  di potere, non aiutano  gli infermieri a sviluppare quel senso di appartenenza necessario per sentire il dovere di andare a votare.
 
Chi ha suggerito al Capogruppo Lenzi  che poteva essere sufficiente pensare  cosi, deve anche pensare che gli infermieri siano generalmente e per la maggior parte persone con bassa capacità critica, senza idee, né fieri e né  faceti,  decisamente a disagio e quindi inermi e per questo anche  poco arroganti. Formalmente sembra così, ma la sostanza non è quella, è solo un’illusione.
 
Proporremmo  invece alla politica, a chi lo voglia, di incontrare   gli infermieri in ospedale pubblico e privato, nel territorio, nelle RSA pubbliche e private, nelle cooperative, negli studi associati, nella  disoccupazione, nella loro  emigrazione all’estero,  parlare con loro, osservarli e conoscerli davvero.
 
Cosi facendo, capireste che tra la maggior parte dei  collegi e le prassi, gli infermieri,  c’è un mare, calmo o mosso non fa la differenza,  le cui acque, sembra, non si aprono mai per farli passare ed andare avanti. E’ per questo che gli infermieri non vanno a votare.
 
La prima cosa che i collegi avrebbero dovuto fare dopo la legge 42 del 1999 è aiutare gli infermieri a diventare dei professionisti attraverso proposte di adeguate deontologie, cosa che non è accaduta. Restando cosi le cose, non voteranno neanche se gli metterete il collegio sotto casa e forse non tanto per ribellione, ma perché non incuriositi dalle proposte e dai programmi.
 
Mancando un serio interesse sociale, politico, sindacale sulla questione   non vi è neanche la speranza che dentro ai collegi-ordini, chi ha una qualche carica, compia o sia indotto a  compiere “un’auto sovversione” che gli permetta di incontrare davvero la sua istituzione, se stesso,  l’infermiere ed il cittadino. E niente cambia.
 
Noi pensiamo che avere i collegi-ordini sia una cosa importante, e non vogliamo perderli, ma proprio per questo, prima di assegnare agli ordini   una “funzione sussidiaria”, vorremmo che lo Stato prima di altri credesse in questa Istituzione e quindi  pretendesse da essa obiettivi di tutela controllati e controllabili,  e la nutrisse con l’attenzione, perché è una istituzione che serve al cittadino ed al professionista.
 
Ad oggi sembra che i collegi esistano perché gli infermieri pagano, obbligatoriamente
 
Vengono, infatti, ancora oggi tollerate situazioni e organizzazioni  che appartengono all’ausiliarità. D’altra parte  i cittadini e gli infermieri possono fare poco. Gli infermieri potrebbero solo essere meno “responsabili”, disobbedendo civilmente, ma non tutti possono farlo perché disobbedire fa ancora male, fresco è ancora il caso del collega sessantenne di Ancona sanzionato perché si era rifiutato di svolgere il terzo turno di servizio perché stanco e per il quale la collega Elsa Frogioni aveva scritto una lettera aperta al ministro Lorenzin.
 
Suggerimenti: obbligare, chi può farlo,  i consigli direttivi dei collegi provinciali a chiedere ai propri iscritti, in maniera formale, il motivo della loro non partecipazione al voto e farli poi rendicontare in un’ audizione istituzionale. I Collegi che avranno fatto quello che dovevano non avranno di che preoccuparsi.
 
Forse capireste tante più cose, delle quali, molte, riconducibili all’incapacità della maggior parte degli  Enti ordinistici ad affrontare e risolvere le questioni della post ausiliarità, a scapito anche della Federazione dei collegi e quindi della professione tutta.
 
A noi, avrebbe fatto piacere parlare dentro i nostri collegi di questo o leggere una replica da parte dei collegi provinciali sull’audizione del Prof. Cavicchi alla Commissione Affari Sociale della Camera dei Deputati, in merito al DDL Lorenzin, invece solo un momentaneo clamore sul web senza alcuna argomentazione. Sicuramente una discussione insieme o una replica ci avrebbero rassicurati e indotti a scrivere altro.
 
Marcella Gostinelli
Infermiera Arezzo
 
Luca Sinibaldi
Infermiere Pisa

22 maggio 2017
© Riproduzione riservata

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