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Cisl Medici: “Vogliamo sperare che sia la solita uscita infelice in periodo elettorale”


09 GIU -

Supplenze brevi e temporanee affidate agli infermieri per affrontare la carenza di medici di base. Ad auspicarle Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia, dichiarando che “il personale infermieristico avrà un ruolo di primo piano nella riforma sanitaria regionale, incluso un eventuale supporto laddove si riscontri carenza di medici di famiglia”. Al riguardo, ha spiegato Moratti, è già stata avviata una sperimentazione in alcune Asst lombarde, per valutarne a breve i risultati.

“Dichiarazioni come questa mettono in dubbio l’attribuzione della Sanità alle Regioni, relegandola a ennesima conferma del fallimento del Titolo V” - ha rilevato Benedetto Magliozzi, Segretario Generale Nazionale CISL Medici.

“Vogliamo sperare che sia la solita uscita infelice in periodo elettorale….Perché altrimenti pensare di attribuire a dei professionisti delle competenze diverse rispetto a quelle proprie del loro ruolo potrebbe trasformarsi in una vera e propria bomba a orologeria pronta a esplodere. Dinnanzi a una Sanità in affanno, in questo modo il cerchio si chiude, o meglio le Regioni cercano di chiudere quel cerchio in un modo che consenta loro di colmare i vuoti lasciati dalla fuga all’estero dei cervelli, dalla carenza di specialisti, dal mancato ricambio generazionale”, ha aggiunto.

“Occorre oggi più che mai ribadire il ruolo strategico dei medici, definiti moderni eroi, ma poi troppo spesso lasciati in affanno a subire una condizione già esistente che la pandemia ha ribadito a gran voce - continua Magliozzi-. Anni di criticità e malessere professionale stanno determinando la rassegnazione e l’abbandono in una figura che ora appare soffocata da compiti a volte impropri, pressata da malessere e born out, minacciata da tagli di risorse e discriminazione di genere”.

Ma la soluzione per la Cisl Medici non può essere rappresentata dal “delegare la professione a figure che non ne abbiano, per formazione ed esperienza, le competenze richieste: il caposaldo di ordinamenti professionali di natura diversa non può non aver valore”.

“L’atto medico è di competenza del medico chirurgo! Non è solo un camice bianco: lo vogliamo capire che senza medici la medicina non si fa? Non si può pensare che diagnosi e cura possano essere affidate a professionisti diversi da quei medici chirurghi che si sono formati in un percorso di oltre dieci anni. Professionisti iscritti all’Ordine e, in quanto tali, responsabili di certificare diagnosi e cura a nome e per conto dello Stato e della Comunità”, incalza Magliozzi che richiama il diritto alla salute, fulcro dell’articolo 32 della Costituzione: “Ma tale Comunità è consapevole che in questo modo la figura del medico abdicherà la propria essenza e la propria professionalità? La politica è pronta a schierarsi opponendosi alle scelte dissennate di regioni che non possono più essere definite vittime della situazione, ma carnefici di un’utenza che corre il rischio di essere lasciata sola? Lo Stato è cosciente del rischio di sacrificare ulteriori servizi fondamentali della funzione medica?  É pronto a schierarsi affinché l’individuo non perda più neanche un briciolo di dignità come quando viene costretto a stanziare per ore tra le barelle di un Pronto Soccorso al collasso o ad attendere mesi nelle liste d’infinita attesa delle prestazioni diagnostiche?”.

"La nostra Costituzione ne è ben consapevole quando parla del diritto alla salute come di un diritto fondamentale. Di un diritto inviolabile. Senza medici la medicina non si fa”, conclude.



09 giugno 2022
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