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Studio Iss: nei bimbi di Viterbo contenuti doppi. Nessun rischio per pane e alimenti


12 APR - Uno studio dell'Istituto superiore di Sanità sul rischio arsenico a Latina, Roma e Viterbo evidenzia come nei cittadini di Viterbo dei 16 comuni della provincia, interessati dall'emergenza arsenico nell'acqua la concentrazione della sostanza nell'organismo è oltre il doppio rispetto a quella nella popolazione generale. Maggiori concentrazioni sono state rilevate anche nei bambini.
 
Ma a rischio sarebbero anche gli alimenti. Nei comuni del Lazio interessati dall'emergenza arsenico nell'acqua è a rischio anche la catena alimentare. Concentrazioni di arsenico superiori ai livelli consentiti sono state infatti rilevate, ad esempio, nel pane prodotto nell'area del viterbese. Su questo punto, però, nel pomeriggio è arrivata una nota dell’Iss che specifica come “in merito alle notizie circolate oggi relative allo studio sull'arsenico, l’Istituto Superiore di Sanità precisa che l’identificazione di alimenti, incluso il pane, con livelli di arsenico inorganico superiori a quelli misurati in aree non impattate, è servita a ricostruire il quadro dell’esposizione nella quale intervengono sia gli alimenti sia l’acqua, ma non rappresenta un pericolo per la salute. Non esistono limiti massimi stabiliti per legge sul contenuto di arsenico negli alimenti. E’ infondata la notizia di livelli di arsenico nel pane fuori norma. Inoltre, non vi sono evidenze del fatto che nella produzione alimentare siano mai state usate acque non conformi al limite fissato per l’arsenico, né nel Viterbese né altrove”.
 

 Tornando allo studio, le analisi dell'Istituto superiore della sanità sono state condotte su campioni di unghie e urine di 269 soggetti sani (da 1 a 88 anni di età) residenti nelle aree a rischio. Nei viterbesi, la concentrazione della sostanza nelle unghie è risultata pari a 200 nanogrammi per grammo contro gli 82 nanogrammi di un gruppo di controllo nella popolazione generale. Per l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l'arsenico è un elemento cancerogeno per il quale l'Ue ha disposto già dal 2001 precisi limiti.
 
 “Il sistema si è attivato, ma no agli allarmismi: ora ci sono i dati per intervenire in maniera adeguata ed equilibrata", è stato il commento del ricercatore dell'Iss, Francesco Cubadda, responsabile dello studio. In termini di valutazione del rischio, ha precisato l'esperto, "bisogna sottolineare che 'esposizione' non equivale automaticamente a 'rischio per la salute', poiché vi è ancora incertezza sull'esistenza o meno di effetti dell'arsenico inorganico ai livelli espositivi misurati nelle province del Lazio interessate dallo studio”.

12 aprile 2013
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