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Cesareo: antibioticoprofilassi un’ora prima dell’intervento


Pubblicate le nuove raccomandazioni dell’American College of Obstetricians and Gynecologists (Acog). L’antibioticoprofilassi effettuata prima dell’intervento riduce significativamente le infezioni materne e non sembra avere effetti negativi sul neonato.

24 AGO - È necessario che alle donne per le quali sia stato programmato un parto cesareo venga somministrata una terapia antibiotica un’ora prima dell’intervento. È questo il contenuto principale delle nuove raccomandazioni prodotte dall’American College of Obstetricians and Gynecologists (Acog) che pone fine alla controversa questione se sia più opportuno somministrare prima o dopo il parto la terapia per prevenire infezioni postoperatorie.
“In base ai dati più recenti - ha dichiarato in un comunicato William H. Barth, presidente del Committee on Obstetric Practice dell’Acog - l’antibioticoprofilassi effettuata prima dell’intervento riduce significativamente le infezioni materne e non sembra avere effetti negativi sul neonato”.
Per questa ragione, ha aggiunto “raccomandiamo che tutte le donne che si stanno per sottoporre a un cesareo vengano sottoposte a un ciclo preventivo di antibiotici prima che cominci l’intervento. L’ideale sarebbe 60 minuti prima”.
Le nuove raccomandazioni, che verranno pubblicate nel numero di settembre di Obstetrics & Gynecology, esentano dall’antibioticoprofilassi le donne che sono già in terapia antibiotica per altre cause, per esempio per una corioamniosite. Per quanto riguarda, invece, le donne che si sottopongono a un cesareo d’urgenza, la terapia antibiotica dovrebbe essere iniziata quanto più presto possibile.
Le infezioni rappresentano la più comune complicazione del parto cesareo e si possono verificare in una percentuale oscillante tra il 10 e il 40 per cento dei casi (in confronto all’1-3 per cento dei parti vaginali). L’antibioticoprofilassi non è perciò una novità, anche se generalmente veniva somministrata dopo la nascita del bambino e il taglio del cordone ombelicale per prevenire il rischio che gli antibiotici somministrati alla madre potessero alterare i test di laboratorio del nascituro o potessero portarlo a sviluppare antibioticoresistenza. Ma dall’analisi degli studi effettuata dal comitato redattore di queste nuove raccomandazioni è emerso che a fronte dei benefici per la donna (minor tasso di infezione della ferita, di endometriosi e di infezioni postoperatorie) non si osserva alcuna alterazione nel neonato.
Quanto alla scelta della corretta classe di antibiotici, secondo il gruppo, le cefalosporine di prima generazione e altri antibiotici ad ampio spettro rappresentano la prima scelta.
A.M. 

24 agosto 2010
© Riproduzione riservata

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