Chi vorrà pubblicare per la prima volta o aggiornare delle linee guida in campo medico-sanitario, dovrà farlo da oggi tenendo un occhio puntato sulle differenze di genere nella risposta alle terapie farmacologiche, ma anche nella patogenesi delle malattie e persino nella loro prevenzione. Il sesso e il genere possono infatti determinare differenze nella frequenza, nella sintomatologia e nei segni clinici, nonché nei fattori di rischio e protettivi, nella prognosi, nella risposta ai trattamenti e nelle reazioni avverse ai farmaci. E' per questo motivo che le considerazioni di sesso e genere sono entrate a far parte degli standard metodologici del Sistema Nazionale Linee Guida per lo sviluppo/e l’aggiornamento delle Linee Guida dell'Istituto superiore di sanità (Iss).
Il risultato è frutto della collaborazione tra il Centro Nazionale per l’Eccellenza Clinica, la Qualità e la Sicurezza delle Cure e il Centro di riferimento per la Medicina di Genere dell’Iss, e del lavoro dell’Osservatorio dedicato alla stessa Medicina di Genere. "La considerazione delle differenze fra uomo e donna - spiega a Quotidiano Sanità Elena Ortona, direttore del Centro di riferimento per la Medicina di Genere - sono state inserite nei manuali operativi che devono essere seguiti da chi vuole preparare delle linee guida: si dovrà eseguire una puntuale verifica della letteratura scientifica in merito, nei vari campi d'azione, e se la risposta è positiva e quindi se esistono differenze documentate tra uomo e donna nel settore considerato, si dovranno elaborare delle raccomandazioni specifiche. Penso che questo porterà un grande cambiamento, uomo e donna non saranno più considerati la stessa cosa, le diagnosi e le terapie potranno essere effettuate non più indipendentemente dal genere, ma verrà presa in considerazione la differenza, se esistente e scientificamente provata".
Un esempio è dato dal tumore del colon, in cui le differenze di sesso e genere, ampiamente riportate in letteratura, permettono di giungere alle seguenti conclusioni in fatto di prevenzione: la terapia estrogenica potrebbe avere un ruolo protettivo nello sviluppo del tumore nelle donne post-menopausa con familiarità; la necessità di estendere l’età dello screening nelle donne, data la comparsa del tumore in età più avanzata nel sesso femminile; la minor efficacia del test per la ricerca del sangue occulto nelle feci, come strumento di screening nella donna, con una maggiore probabilità di falsi negativi rispetto a quanto osservato nell’uomo, a causa della più frequente localizzazione del tumore nel colon destro ascendente; la necessità di utilizzo di dispositivi medici appropriati all’anatomia femminile, per la maggiore lunghezza e il minor diametro del colon trasverso femminile.