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Chirurgia. Interventi più sicuri e meno costosi con le techiche ‘bloodless’


La chirurgia ‘senza sangue’ costa il 25% in meno rispetto alle tecniche tradizionali, riduce del 50% i tempi di degenza e fa venir meno i rischi di infezione. Se ne è parlato nel corso di un workshop nel quale è stato presentato il primo sito internet italiano dedicato alla 'chirurgia più sicura'.

07 GIU - Ogni anno in Italia si eseguono più di 4 milioni di interventi chirurgici e ogni italiano ha circa il 70% di probabilità di essere operato almeno una volta nella vita. La chirurgia definita 'maggiore' è quella che pone più ampi rischi intra operatori e nelle prime 24 ore successive all'intervento, spesso appannaggio di una popolazione giovane adulta (tra i 25 e i 50 anni). Oggi è possibile ottenere minori tempi di degenza, un decorso post-operatorio più breve, minor dolore con inferiore consumo di farmaci e riduzione dei rischi di infezione. Tutto questo grazie all’ausilio di farmaci, dispositivi medici e tecniche chirurgiche innovative tra cui quella chiamata “bloodless” ovvero “senza sangue”, che ha l’obiettivo ridurre se non addirittura di eliminare l’uso di trasfusioni.

"In chirurgia insegniamo che l'emorragia durante o dopo l'intervento è il nostro più temibile avversario - ha spiegato Piero Chirletti, ordinario di Chirurgia Generale alla Sapienza Università di Roma - e che una perdita di sangue superiore a 800 cc determina un rischio esponenziale di mortalità del paziente”. “Tradizionalmente in questi e altri casi - ha proseguito - si ricorre alla trasfusione ma la scarsità delle scorte, il rischio di infezioni e il costo hanno fatto si che venissero sviluppate strategie di 'buon uso del sangue'. Tra queste si parla di tecniche di ‘chirurgia senza sangue’, che vanno dall'uso di bisturi a ultrasuoni e ad Argon, sino all'utilizzo di dispositivi medici, matrici emostatiche, adesivi tissutali a base di collageno, colle di fibrina e sigillanti biocompatibili”.

In chirurgia d'urgenza, inoltre, l'approccio è sempre più conservativo “prima anche la più piccola lesione della milza portava all'asportazione dell'organo, ma l'uso delle colle ha ridotto questo evento del 95% migliorando la qualità di vita dei pazienti”, ha precisato Chirletti.

Oltre alla riduzione delle emorragie, le tecniche 'senza sangue' permettono di diminuire la durata dell'intervento, ridurre il dolore e la quantità di farmaci, limitare la degenza in Terapia Intensiva e abbreviare i tempi di ricovero con un risparmio notevole in termini economici. Su circa 4 milioni di interventi chirurgici eseguiti in Italia in un anno, si stima che circa il 10% si avvalgono di tecniche ‘bloodless’, percentuale che potrebbe essere incrementata al 30%.

“Gli interventi eseguiti con le tecniche ‘bloodless’ – ha spiegato ancora Chirletti - costano il 25% in meno rispetto a quelli eseguiti con le tecniche tradizionali. Inoltre, si riduce di circa il 50% il tempo di recupero del paziente e il periodo di degenza in ospedale”.
Dati estratti dal Sistema trasfusionale italiano relativi al 2008-2009 mostrano come in Italia ogni anno vengano utilizzate 2 milioni e mezzo di sacche di sangue per le trasfusioni. “Nel 2011 i dati del Centro trasfusionale del Policlinico Umberto I di Roma hanno registrato, solamente per l’utilizzo in chirurgia, l’uso di 7.300 sacche di sangue di emazie, di oltre 5.000 di plasma e di oltre 700 di piastrine”, ha concluso il chirurgo.

In Italia Baxter, impegnata nel supportare la formazione dei giovani chirurghi e la realizzazione di linee guida per il trattamento chirurgico di pazienti con problemi di coagulazione, auspica che in un futuro ci possa essere anche una certificazione dei Centri dove questa chirurgia viene eseguita di routine. In quest’ottica è stato presentato il primo sito internet italiano dedicato alla ‘chirurgia più sicura’, pensato allo scopo di informare sulle tecniche di 'chirurgia pulita' che limitano o evitano il ricorso alle trasfusioni di sangue.

Come spiegato da Carlo Caruso, Direttore Dipartimento delle Bioscienze di Roma -Tecnopolo di Castel Romano: “È fondamentale l’insegnamento delle best practice fin dai primissimi anni della specializzazione. In particolare ci stiamo concentrando sui pazienti con problemi di coagulazione per limitare il rischio intra/post operatorio”.

Anche il cittadino ha un suo ruolo, visto che i pazienti coinvolti nelle decisioni che li riguardano sono più aderenti alle terapie prescritte e guariscono prima. Eppure, come sottolineato da Rodolfo Vincenti, Past-President Acoi e Membro del Comitato Esecutivo della Fondazione Chirurgo-Cittadino, “il rapporto con i pazienti al momento è demandato alla buona volontà dei singoli, tanto che non esiste un momento di dialogo previsto nel 'carichi di lavoro' delle strutture ospedaliere. La condivisione del trattamento dovrebbe essere un percorso codificato e previsto”.


“Anche il modulo di 'consenso informato' – ha concluso Giuseppe Scaramuzza, vice presidente di Cittadinanzattiva - è uno standard che ad oggi ancora non tiene conto delle diverse realtà socioculturali dei pazienti che possono essere poco alfabetizzati, anziani o stranieri. Un maggior dialogo tra medico e paziente è fondamentale anche per il buon esito dell’intervento chirurgico e nel decorso post operatorio”.
 

07 giugno 2012
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