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Il nuovo Governo e il Covid

di Giovanni Rodriquez

Meloni e Schillaci nei loro primi interventi pubblici non hanno mai menzionato la campagna vaccinale. Nel mentre dal ministero della Salute arrivano le prime indicazioni sul venire meno delle mascherine negli ospedali e sul reintegro del personale non vaccinato. Decisioni che potrebbero esporre queste strutture ad un rischio aumentato di focolai che non solo metterebbe a rischio la salute dei pazienti ma anche il recupero delle attività ordinarie accrescendo la possibilità di contagio e assenze dal lavoro per gli operatori sanitari

28 OTT -

Le dichiarazioni del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, così come le prime indicazioni del ministro della Salute Orazio Schillaci, confermano la volontà politica di cambiare rotta nella gestione del Covid rispetto al precedente esecutivo.

Le prime decisioni annunciate dal ministero dalla Salute sembrano infatti andare verso uno stop alle multe per i no vax over 50 e a un reintegro del personale sanitario non vaccinato, noncé verso la revisione dell’obbligo di utilizzo delle mascherine negli ospedali e Rsa a partire dal 1° novembre.

Anche sul tema vaccini la situazione appare al momento poco chiara, tant'è che le Regioni hanno sollecitato il Governo a diramare presto nuove indicazioni su come muoversi. Basti pensare che nei suoi interventi alla Camera e al Senato in occasione della fiducia il premier Meloni non ha mai pronunciato la parola "vaccino" nonostante il Covid sia stato tra i temi ampiamente citati anche in sede di replica e anche il ministro Schillaci, nelle sue prime dichiarazioni non si è mai pronunciato sulle modalità di prosecuzione della campagna di richiamo autunnale per le vaccinazioni contro il Covid.


Una mancata citazione voluta o solo casuale? Non lo sappiamo, quello che è certo è che non parlare di vaccini e soprattutto non dare presto una nuova spinta alla campagna di vaccinazione potrebbe avere conseguenze pericolose anche per quella ripresa delle attività sanitarie ordinarie che è invece stata auspicata sia da Meloni che da Schillaci.

E non solo per il rischio che le corsie tornino a riempirsi di malati di Covid ma anche per un potenziale aumento della malattia grave con assenze dal lavoro più lunghe tra gli stessi operatori sanitari qualora non fossero più protetti dal vaccino (che per malattia grave sappiamo garantisce una copertura superiore all'80%).

“Quello che mi preme è che tutti i malati che sono rimasti indietro in questi anni, penso alla prevenzione, agli screening e ai malati oncologici possano finalmente avere una sanità migliore, più equa”, spiegava infatti il ministro Schillaci nella sua prima uscita pubblica per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Tor Vergata di Roma.

E allo stesso modo, nel suo discorso al Senato Meloni sottolineava: “Penso che la sfida sia ovviamente superare l'emergenza e ripristinare le prestazioni ordinarie. Abbiamo accumulato un grande gap sulle prestazioni ordinarie e credo che dobbiamo imparare dalla crisi pandemica cosa non ha funzionato nel migliore dei modi per correggerla secondo alcune linee d’azione”.

Ma il recupero delle prestazioni ordinarie ospedaliere passa attraverso almeno due fattori essenziali: l’assenza di focolai ospedalieri e la disponibilità di un numero congruo di personale sanitario da dedicare a questa attività.

L’uso obbligatorio delle mascherine all’interno di strutture che, per la loro stessa natura, prevedono la presenza di persone fragili non può certo configurarsi come una quotidiana limitazione alla libertà individuale quanto, piuttosto, come un uso prudenziale di un dispositivo di prevenzione all’interno di un luogo protetto.

Far venire meno l’uso delle mascherine, reintegrare personale non vaccinato e lasciar cadere in secondo piano la campagna vaccinale vuol dire esporre queste strutture quantomeno ad un rischio aumentato di possibili focolai. Un pericolo che non riguarderebbe solo i pazienti ricoverati. In un contesto simile aumenterebbe anche la probabilità di contagio per il personale sanitario.

E in caso di malattia, seppur non grave, la prima ripercussione sarebbe l’assenza forzata dal lavoro di quello stesso personale sanitario già oggi carente rispetto alle richieste di salute della popolazione. L’effetto sarebbe quindi paradossalmente quello di peggiorare le già lunghe liste d’attesa per screening, visite specialistiche e tutta la restante attività ordinaria ospedaliera.

Il discorso sull’evidenza scientifica. Sempre al Senato Meloni aveva poi spiegato rivolgendosi alla minoranza di aver sempre condiviso “le evidenze scientifiche” e “il valore della scienza”, aggiungendo però di non aver mai scambiato la scienza “con la religione” come fatto dai precedenti Governi.

Bene, ma se alle evidenze scientifiche si vuole ispirare, il nuovo Governo dovrebbe considerare quelle del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) che nelle sue ultime raccomandazioni agli stati membri della UE ribadisce l'opportunità dell'uso delle mascherine negli ambienti sanitari e quelle ribadite dall'Oms che richiama tutti gli operatori sanitari ad indossare sempre la mascherina.

Allo stesso tempo, la stessa Ecdc è tornata a sollecitare una maggiore spinta alle campagne vaccinali definendo “essenziali” sia la vaccinazione primaria che i richiami contro il Covid, specie per le persone più a rischio. E questo perché le previsioni di modellizzazione dell'Ecdc prevedono che la nuova variante BQ1 e il suo sotto-lignaggio BQ1.1 diventeranno la variante dominante in Europa da metà novembre a inizio dicembre 2022, cosa che “contribuirà ad aumentare il numero di casi di Covid nelle prossime settimane o mesi”.

È dunque proprio la stessa evidenza scientifica richiamata da Meloni ad indicare come raccomandabile non solo il mantenimento delle mascherine negli ospedali ma anche uno stimolo verso quella campagna vaccinale ancora mai neppure menzionata dal nuovo governo.

E questo non solo perché, stando agli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità, con la dose booster di vaccino si ha una protezione dalla malattia grave pari al 82,5%, ma anche perché la protezione dall’infezione raggiunge comunque il 43%, un dato che seppur basso rappresenta un freno rispetto ad una totale assenza di protezione. questo si aggiunga che, rispetto allo scorso anno, la campagna di richiami vaccinali sta procedendo ad un ritmo ben più lento ed il rischio che le nuove varianti possano arrivare a colpire milioni di anziani e fragili ormai scoperti dalla copertura vaccinale è alto.

Il pericolo quindi è che, nonostante quanto affermato, pur di segnare un cambio di passo rispetto alle precedenti gestioni della pandemia il Governo scelga opzioni “più emotive che scientifiche” di cui potrebbe presto pentirsi.

Giovanni Rodriquez



28 ottobre 2022
© Riproduzione riservata

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