Appropriatezza. Che pasticcio! E ora si cerca di mettere una pezza
di Roberto Polillo
Ministero e Regioni e, se non altro per “distrazione”, anche i sindacati medici. Tutti, con diversi ruoli e responsabilità, sono in qualche modo colpevoli di non avere valutato per tempo l’inapplicabilità delle norme sulle cosiddette prescrizioni inappropriate. E adesso raccogliamo i cocci di tanta superficialità
17 FEB - Il quadro che emerge da tale vicenda , ancora inconclusa, è dunque quello di un paese la cui classe dirigente è inadeguata anche ad affrontare questioni di impatto economico risibile, atteso che i risparmi preventivati dal decreto saranno di poco superiori ai 100 milioni. Figuriamoci cosa sarebbe accaduto se la posta in gioco fosse stata degna di attenzione.
Talvolta succede che un atto perda la banalità di semplice evento tra i tanti per salire di rango e divenire la rappresentazione plastica della realtà nella sua interezza. Il decreto sulla appropriatezza appartiene a questo genere di fenomeni attraverso i quali un intero spaccato della società e della sua classe dirigente diventa trasparente e si mostra per quello che è.
La cifra della lunga gestazione del decreto è la sciatteria fuori misura che ha connotato il complesso degli attori a vario titolo coinvolti della vicenda. E in questa caduta rovinosa verso in basso nessuno si è salvato anzi ha dato il peggio di sé. Vediamo nel dettaglio
Il Ministero della Salute
Il primo responsabile ovviamente è il Ministero della Salute formalmente proponente. La burocrazia ministeriale incaricata della stesura del provvedimento non ha minimamente previsto i numerosi effetti perversi che il testo avrebbe generato. Primo fra tutti un ulteriore aumento del carico burocratico nella compilazione delle ricette causa l’introduzione di nuovi codici e di complicate clausole di prescrivibilità.
Le conseguenze assolutamente evidenti: contrazione del tempo da dedicare ai problemi clinici del paziente e peggioramento del rapporto con gli utenti. Una scelta di “complicazione” del processo in aperta contraddizione con l’avvio della dematerializzazione delle prescrizioni in atto nel paese. Secondo punto I sistemi informatici delle regioni non erano stati ri-programmati prima della entrata in vigore del decreto medesimo con un altrettanto scontato
vacuum legislativo dai profili incerti essendo il decreto immediatamente escutivo.
Faccio a tale riguardo un esempio concreto: il numero di IgE specifiche prescrivibili in singola ricetta sono state portate da 8 a 12 eppure queste non possono essere prescritte in tale numero perché il sistema è rimasto immutato a 8 e quindi il cittadino dovrà continuare a pagare per avere quelle prestazioni due tickets come se il decreto non esistesse. E’ giusto che questo avvenga? Non credo.
Sarebbe stato così complicato dilazionare l’entrata in vigore del decreto per il tempo necessario ad adeguare i sistemi informatici regionali? Assolutamente no risponderebbe qualsiasi essere senziante. Altrettanto facile era prevedere che con lo “spezzatino” delle prescrizioni a causa dei nuovi codici, il MMG avrebbe dovuto incrementare il numero di ricette per prescrivere lo stesso quantitativo di prestazioni quo ante e che quindi il costo complessivo sarebbe aumentato sensibilmente a causa dei tickets e dei supertickets che gravano su ogni singola ricetta rosa. Emblematico il caso del colesterolo: il suo dosaggio in regime privato costa 3 euro con il nuovo decreto invece un soggetto che vuole effettuare tale accertamento su ricetta rosa spenderebbe nel Lazio 17 euro di cui 3 euro per la determinazione analitica e 14 per ticket e super ticket attualmente in vigore.
Chi è quel pazzo che di fronte a tale alternativa opterebbe per il regime pubblico? Sembra di sentire uno dei dirigenti milanesi arrestati quando spiegava che l’importante era elevare il ticket a un euro di più del prezzo praticato dal privato per raggiungere l’obbiettivo di depauperare il servizio pubblico. Complimenti! Ma se si voleva questo si poteva forse trovare un modo più elegante e diretto. Onore al presidente Amato che la privatizzazione della sanità la propose mettendoci la faccia!
Le Regioni
Totalmente corresponsabili di quanto sopra le regioni e i componenti della commissione Salute. Anzi nel loro caso c’è un ulteriore aggravante: il Ministero poteva anche non sapere che il decreto sarebbe stato tecnicamente inapplicabile ma questa consapevolezza doveva essere patrimonio delle Regioni a meno che si prenda per buono che le stesse non siano tenute a conoscere le caratteristiche tecniche dei loro sistemi informatici di ricettazione.
Scoppiato lo scandalo ovviamente le Regioni hanno cercato di sfilarsi con il solito atteggiamento di colui che non c’era, preannunciando che nei loro territori il decreto non sarebbe stato applicato prima delle necessarie verifiche.
Una vergogna che getta ulteriore discredito sugli enti regionali, se mai ce ne fosse ulteriore bisogno anche alla luce di quanto in queste ore si sta scoprendo nella civilissima Lombardia che vanta, come ripete il suo Presidente della regione Maroni il servizio sanitario più bello del mondo!
I sindacati medici
Altrettanto inadeguati i sindacati medici. Per lunghissimo tempo, l’unica loro preoccupazione è stata quella di impedire che venissero introdotte le penalizzazioni a carico dei medici.
Incredibilmente all’atto dell’approvazione della prima stesura del decreto parlando con alcuni sindacalisti di livello nazionale ho ricevuto la stupefacente ammissione che nessuno aveva analizzato i contenuti del decreto perché politicamente irrilevanti.
Nessuno dunque si era premurato di leggere il testo e i suoi allegati e questo nonostante le numerose assurdità in esso contenute. Tra queste, una tra le tante, la pagliacciata di subordinare la prescrivibilità di tutti gli esami genetici al visto del genetista anche laddove si trattava di accertamenti reumatologici di competenza di tutt’altro specialista.
E questo non considerando per nulla il dato che nelle ASL di genetisti non se ne trovano e che i pochi presenti avrebbero dovuto, per svolgere il ruolo di censori, rinunciare alla loro attività ben più importante di consulenza genetica. Alla faccia della ottimizzazione delle risorse umane!
Di tutto questo ovviamente i sindacati non avevano colpa, essendo la responsabilità in capo alla commissione di esperti che aveva redatto il decreto; i sindacati, tuttavia, avrebbero dovuto entrare nel merito del provvedimento, chiedendo immediatamente il ritiro della bozza e la rimozione immediata degli autori delle assurdità in esso contenute. Nulla di questo è avvenuto, se non a cose fatte, e la strada prescelta è stata quella aventiniana dell’indignazione che non produce nulla. Come fanno ora i sindacati a lamentarsi di non essere stati convocati dal Ministro se il decreto nemmeno lo avevano letto nel dettaglio?
Le forze politiche
Del tutto assente anche all’interno dei partiti un dibattito che entrasse nel merito del provvedimento e che ne analizzasse le possibili conseguenze sui medici e sui pazienti. Nei partiti di maggioranza si è scelta la strada di fare quadrato a difesa del Ministro Lorenzin, e nei partiti di opposizione di sparare contro il decreto a prescindere da un analisi dei contenuti.
Fatti anche questi scontati, perché la totale mancanza al loro interno di organismi di reale espressione dei territori e degli operatori insieme al potere assoluto di cui dispongono oggi i loro leaders, rende i partiti istituzioni vuote di contenuti o luoghi di semplice ratifica delle decisioni prese nello stretto raggio delle prime linee.
Il quadro che emerge da tale vicenda , ancora inconclusa, è dunque quello di un paese la cui classe dirigente è inadeguata anche ad affrontare questioni di impatto economico risibile, atteso che i risparmi preventivati dal decreto saranno di poco superiori ai 100 milioni. Figuriamoci cosa sarebbe accaduto se la posta in gioco fosse stata degna di attenzione. Perché allora si è scelta la strada del conflitto?
Sorge quasi il sospetto che tanto clamore sia stato generato ad arte per deviare l’attenzione dai veri problemi in cui versa il nostro SSN. Problemi che interessano l’intero paese a partire dalle due Capitali di cui esso dispone: quella cosiddetta politica e quella cosiddetta morale: Roma e Milano così lontane e così vicine.
Roberto Polillo
17 febbraio 2016
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