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Covid. Specializzandi: “Dpi ai medici strutturati, ma non sempre a noi”. Bonus covid solo in 4 Regioni (e non ancora erogato)  


“Chi si cura di te?”, Asup, Asver e Meslo hanno raccolto le risposte di 314 specializzandi impegnati nella lotta al covid. I 2⁄3 hanno lavorato in reparti Covid, pur non appartenendo, nella metà dei casi, a Scuole di Specializzazione di area infettivo/respiratoria. Le forme contrattuali previste da DL Calabria o Cura Italia sono state attuate solo nel 9% dei casi. Il 30% degli specializzandi denuncia difficoltà di accesso ai Dpi (resi invece disponibili ai medici strutturati), il 5% riferisce che i DPI sono addirittura previsti esclusivamente per il personale di ruolo. IL SONDAGGIO

21 DIC - Dall’inizio della pandemia i medici specializzandi sono stati parte attiva della lotta al covid. Chiamati da Ministero della Salute, Regioni e Aziende Ospedaliere a far fronte alla carenza di personale. Tuttavia, il loro coinvolgimento è avvenuto e avviene tutt’ora in modo non uniforme, non sempre sulla base delle competenze acquisite per anno di corso o per specializzazione e non sempre con le dovute tutele. Per accendere i riflettori sulla situazione degli specializzando nell’ambito della lotta al covid, l’Associazione “Chi si cura di te?”, con ASUP – Associazione degli Specializzandi di Perugia, ASVER – Associazione degli Specializzandi di Verona e MeSLo – Medici Specializzandi Lombardia, ha realizzato una consultazione online raccogliendo le risposte di 314 medici specializzandi distribuiti in tutte le regioni che ospitano sedi di Scuole di specializzazione ad eccezione di Basilicata, Calabria, Molise.

“I dati raccolti - commenta l’associazione “Chi si cura di te?” - hanno mostrato un quadro estremamente grave per quanto riguarda il reclutamento degli specializzandi nei reparti COVID, lo stato della formazione pratica e teorica, nonché in termini di sicurezza sul lavoro”.


Dei 314 partecipanti al sondaggio, 2⁄3 hanno lavorato in reparti deputati all’assistenza di pazienti affetti da COVID-19. Di questi, quasi la metà non appartiene a scuole di area infettivo/respiratoria (I/R) e, quasi nel 90% dei casi, riferiscono di aver ricevuto una formazione adeguata per fornire assistenza a pazienti affetti da COVID-19.

La maggior parte medici specializzandi ha quindi subito una modifica del proprio piano formativo per essere dirottato in reparti COVID, senza un’adeguata formazione e senza neanche l’accesso alle forme contrattuali previste da DL Calabria o Cura Italia.

Una nota dolente riguarda la distribuzione dei DPI fra i medici specializzandi. Nei reparti COVID, in meno dei 2/3 dei casi i DPI vengono forniti sempre e completamente, mentre nella restante percentuale di casi vengono forniti in maniera incostante e parziale. Per chi invece lavora in ambienti non COVID, è molto più frequente la situazione in cui i DPI non vengono forniti regolarmente (non sempre o solo parzialmente). Addirittura, nell’11% dei casi è stato riferito che i DPI non vengono forniti per nulla! Ci duole constatare, inoltre, come vi sia una frequente disparità di trattamento fra medici specializzandi e medici strutturati: questi ultimi accedono più facilmente ai DPI (30% casi), mentre in alcune circostanze i DPI sono addirittura previsti esclusivamente per il personale di ruolo.
 
Le assunzioni previste da DL Calabria o Cura Italia sono avvenute solo nel 9% dei casi. E per quanto riguarda i cosiddetti “Bonus COVID” regionali per gli operatori sanitari, su 15 regioni che lo hanno previsto, solo 4 hanno incluso anche gli specializzandi tra i beneficiari. In ogni caso, in nessuna di queste regioni il Bonus per gli specializzandi è stato ancora erogato.
 
Inoltre, 2/3 dei medici intervistati ha riferito che nella propria Scuola non è stato previsto un recupero delle attività formative perse. Solo nel 5% dei casi il programma di lezioni è stato svolto regolarmente, mentre nei 2/3 dei casi le lezioni non sono state svolte o sono state svolte solo parzialmente. Il nuovo anno accademico è iniziato decisamente peggio dal punto di vista della didattica: fino al 57% degli intervistati ha risposto che non è stato previsto alcun programma di lezioni e, nel 12% di casi in cui era stato previsto, è già stato interrotto.

In conclusione, “era prevedibile che la situazione di emergenza avrebbe acuito le ben note distorsioni del percorso formativo del post lauream in medicina. Nessuno si sarebbe aspettato che le condizioni di lavoro e la formazione sarebbero rimaste inalterate durante la pandemia, come avvenuto per qualsiasi altro settore. Tuttavia - conclude l’associazione “Chi si cura di te?” -, dobbiamo constatare come nulla sia stato fatto per prevenire od attenuare le condizioni insostenibili di lavoro e l’azzeramento della formazione sperimentate durante la prima ondata. Nulla è stato fatto per risolvere le condizioni di scarsa sicurezza in cui lavorano quotidianamente i medici specializzandi, sia per quanto riguarda il rischio biologico sia per quanto riguarda i rischi professionali. I medici in formazione specialistica non sono, in nessuna occasione, venuti meno ai loro obblighi in quanto medici. Ci adopereremo affinché venga garantita loro una formazione postlaurea di qualità, nel rispetto del diritto alla salute della popolazione di oggi e del futuro”.

21 dicembre 2020
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