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Salute mentale, tanto rumore per nulla

di Andrea Angelozzi

07 NOV -

Gentile Direttore,
s
e da una parte è assodato che la ampia disponibilità di risorse non produce necessariamente eccellenza, appare altrettanto evidente che la loro scarsità consente solo stentate sopravvivenze. E potremmo aggiungere anche che, se probabilmente non esiste una organizzazione ottimale, è chiaro che taluni modelli attuali sono stati chiaramente logorati dal tempo.

Verrebbe da pensare che, di fronte a queste evidenze, o ci si rassegna ad una distruttiva invarianza o si mette mano a importanti cambiamenti.

Quella che sta emergendo in salute mentale è però una terza via dove le questioni sulle risorse e sulle organizzazioni vengono trasformate in altro. Le amministrazioni sembrano infatti padroneggiare la verità misteriosa dello scambio costante fra reale e virtuale, ed a proporci simulazioni invece di aspetti reali, ad indicarci una loro equivalenza, certo appoggiandosi sulle antiche teorie del vedanta indiano o sui recenti sviluppi della infodynamics. Così è sempre più frequente assistere a soluzioni che poco risolvono nella realtà ma molto offrono nell’apparire, trasformando elementi che avrebbero importanti potenzialità di cambiamento in strumenti di mantenimento della invarianza.

In questo senso ci domandiamo quali siano state le ricadute della Conferenza Nazionale sulla Salute Mentale tenuta a Roma nel giugno 2021, o quali quelle della Conferenza Regionale tenuta in Veneto nel 2022. Sono stati eventi che hanno richiesto una preparazione durata molti mesi e con ampio investimento di risorse sottratte ad altro (in Veneto erano stati stanziati a questo scopo 50.000 Euro), offrendo l’immagine di un vasto interesse e raccogliendo partecipazione ed adesione fra i vari stakeholders, lusingati di tanta attenzione. Ma proprio i temi scelti, molti dei partecipanti ed il materiale prodotto legittimano il dubbio che si sia accuratamente evitato di sollevare questioni relativamente a risorse, personale e le altre tante criticità a contraddizioni degli attuali servizi, preferendo occuparsi di temi certamente importanti, ma che tralasciano la questione dell’effettivo lavoro quotidiano con i problemi dei pazienti. Alla fine ciò che rimane è una serie di documenti senza alcuna ricaduta, di cui ci siamo già tutti dimenticati.

In modo altrettanto virtuale, simulando quello che avviene nelle grandi aziende quando arriva un nuovo manager, ad ogni cambio di Direttore Generale (o Assessore, o Ministro), si chiamano esperti a valutare la situazione e redigere relazioni propositive. Vengono fatte ampie ricognizioni, visite alle strutture, incontri con i vari stakeholders, producendo nella migliore delle ipotesi estese relazioni che talvolta includono anche splendidi protocolli operativi ed onerosi spostamenti di sedi e persone. Ma alla fine cosa rimane? C’è la sensazione che sia tutto un gioco di anagrammi, dove le lettere compongono vari significati, ma poi sono sempre le stesse. Ed è lì il problema che non può essere detto: che non si aggiunge nulla, né di idee né di risorse e si finisce a fare variazione sul tema, senza tuttavia la creatività delle fughe di Bach.

Allo stesso modo a volte si propongono formazioni indirizzate a migliorare la operatività, che di fatto implicitamente propongono che i problemi non siano da ricercare una carenza in risorse o organizzazione, ma in un problema di conoscenze culturali o di prassi tecniche, dimenticando che queste, per potersi poi trasformare in operatività concrete, richiedono sia risorse sia organizzazione, e la cultura, in salute mentale, non può rimanere mera astrazione. E’ come quando emergono grandi discorsi su empowerment e partecipazione, che illudono su un effettivo coinvolgimento, che appare però una realizzazione improbabile per organizzazioni dove tutto il resto è strutturato in forma gerarchica.

In ambito strettamente locale, talvolta vendono proposte nuove supervisioni con la trasformazioni in problemi individuali o dinamiche gruppali di quelli che sono problemi strutturali o contraddizioni irrisolvibili legati a risorse o organizzazione. Dopo tanti anni si continua allo stesso modo in cui Elton Mayo prendeva per problemi di personalità degli operai le difficoltà produttive legate ad un clima di lavoro emarginante ed arrogante. Allo stesso modo di tanta psichiatria che prende per problematiche della persona quelli che sono problemi delle situazioni in cui la persona vive.

E che dire di quando, non avendo le risorse per i compiti di istituto, le varie Direzioni propongono nuovi ambiti che allargano ancora interventi ed impegni, facendo finta che i compiti tradizionali siano ormai ben gestiti e ci si possa dedicare ad altro?

Ma alla fine da tutto questo chiasso emerge solo un grande silenzio, che ci fa domandare se la simulazione imiti effettivamente una qualche realtà che da qualche parte esiste.

Non sappiamo se le sonde che vengono puntualmente mandate nello spazio per cercare forme di vita manderebbero una qualche risposta positiva se inviate ad esplorare la situazione psichiatrica italiana o non si farebbero ingannare da episodici affaccendamenti che hanno poco di effettivamente vitale.

Andrea Angelozzi

Psichiatra



07 novembre 2023
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