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L’appello degli scienziati in difesa del Ssn: proviamo a integrarlo

di Claudio Maria Maffei

09 APR -

Gentile direttore,
sta trovando ampia diffusione in Italia, nel mondo della sanità e non solo, un appello di 14 importanti rappresentanti del mondo della scienza e della sanità. Non faccio l’elenco dei nomi limitandomi a ricordare quello di Giorgio Parisi che basta da solo a dare autorevolezza all’appello e al relativo documento. Lo stesso Giorgio Parisi ha fatto da testimonial alla iniziativa con interviste a La 7, Tgcom24 e Rai 3 (magari ce ne sono state altre, ma queste possono bastare).

Credo che l’iniziativa sia stata un utile contributo al dibattito sulla crisi del SSN non tanto, o quantomeno non solo, per i contenuti “tecnici” dell’appello, quanto per la già nominata autorevolezza dei promotori. L’appello è stato immediatamente divulgato e commentato qui su Qs, che ha subito ospitato alcuni autorevoli interventi a supporto dell’appello come quello della Associazione Alessandro Liberati Cochrane Affiliate Centre. Come ha ospitato la replica del Sottosegretario Gemmato che ha sottolineato ancora una volta come questo Governo abbia già la sanità al centro della sua agenda. Sono sicuro che altri interventi, magari meno favorevoli, saranno ospitati questi giorni su Qs perché se tutti sono d’accordo sulla crisi del SSN e la assoluta urgenza di occuparsene, sui contenuti dell’appello sono non solo possibili, ma credo auspicabili, commenti, critiche e integrazioni.

L’appello contiene 10 domande retoriche (con una risposta negativa scontata), ciascuna delle quali è seguita da un commento che la giustifica, comprensivo di un invito a prendere in carico ciascuna criticità. Ovviamente i temi affrontati e gli esempi fatti rimandano alla esperienza diretta dei firmatari. Ricordo le 10 domande prima di proporre una loro integrazione:

  1. Possiamo fare a meno del SSN?
  2. Stiamo finanziando adeguatamente il nostro SSN?
  3. Le strutture sanitarie sono moderne e adeguate?
  4. Gli operatori dell'SSN si sentono valorizzati, tutelati e motivati?
  5. La continuità assistenziale sta funzionando?
  6. L’organizzazione dell'SSN e la misurazione dei suoi risultati sono efficienti, efficaci e utilizzano le tecnologie disponibili?
  7. Stiamo governando adeguatamente l’immissione delle nuove tecnologie?
  8. L’accesso alle cure è agevole e sufficientemente tempestivo?
  9. Le attuali politiche di prevenzione sono sufficienti?
  10. I cittadini sono consapevoli della complessità del tema salute e hanno gli strumenti per essere protagonisti?

Mi permetto una integrazione con due domande altrettanto retoriche che farò seguire da un breve commento.

I politici sono consapevoli della complessità del tema salute e hanno gli strumenti per essere decisori responsabili?

L’attuale assetto del SSN attribuisce un enorme ruolo alla politica, specie a livello regionale. Dentro un perimetro abbastanza rigido di norme e vincoli, rimane già oggi una notevole autonomia delle Regioni nelle scelte programmatorie e organizzative con cui garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) ai cittadini. Si è sempre più accentuata negli ultimi una tendenza nelle Regioni ad una gestione populista nelle scelte di politica sanitaria, con l’obiettivo di ottenere il massimo consenso locale possibile. Di conseguenza, sin dai programmi elettorali la spinta prevalente è nella direzione del riconoscimento della supremazia dell’ospedale rispetto ai servizi territoriali sia distrettuali che di prevenzione. La vecchia triade “case, scuole, ospedali” è ancora quella che ispira la gestione politica della sanità, seppure con le importanti eccezioni di alcune Regioni. In questo contesto il richiamo alla prevenzione e alla presa in carico territoriale dei problemi di salute rischia di diventare esercizio retorico. La risposta a questo problema potrebbe essere una maggiore capacità centrale di indirizzo e monitoraggio delle politiche sanitarie regionali e una maggiore qualificazione e una migliore selezione dei politici attraverso quelle iniziative culturali e intersettoriali di cui l’appello parla a proposito dei cittadini, ma di cui i politici hanno ancor più bisogno.

Il Ministero coi suoi organi (Agenas in primis) è in grado di orientare e monitorare le politiche regionali in tema di salute?
Di fatto l’autonomia regionale è largamente incontrollata, per cui i principali atti di indirizzo centrali sono costantemente disattesi. Negli ultimi anni, solo per fare alcuni esempi, sono usciti il Decreto Ministeriale (DM) 70 del 2015 che regolamenta la programmazione e organizzazione ospedaliera indirizzandola verso una sua maggiore razionalità, il Piano Nazionale della Cronicità che spinge ad un riorientamento della politica sanitaria e sociale verso una gestione proattiva della cronicità, che rimane il principale problema di salute della nostra popolazione, e il Piano Nazionale Demenze che fornisce indirizzi per una offerta di servizi integrati ai pazienti con demenza e alle loro famiglie. In molte Regioni questi atti sono stati applicati solo in parte, magari quella parte politicamente più conveniente o meno scomoda, come successo con il DM 70 usato per mantenere i piccoli ospedali dei bacini elettorali più interessanti e usato con molta più parsimonia quando si è trattato di procedere alla integrazione di ospedali vicini (come tali dispersivi e inefficienti), ma di Comuni (e quindi con Sindaci) diversi. Gli stessi strumenti di monitoraggio della erogazione dei LEA da parte delle Regioni sono inadeguati a evidenziare e correggere le criticità, e si limitano a registrare in modo generico l’esistenza di un forte divario tra Regioni. Strumenti di monitoraggio più avanzati, come il Programma Nazionale Esiti, sono usati ormai più per fare classifiche (il miglior ospedale, la migliore rete tempo-dipendente) che per evidenziare e correggere gli effetti negativi delle politiche sanitarie regionali. Va fatto uno sforzo per rendere il SSN meglio governato dal livello centrale, esigenza tanto più forte quanto più si parla di autonomia differenziata. E questo richiede apparati con più autonomia e maggiore capacità di innovazione.

Ho scelto per le “mie” domande le criticità del Ssn che più mi appassionano e con cui ho più familiarità. Ma sono certo che ce ne sono molte altre che varrebbe la pena di integrare all’appello dei 14. Per concludere ne suggerisco cinque, ma tante altre sarebbero possibili e utili:


Claudio Maria Maffei
Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche



09 aprile 2024
© Riproduzione riservata

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