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Influenza aviaria, facciamo chiarezza per evitare allarmismi  

di Agostino Macrì

La preoccupazione maggiore dovrebbe essere quella di monitorare costantemente le popolazioni degli animali selvatici, dei sinantropi e dei volatili degli allevamenti rurali dove l’assistenza sanitaria veterinaria è spesso molto approssimativa e diviene complicato fare degli interventi di prevenzione. Negli allevamenti intensivi la situazione è completamente diversa, gli animali in pratica sono isolati e il loro stato di salute monitorato costantemente

09 APR - In un articolo pubblicato sul sito di Repubblica si parla del pericolo di un salto di specie di nuovi ceppi altamente patogeni dell’influenza aviaria dai volatili all’uomo. Il pericolo è consistente ed è stato sottolineato dal Prof. Pregliasco in una intervista pubblicata nello stesso articolo che però ha riferito alcune imprecisioni che vorrei sottolineare anche per evitare la diffusione di possibili allarmismi non del tutto giustificati.

Innanzitutto, affermerebbe che la “spagnola” nel 1918 sarebbe “partita” proprio dall’influenza aviaria. La gran parte degli studiosi attribuisce la diffusione della malattia ai suini e quindi i volatili sarebbero estranei.

Il Prof. Pregliasco afferma che il pericolo maggiore potrebbe arrivare dagli allevamenti intensivi degli avicoli. Su questo punto ritengo che la situazione sia diversa ed esistono informazioni che il pericolo maggiore può arrivare dagli uccelli migratori, dagli uccelli sinantropi (gabbiani, piccioni, tortore, pappagalli, ecc.) e soprattutto dai volatili degli allevamenti rurali e/o familiari.

Sappiamo molto bene che la precedente diffusione del ceppo A-H5N1, ha preso origine in Estremo Oriente dove i volatili allevati vivono a stretto contatto con l’uomo e gli uccelli selvatici hanno libero accesso agli spazi occupati dagli animali allevati. In queste condizioni il passaggio agli uccelli migratori è stato molto facilitato proprio attraverso questi animali il virus ha raggiunto l’Europa e anche l’Africa.

Nella malaugurata ipotesi della comparsa di un ceppo di influenza aviaria nel nostro Paese, la preoccupazione maggiore dovrebbe essere quella di monitorare costantemente le popolazioni degli animali selvatici, dei sinantropi e dei volatili degli allevamenti rurali dove l’assistenza sanitaria veterinaria è spesso molto approssimativa e diviene complicato fare degli interventi di prevenzione.

Negli allevamenti intensivi la situazione è completamente diversa; gli animali in pratica sono isolati dall’ambiente esterno ed il loro stato di salute viene monitorato costantemente. Gli animali ammalati sono immediatamente separati e se esiste la possibilità di un intervento terapeutico tutti gli animali sono trattati. Ove dovesse comparire l’influenza aviaria tutti gli animali potenzialmente esposti sono immediatamente uccisi e le carcasse distrutte. Questa misura, chiamata stamping-out, viene risarcita dallo Stato proprio per evitare che gli allevatori nascondano animali sospetti.

Agostino Macrì
Già Direttore del Dipartimento di Sicurezza Alimentare e Sanità Pubblica Veterinaria ISS

09 aprile 2024
© Riproduzione riservata

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