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Ecco cosa bisogna fare per garantire il vaccino a tutti

di Sandra Zampa e Stefano Vella

13 MAG - Gentile direttore,
la straordinaria emergenza, sanitaria, sociale ed economica causata della pandemia COVID-19 chiama tutti a riflettere su un nodo che ha a che fare con il rispetto della vita, individuale e collettiva, e a valutare misure straordinarie per affrontarla. E per farci trovare più preparati in futuro, nel caso si dovesse malauguratamente ripetere uno spill-over, cioè un passaggio da animali all'uomo, di patogeni pandemici.
 
L’accelerazione, inaspettata e perciò sorprendente di Biden sul tema si colloca in questo contesto di eccezionalità. E così va interpretato l’annuncio di voler partecipare ad un negoziato con la World Trade Organization (WTO) per concordare una revisione delle regole sui brevetti. Come noto India e Sud Africa, con altri 60 paesi, forti del sostegno dell’OMS hanno proposto al WTO la sospensione temporanea dei brevetti sui vaccini per permettere la produzione di copycat, in grado di contenere l’epidemia.
 
In effetti, la diseguaglianza di copertura vaccinale contro il COVID 19, è evidente e sta sotto gli occhi di tutti noi: un miliardo di dosi già somministrate nei Paesi più ricchi, meno dell’1% di copertura nei Paesi poveri.
 
Un esempio straordinario di diseguaglianza nell'accesso alle cure, è quel che successe ai tempi dell’AIDS verso l'anno 2000. Nei Paesi ricchi si viveva e in Africa si moriva a milioni. In quel caso il problema dei brevetti è stato superato: il sistema attuato è stato un processo di cessione volontaria dei brevetti, mediata da organizzazioni UN (come Medicines Patent Pool), ai produttori di generici. Il prezzo dei farmaci antiretrovirali è attualmente di 15.000 dollari l’anno nei Paesi ad alto reddito e di 40 dollari l’anno in Africa.
 
Questo permette alle farmaceutiche di continuare a fare innovazione (escono nuovi farmaci ogni anno) e contemporaneamente di portare gli stessi identici farmaci – spesso prodotti in loco – ai Paesi più poveri, attraverso il Global Fund, oppure attraverso i sistemi sanitari dei Paesi a medio reddito che riescono ad acquistare il loro fabbisogno. Ma nel caso dei vaccini COVID la situazione è più complessa perché si tratta di prodotti biologici complessi, mentre i farmaci contro l’HIV sono farmaci chimici, più semplici da produrre.
 
In realtà, almeno in questo caso, il problema non sono i brevetti. Che rappresentano un motore dell'ingegno umano, a meno che non siano responsabili del mancato accesso alle cure delle popolazioni più povere e fragili del pianeta. E allora sì che andrebbero rivisti!
 
Nel caso del COVID molti governi occidentali hanno finanziato direttamente in modo imponente le case produttrici come avvenuto in USA o hanno acquistato in anticipo le dosi in quantità enorme come in Europa. Per cui il negoziato sui prezzi dei vaccini è stato equo. Inoltre, molti vaccini già disponibili nel mondo non EU, sono sviluppati e prodotti dagli Stati stessi, cioè partono già “pubblici”, senza brevetto: è quello che dovrebbero fare molti altri Paesi.
 
In Italia abbiamo tutte le competenze biotecnologiche per “inventare” vaccini. Andrebbe soltanto costruita una grande struttura produttiva: una grande opportunità per il nostro Paese che non possiamo mancare.
 
Nella riflessione, diversi sono gli elementi da tenere presenti:
- ogni vaccino prevede oltre 100 differenti processi produttivi complessi, ognuno brevettato o brevettabile: un vaccino non si produce nel garage di casa,
 
- avremo presto bisogno di vaccini di seconda generazione, ad esempio che non necessitino di una importante catena del freddo o che siano in grado di proteggerci dalle emergenti varianti virali,
 
- non è ancora chiaro quanto durerà l’immunità, sia naturale che vaccinale: potrebbe essere necessario procedere a una nuova vaccinazione della popolazione ogni anno, difficile pensare a una "immunità di gregge" globale. C'è il rischio di dover vaccinare periodicamente con nuovi vaccini, un po' quel che accadde ogni anno con l'influenza...
 
Insomma, come sottolineato dal rapporto, appena reso pubblico, dell'International Panel on Pandemic Preparedness and Response (IPPPR), commissionato dal WHO per valutare in modo indipendente gli errori fatti (tra cui non aver avuto la capacità di prevedere un evento prevedibile e di rispondere in modo efficace e veloce) e le cose da fare per evitare che risucceda, il futuro dovrebbe essere il trasferimento tecnologico "volontario" (da qui il "monito" di Biden, se non succedesse allora sì occorre prendere in mano le redini..) da parte di chi detiene i brevetti e l'aumento della capacità produttiva dei Paesi, in tutti i Continenti, compresa l'Africa.
 
Nella costruzione di un’Europa solidale e della salute, il contributo che si deve e si può portare, è attivarsi politicamente perché l’Italia si schieri nella direzione indicata dal presidente Draghi, consapevoli che una soluzione immediata arriverà da un poderoso aumento della produzione anche in Italia, che per ora manca di un polo vaccinale adeguato al nostro ruolo di potenza tecnologica, e dall’esportazione di vaccini, in Europa e soprattutto verso chi ne ha più bisogno.
 
Sandra Zampa
Membro della segreteria nazionale del Pd, con delega alla salute e già sottosegretaria alla Salute
 
Stefano Vella
Già presidente di Aifa e delegato italiano nel Programma Quadro di Ricerca Europeo "Horizon 2027 Health Cluster" alla Commissione europea

13 maggio 2021
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