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Forum 180. Giancarlo Pizza: “L’opinione di un medico non psichiatra”

di Giancarlo Pizza

Credo che l’idea della 180 come una “sinfonia incompiuta” sia uno dei fili che ci viene offerto nella discussione per trovare una uscita. In fin dei conti Cavicchi a me pare che con la salute mentale fa lo stesso ragionamento che fa da anni per la medicina: esiste una prospettiva incerta e pericolosa quindi serve costruire una contro-prospettiva che non può che essere ispirata da un pensiero di riforma

10 OTT -

In questo forum vorrei spiegare la ragione del mio intervento, che vi assicuro, è solo apparentemente estemporaneo. Dico subito che professionalmente ho poco  a che fare con la salute  mentale e con la psichiatria. Ma da anni, cioè da quando il prof. Cavicchi a partire dal famoso “L’uomo inguaribile, il significato della medicina” del 1998, quindi quasi un quarto di secolo fa, ha spiegato a tutti noi con una tenacia impressionante,  libro dopo libro,  la crisi della medicina nel nostro tempo e quindi  la necessità “per” la medicina di definire  un pensiero “per” riformarla,  seguo  con passione il suo infaticabile e affascinante lavoro intellettuale.

Io personalmente penso che quello che Cavicchi ha sfornato in questi anni (non sempre capito e gradito da tutti) costituisca per la medicina e per la sanità, quindi anche per la salute mentale, un innegabile capitale intellettuale e che tutti, quindi anche la salute mentale, faremmo bene a usare.

Il mio ordine, ha presentato praticamente tutti i libri di Cavicchi. Facendone oggetto di discussione e di riflessione. 

L’ultimo libro “oltre la 180” ha preso un pò tutti noi di contropiede.  Abituati a studiare il pensiero riformatore di Cavicchi nel campo ben più ampio della medicina e della sanità non sapevamo del suo “debito” nei confronti di Basaglia e meno che mai delle sue lotte giovanili contro i manicomi e delle sue esperienze con i servizi di salute mentale. E meno che mai pensavamo che da galantuomo quali egli è, volesse restituire il debito contratto con Basaglia offrendo una proposta che andasse oltre la “sinfonia incompiuta”.

Ma è lui che ci spiega il perché e da pragmatico risponde: questo libro è stato scritto perché le cose vanno molto male

Se ho capito bene mettendo insieme i pezzi: Cavicchi arriva a scrivere “oltre la 180” dopo una lunga elaborazione, cioè dopo aver pubblicato prima “La Quarta Riforma” (2016) poi “Le 100 tesi” per la FNOMCeO (2019) e infine “La Scienza Impareggiabile” nel 2022.

Il che vuol dire che in nessun modo “Oltre la 180” è un libro sganciato da un progetto e da una strategia più globale e più complessiva. E’ sicuramente un libro speciale che si cimenta con un settore speciale e che lui usa paradigmaticamente per definire cosa è davvero “impareggiabile”. In medicina più impareggiabile della salute mentale cosa c’è? Va rimarcato che lui nel suo libro si serve di questa impareggiabilità per rimuovere vecchie contraddizioni mai rimosse e che riguardano il rapporto tra psichiatria e medicina tra scienza e ideologia tra evidenze e pratiche. Davvero molto interessante.

Quindi quello che egli offre alla salute mentale è da una parte quasi una straordinaria applicazione e specificazione ma anche reinvenzione di alcune idee fondamentali del suo pensiero.

Due esempi: la sua proposta di dedurre il servizio dalle prassi e di connotare le prassi specificandone le modalità appartiene a un filone che riguarda tutta la medicina e che egli ha sviluppato in modo molto ampio. E’da questo filone che nasce l’idea anti-burocratica di “autore” cioè di un operatore “fuori dalle gabbie” che supera la classica figura del dipendente mettendo in crisi il concetto di competenze cambiando pragmaticamente l’identità di chi lavora.

E ancora, la sua originale idea di “equilibrista” a parte essere una nuova idea di operatore è in realtà una ridefinizione del vecchio concetto di salute o di igiene mentale, cioè ci si propone di definire questo settore i suoi servizi i suoi operatori come produttori di sostenibilità cioè produttori di equilibri esistenziali idea che a me pare molto più adeguata relativamente alle complessità epidemiologiche del nostro tempo. Si va ben oltre la solita idea di salute mentale.

Ma a fronte di questo enorme “sforzo” culturale la cosa che mi colpisce sono le risposte e le difficoltà delle persone.

Ho letto gli interventi del forum pubblicati sino ad ora e francamente mi sembra di poter dire che alcuni (Angelozzi, Filippi) hanno capito profondamente il significato riformatore di “Oltre la 180”, accettando di confrontarsi   con le contraddizioni che ci sono, ma altri hanno deliberatamente anche se in modo educato rifiutato questo confronto mostrando un disagio che sarebbe sbagliato ignorare.

Evidentemente all’invito di Cavicchi di andare oltre la 180 c’è legittimamente chi risponde ribadendo semplicemente il proprio interesse (letteralmente “essere in mezzo”) che è la difesa di ciò che in informatica si chiamerebbe “dominio”. Ma limitarsi in questa situazione di crisi a difendere il proprio “dominio” da una parte presume che il proprio dominio sia la soluzione da dare al mondo, dall’altra presume che il mondo nonostante le sue crisi le sue contraddizioni e i suoi problemi, debba comunque conformarsi a ciò che conviene a chi opera nella salute mentale. Non mi pare una grande prospettiva

Il discorso che i problemi della salute mentale non abbiano una loro identità ma dipendono da come gli interessi in esso contenuti li interpretano mi preoccupa. Cavicchi propone di distinguere i problemi strategici dai problemi o dalle convenienze personali. Quindi di distinguere il generale dal particolare. Ma da quel che leggo non mi sembra una impresa facile.

L’intervento di Ducci ad esempio, davvero molto interessante soprattutto per le esperienze che racconta, altro non è se non la difesa apriori di ciò che fa oggi un direttore “smart” di un dipartimento che per ribadire il valore di quello che fa   preferisce non confrontarsi con le grandi contraddizioni poste da Cavicchi. 

La sua teoria del “bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto”, il suo preferire all’idea degli equilibristi l’idea di leader, il suo giustificare alcune contraddizioni sottolineate  nel libro di Cavicchi, il suo ammettere certe contraddizioni valide solo per gli altri ma non per  se, tradisce la sua vera preoccupazione: ma se devo andare oltre la 180 allora vuol dire che quello che faccio non va bene ma siccome quello che faccio non solo va bene  ma è il meglio desiderabile  allora andare oltre la 180 è una tesi sbagliata quindi da rifiutare.  Mi ha molto colpito che mentre Angelozzi, di cui ho apprezzato davvero molto ‘articolo, coglie la novità e la ricchezza del contributo di Cavicchi cioè di un sapere laico indipendente, cioè di un meta punto di vista, strategico, con una visione lunga, Ducci con garbo ci fa notare che il punto di vista di Cavicchi “è molto esterno” dove “molto” suona come “troppo” e quindi inevitabilmente “incompetente”. 

L’intervento di Fioritti, l’ultimo che ho letto ripropone lo stesso disagio di Ducci.  Come ex presidente di ordine conosco Fioritti e conosco il suo percorso professionale in Emilia Romagna. Leggendo il suo articolo e soprattutto conoscendo la sua storia l’aforisma da cui egli parte “chi non innova perde il proprio passato” in realtà viene prima di tutto da lui per primo, ribaltato “se si riforma si rischia di perdere il proprio passato”.

Mentre Cavicchi pone come condizione, per fare un discorso più avanzato, quella di emanciparci dall’apologia Fioritti fa esattamente il contrario propone di restare nell’apologia quindi propone, detto alla buona, di non farsi venire grilli per la testa. Basta vedere i 4 punti di proposta in chiusura del suo articolo. Anche Fioritti quindi teme che accettare il discorso della “sinfonia incompiuta” significhi per il proprio “dominio” in qualche modo un problema.

In conclusione a parte complimentarmi con Cavicchi per il suo bel libro che ho letto tutto d’un fiato in un fine settimana, vorrei davvero ringraziare Fassari che con i suoi forum ci rifornisce di aria fresca in un momento in cui l’aria fresca scarseggia.

Vorrei solo far notare che in un “momento” (che poi come ci spiega proprio Cavicchi non è mai un momento ma una vera e propria fase storica dentro una epoca precisa) per definizione “memorabile” in quanto contrassegnato da tante crisi, per nulla congiunturali in cui la medicina la sanità e quindi anche la salute mentale sembrano smarrirsi nel labirinto delle contraddizioni, disporre del famoso filo di Arianna per trovare l’uscita non è una cosa da poco.

Al contrario avere il filo o più fili come ci propone Cavicchi diventa la condizione preliminare senza la quale anche la crisi della salute mentale rischia di restare irrisolta.

Credo che l’idea della 180 come una “sinfonia incompiuta” sia uno dei fili che ci viene offerto nella discussione per trovare una uscita.

In fin dei conti Cavicchi a me pare che con la salute mentale fa lo stesso ragionamento che fa da anni per la medicina: esiste una prospettiva incerta e pericolosa quindi serve costruire una contro-prospettiva che non può che essere ispirata da un pensiero di riforma.

Quando Cavicchi nell’articolo che ha aperto questo forum (QS 29 settembre 2022) specifica ii suoi cinque “stop” (alla apologia, alle semplificazioni, ai vecchi concetti, alla negazione delle contraddizioni, al pensiero burocratico) pone le condizioni indispensabili per costruire una contro-prospettiva, cioè per opporre alla crisi della salute mentale un pensiero di riforma.

Mi auguro che la salute mentale faccia tesoro di questa imperdibile opportunità.

Giancarlo Pizza

Vicepresidente OMCeO Bologna

Leggi gli altri interventi: FassariCavicchiAngelozziFilippiDucci, Fioritti.



10 ottobre 2022
© Riproduzione riservata


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