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Acqua: gli italiani ne bevono troppo poca. Nei ragazzi prestazioni cognitive rallentate

di Viola Rita

Dovremmo bere due litri al giorno, anziché soltanto uno. Quasi 7 ragazzi in età scolare su 10 non bevono a sufficienza. In compenso, il consumo di zucchero è “sotto la soglia critica”. Sono i dati dello studio LIZ, condotto su 2mila persone, realizzato da SIMG e NFI

27 GEN - La quantità indicata è due litri al giorno, ma in media ne beviamo poco più di un litro, dunque circa il 50% in meno rispetto a quanto raccomandato dai medici: sono i risultati dello studio LIZ, un progetto di collaborazione tra Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) e Nutrition Foundation of Italy (NFI), che nell’analisi ha preso in considerazione 2mila persone. Dunque, l’appello dei medici di famiglia è “Italiani dovete bere di più”. A farne le spese, più degli altri, sono i ragazzi in età scolare: il 66% di loro, infatti, non beve a sufficienza prima di sedersi sui banchi di scuola.
Le conseguenze sono prestazioni cognitive rallentate fino al 14% in meno rispetto ai coetanei idratati correttamente, come rivela appunto lo studio. “Ma assumere pochi liquidi è un aspetto comune a tutte le età”, spiega il Dottor Claudio Cricelli, Presidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG). “Un’indagine unica nel suo genere, che ha analizzato anche il consumo di zuccheri nella popolazione. Essa ha rilevato usi e costumi errati, riservando anche sorprese. La buona notizia? Il consumo di zucchero è sotto la soglia critica.

La ricerca è stata condotta su un campione di persone estratto in maniera casuale sul territorio nazionale dalle liste pazienti e medici di famiglia, di entrambi i sessi e con età superiore ai 14 anni e si è basata su visite mediche e raccolta di dati da parte dei partecipanti. Questa raccolta prende in considerazione non soltanto le informazioni sul consumo di liquidi, ma anche sull’attività fisica non lavorativa, sul consumo di zuccheri, alcolici, dolci, latte e yogurt e frutta. Dal questionario di valutazione del livello di informazione del paziente, inoltre, emerge che circa il 30% non è ben informato rispetto all’esatta quantità di acqua da bere durante la giornata (solo il 66% degli uomini e il 72% delle donne ha indicato in maniera corretta la quantità di due litri). La ricerca fornisce una nitida fotografia del consumo di acqua e zuccheri nella popolazione reale. “Eravamo molto interessati a rilevare anche il reale introito di saccarosio e di dolcificanti tra i cittadini. Abbiamo avuto la conferma che, in media, non siamo di fronte ad apporti elevati: si tratta infatti di 68 grammi al giorno per gli uomini e di 66 grammi per le donne”, aggiunge il dott. Andrea Poli, Presidente NFI, nel corso del Media Tutorial SIMG/NFI organizzato al Circolo della Stampa di Milano. “Questi dati forniscono un’informazione basilare: è difficile immaginare di risolvere il problema del sovrappeso nella Penisola comprimendo semplicemente il consumo di zucchero”.

“Ecco perché le proposte di tassazione e/o limitazione delle bevande gassate, magari virtuose negli intenti, appaiono ingiustificate: non tengono conto della realtà”, commenta il dottor Ovidio Brignoli, Vicepresidente SIMG. “Sono ben altri i fattori che incidono sull’obesità, una patologia che colpisce ormai il 10% degli italiani: un paradosso, nella patria della dieta mediterranea”.

Inoltre, emergono altri aspetti significativi. “Il 45% dei maschi e il 33% delle femmine, ad esempio, non presta attenzione alle calorie che introduce, correndo ai ripari solo quando il grasso ha già iniziato ad accumularsi”, ha sottolineato Cricelli. “Ecco perché il medico di famiglia deve essere uno dei protagonisti di questo cammino, assolutamente necessario, verso la prevenzione. Conosciamo più di chiunque altro il paziente, la sua storia umana e clinica, il contesto familiare e sociale in cui vive. Inoltre, rappresentiamo la congiunzione tra territorio e ospedale. È nei nostri ambulatori che il cittadino deve trovare una risposta efficace alle proprie esigenze”.
“La prevenzione primaria è la chiave per riuscire a garantire, in futuro, l’accesso universale alle prestazioni mediche” aggiunge il dottor Brignoli. “Ed è in questa direzione che ci stiamo muovendo. Innanzitutto, dobbiamo formare i nostri membri perché comunichino in modo corretto i concetti ai pazienti: stiamo preparando una serie di schede descrittive sui cibi, sulle loro caratteristiche, sulle modalità di cottura, ecc. che faciliteranno la comprensione per tutti i nostri assistiti, anche i più anziani. È già pronto un network di 500-600 camici bianchi per assolvere questi compiti, con l’indicazione di raccogliere a ogni visita i dati relativi ai cittadini, per inserirli poi in un database strutturato. L’obiettivo è raggiungere i 30 milioni di persone, un progetto mai realizzato prima”.     
 
Viola Rita

27 gennaio 2014
© Riproduzione riservata


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