Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Venerdì 26 APRILE 2024
Studi e Analisi
segui quotidianosanita.it

Sanità digitale. Ricciardi: “Italia in ritardo, si agisca”. Il Covid traina il Fascicolo elettronico: 28 mln di attivazioni (erano 17 a maggio)

di Lucia Conti

La pandemia ha reso palese quanto sia urgente accelerare sulla digitalizzazione. Il cammino è appena cominciato, e deve prevedere la creazione di un sistema standardizzato, integrato e operativo in ogni punto del Paese. Se ne è parlato oggi al Forum Risk Management con Walter Ricciadi (Uni. Cattolica), Serena Battilomo (Min. Salute), Antonino Ruggeri (Regioni), Sandro Girolami (Confindustria Dispositivi medici) e Paolo Bordon (Ausl Bologna).

17 DIC - Il 40% degli italiani, pari a 28 milioni di persone, alla data di oggi, ha attivato il Fascicolo sanitario elettronico (Fsn). Può sembrare un risultato scarso a 8 anni di distanza dalla sua legge istitutiva (Dl 179/2012) e a distanza di 5 anni dal suo primo regolamento operativo (Dpcm 178 del 2015). Ma la straordinarietà di questo dato risiede nel fatto che solo fino a pochi mesi fa - “maggio” per l’esattezza - i Fascicoli sanitari elettronici attivati erano solo 17 milioni. Cosa ha spinto gli italiani, in questi 7 mesi, ad aderire a un sistema ignorato per anni? La risposta è il covid. Perché il covid ha messo davanti agli occhi di tutti - istituzioni, operatori e anche cittadini - l’importanza della sanità digitale, della raccolta dei dati, dell’interscambio di informazioni, della telemedicina. È giunto il momento, quindi, di fare un salto in avanti. Di dare una svolta epocale alla sanità digitale in Italia.

Ne sono convinti Walter Ricciardi (ordinario di Igiene all’università Cattolica del Sacro Cuore e presidente della World Federation of Public Health Association), Serena Battilomo (Dirigente informatico-statistico presso Ministero della Salute), Antonino Ruggieri (coordinamento Ict della Commissione Salute delle Regioni), Sandro Girolami (Confindustria dispositivi medici) e Paolo Bordon (Direttore generale Ausl Bologna), che oggi hanno partecipato alla sessione dedicata alla Sanità digitale nell’ambito del Forum Risk Management, in corso ad Arezzo ma fruibile in modalità virtuale in considerazione delle restrizioni anti-covid.

Duro il monito di Ricciardi: “L’Italia è in forte ritardo sull’innovazione. Nella classifica delle realtà più innovative, il nostro Paese non è rientra neanche nei primi 30 posti. Veniamo sorpassati da Paesi che fino a qualche anno fa non avremmo neanche immaginato potessero salire le classifiche, come Slovenia e Cipro. Siamo un Paese che non crea, e che neanche investe”.

Per Ricciardi, tuttavia, l’Italia, in materia di Sanità Digitale, “non parte da zero". E il covid, “con il cambiamento epocale, ha impresso un’accelerazione alle sfide”. Ma ci sono molti rubli deboli da risolvere. Il primo, quando si parla di digitalizzazione, è, secondo Ricciardi, “la frammentazione”. “Il nostro paese -Ha detto il presidente della WFPHA - ha annunciato già molti anni fa la rivoluzione digitale. Nel 2016 ha approvato anche un apposito Patto che mirava a rendere più efficienze, trasparente e sostenibile la sanità attraverso la digitalizzazione. Tuttavia, dopo i primi entusiasmi, qualcosa è andato storto. A frenare il processo è stata l’incapacità di creare un sistema fruibile e integrato. Un sistema unico in cui far confluire il mondo della sanità tutto. Abbiamo assistito, al contrario, a un fiorire di progetti singoli e frammentati che non hanno permesso alcuna ricaduta operativa, o comunque l’hanno permessa solo in ambiti molto circoscritti”.

Il terreno per compiere un salto in avanti per Ricciardi c’è. Lo dicono i dati stessi. Perché non è un caso se“il 41% dei cittadini usa app o wearable device per la salute. Se il 23% prenota le visita via web. E il 19% paga una visita online”. Se il 19% comunica con il medico via mila, il 17% via whatsapp e il 15% tramite Sms”. Non solo: “Più dell’8’% dei medici usa già oggi le e-mail per scambiarsi informazioni di tipo e oltre il 60% usa whatsapp”.

Anche il sistema sanitario raccoglierebbe importanti frutti dal “leggere in modo integrato i fenomeni sanitari che interessano i singoli cittadini”. Ma questo, evidenzia Ricciardi, è possibile solo se tutti i dati dei singoli cittadini sono messi a sistema.

Il presidente della WFPHA ha quindi lanciato un appello all’azione: “Bisogna coinvolgere tutti gli stakeholders, abbattere resistenze, creare una visione di sistema. Dobbiamo realizzare la giusta necessaria formazione, mettere in campo i necessari investimenti, far decollare la sanità digitale nel nostro Paese”.

A offrire un aggiornamento sullo stato dell’arte del Fascicolo sanitario elettronico è stata Serena Battilomo, dirigente del Ministero della Salute. Battilomo ha riferito come finalmente tutte le Regioni abbiano messo in piedi l’infrastruttura necessaria a sostenere il Fse. Ad oggi, quindi, sono 28 mln di Fse attivati per un totale di oltre 288 milioni di referti digitalizzati già archiviati. Parliamo di dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario, pregressi e presenti. Di referti e schede di dimissioni ospedaliere, di esenzioni e prescrizioni farmaceutiche, di verbali di pronto soccorso e di ogni altro tipo di informazione utile sulla nostra salute che passi attraverso le diramazioni del sistema sanitario nazionale.

A permettere questa accelerazione, ha spiegato la dirigente del Ministero della Salute, è stata anche l’eliminazione dell’obbligo del consenso dell’assistito all’alimentazione dell’archivio, oggi automaticamente aggiornato dalle strutture sanitarie, anche se l’opportunità di consultazione da parte del personale sanitario è soggetta al consenso dell’interessato.

Un grande passo, ha spiegato ancora Battilomo, è stato fatto anche in termini di rispetto della privacy. I relatori hanno voluto quindi rivolgere un ringraziamento al Garante, riconoscendo come in questi anni abbia fornito un supporto importantissimo alla realizzazione del Fse. “Nel suo ultimo parere, datato 15 dicembre - ha illustrato la dirigente del ministero -, ha offerto una soluzione anche a tutte quelle persone che presentano situazioni più sensibili, come nel caso di pazienti con Hiv/Aids o di donne che hanno eseguito l’ivg. Questi dati saranno caricati in modalità oscurata; saranno visualizzatili solo dal cittadino e sono lui potrà decidere se e come conviderli”.

Un tassello importante per l’efficacia del Fse sarà ora rappresentato dalla capacità di continuare ad alimentare gli archivi. Un ulteriore forzo dovrà essere compiuto nell’ambito della sanità pubblica, ma è soprattutto dalla componente privata che ci si aspetta un contributo forte. “Dovranno confluire nel Fse - ha spiegato Battilomo - tutte le prestazioni rese al cittadino, anche al di fuori del servizio sanitario pubblico”. In un’ottica di lungo periodo, l’aspettativa è che l’archivio digitale di ogni cittadino possa contenere ogni altra informazione utile al suo benessere, anche -perché no? - facendo confluire i dati di eventuali applicazioni fruibili attraverso gli smartphone come quelle che già molte persone usano per monitorare i livelli di sforzo durante l’attività sportiva.

La dirigente del ministero della Salute ha quindi annunciato che a “breve verrà lanciata una campagna rivolta alla popolazione, in tutte le Regioni, per informare sul Fse, che potranno comprendere come gestire i dati ed eventualmente opposti al caricamento della retroazione pregressa”. L’auspicio, ovviamente, è quello di rafforzare la fiducia dei cittadini nel Fse e renderli anche protagonisti di questa raccolta di dati. A questo scopo nel Fse è previsto un “Taccuino”, cioè una apposita sezione in cui è il cittadino stesso a poter caricare la documentazione sulle sue condizioni di salute che ritiene utile condividere con gli operatori e il sistema sanitario, indipendentemente dalla Regione di residenza.

“Ci auguriamo che il 2021 sia l’anno in cui il Fse diventi per ogni assistito uno strumento e una realtà. Con Regioni siamo lavorando perché il Fascicolo diventi uno strumento per anche per accedere ai servizi, per entrare dentro il servizio sanitario nazionale e regionale e poter usufruire di tutto quello che il sistema assistenziale più offrire in maniera tempestiva e appropriata può offrire”, ha concluso Battilomo accennando al fatto che è già in cantiere un progetto per allargare la finalità del Fse oltre i confini nazionali, creando uno strumento di consultazione e interoperatività a livello Europeo.

Il rappresentante delle Regioni, Antonino Ruggieri, ha condiviso le parole di Battilomo. "Per noi - ha puntualizzato - il Fse rappresenta un punto di partenza, non di arrivo. Lo scopo è rispondere alle esigenze di salute dei cittadini, il Fascicolo è uno degli strumenti per riuscirci. Per smettere di ragionare a silos”.

Questo salto culturale deve investire, secondo Ruggieri, tutto il sistema e la Pubblica Amministrazione. E concretizzarsi in modelli di presa in carico innovativi, in grado di integrare tutti i tasselli utili del puzzle che compone la vita dei cittadini. “A livello sanitario parliamo di integrazione del livello di prevenzione, distretto, ospedale, territorio e domicilio. Perché gli ultimi mesi ci hanno insegnato che, a volte, la sanità per essere efficiente deve allontanarsi dall’ospedale e avvicinarsi alla casa del paziente. A regime il Fse potrebbe diventare il volano del cambiamento”.

Anche per Ruggieri avere compiuto alcuni passi in avanti non significa, tuttavia, avere raggiunto il traguardo. Pesanti, ancora, le disomogeneità tra le Regioni anche in questo frangente. “Ma la distanza - ha evidenziato il rappresentante delle Regioni - non risiedere nell’infrastruttura, oggi a disposizioni di tutti. A fare la differenza è la capacità delle strutture sanitarie di mettere a disposizione referti e documenti digitalizzati da inserire nel Fse”. Per rendere il Fse “manca veramente poco. Dobbiamo alimentare la documentazione clinica, renderla digitale e archiviarla. Quindi informare i cittadini del grande valore raccolto e messo a disposizione. E contribuire ad renderlo più utile ed efficiente attraverso il taccuino”.

Sandro Girolami ha quindi voluto rivolgere l’attenzione sul contributo che la digitalizzazione può care anche alla gestione delle malattie croniche, ambito in cui oggi la digitalizzazione è più assente che mai. “Le diagnosi - ha detto Girolami - avvengono in ospedale, dove la digitalizzazione è mediocre. La fase di follow up attiene agli ambulatori ospedalieri, dove digitalizzazione è scarsa. Ma la gestione quotidiana e la fase di autocontrollo avviene a livello domiciliare, dove digitalizzazione è addirittura inesistente. Eppure il contributo che può dare in questo ambito è davvero enorme. Con risvolti importantissimi sull’efficientamento del sistema e sulla qualità di vita dei pazienti”.

Il paradosso, per Girolami, è che “viviamo in un mondo in cui già oggi siamo tutti connessi, ma in cui c’è anche una scarsa condivisione dei dati. Le conseguenze di questa mancata visione di sistema? E’ sono gli occhi di tutti: duplicazione delle informazioni, duplicazione delle prestazioni con costi maggiori per Ssn, proliferazione di soluzioni non strutturate e spesso non certificate, analisi dei dati che nel migliore dei casi è confinata al proprio ambito, scarsa se non inesistente misurazione dell’efficacia e dell’efficienza dei processi di cura”.

Insomma, c’è bisogno di digitalizzazione. E di formazione del personale. Magari, è l’auspicio dei relatori, anche introducendo la materia nei percorsi accademici.

Per il Dg dell’Ausl di Bologna, Paolo Bordon, gli strumenti e le opportunità descritti nel corso della giornata di lavoro “ci mettono nelle condizioni di guardare con un po’ di positività al nostro futuro. Si stanno formalizzando strumenti attesi da molti anni. E che telemedicina entri a pieno titolo come nei Lea è sicuramente un passo avanti”. Bordon ha quindi voluto evidenziare come l’Ausl di Bologna abbiano già da alcuni anni messo in modo un processo di digitalizzazione anni dei dati. “Ci apprestiamo a completare questa opera cn il contributo dei soggetti privati che operano nella nostra realtà territoriale”.

Bordonha quindi voluto evidenziare come la Ausl che lui guida sia costituita da una città metropolitana di medio-grande dimensioni, Bologna, ma anche da numerose località periferiche e di montagna. “Parlare di telemedicina per cittadini di questi centri più isolati - ha osservato il manager - è pi più importante che mai. Perché significa garantire la presa in carico in ogni parte del Paese. Evitando inutili spostamenti, che sono disagi per i cittadini ma anche una complicazione per il sistema in termini di accessi alle strutture”.

Da Bordon è quindi giungo un forte richiamo: "Perché in molti casi per garantire questa assistenza non servono chissà che infrastrutture. Serve un salto culturale. Serve comprendere che si tratta di una importante opportunità che non sostituisce l’assistenza fisica, ma la affianca. Che non minaccia la professionalità dei nostri operatori ma la integra e la valorizza”:

Lucia Conti

17 dicembre 2020
© Riproduzione riservata


Altri articoli in Studi e Analisi

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy