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Troise (Anaao): “Per salvare il Ssn non si possono chiedere sacrifici solo ai medici”


14 FEB - Dottor Troise, condivide le posizioni espresse dal presidente dell’Agenas sulla necessità che la politica ceda il passo ai tecnici almeno nelle Regioni in deficit?
Mi sento di condividere la prima opinione che il presidente dell’Agenas, Giuseppe Zuccatelli, esprime e cioè che è assurdo che chi determina un disavanzo in certe Regioni sia poi chiamato al risanamento nominando i Direttori generali.
Ancora, non posso non condividere quanto dice Zuccatelli e cioè che la politica, quando si determinano situazioni di questo genere, debba fare un passo indietro.
E riguardo alla responsabilità dei medici sull’inappropriatezza?
Condivido il richiamo all’appropriatezza e uno dei nodi per realizzare l’appropriatezza sta nei comportamenti professionali dei medici.
Non da oggi l’Anaao sostiene che una politica di contenimento dei costi necessita di cambiamenti nei comportamenti professionali, nelle procedure cliniche e nelle modalità prescrittive. Questo ragionamento però andrebbe condotto fino in fondo, individuando la necessità di cambiare anche il modello di governance e aprendo, dopo venti anni, una riflessione su ciò che questo modello ha dato e su ciò che non può più dare. Riconoscere che i professionisti sono necessari anche per realizzare equilibri di bilancio significa riconoscere che la logica dell’azienda è ormai arrivata al capolinea insieme con l’illusione di voler governare la complessità del mondo sanitario con i soli strumenti della cultura aziendalistica.
 
Sarebbe pronto a sottoscrivere un Patto con Regioni e ministero per salvare il Ssn, come propone Zuccatelli?
Credo anch’io che ci sia bisogno di un patto con i professionisti, un patto tra coloro che vedono nel Ssn un valore e un patrimonio di questo Paese da salvare. Mi fa piacere sentirlo dire da lui, perché, per molto tempo ho pensato che soltanto i sindacati medici avessero a cuore le sorti del Ssn mentre da altre parti ci si arrendeva ad una deriva regionalistica che ora sta mostrando tutti i suoi limiti. Se il rischio è quello di perdere il Ssn, occorre che tutti facciano un passo in avanti ragionando insieme, sapendo che, come dice il ministro Balduzzi, se non c’è la partecipazione dei medici non si va da nessuna parte.
Finora invece, tutti hanno parlato dei medici e di quello che devono fare, ma con noi non ha parlato nessuno: tutte le lettere, gli appelli e i richiami che abbiamo fatto alle Regioni per aprire un tavolo che analizzasse i determinanti di un nuovo patto sociale con i professionisti sono rimaste lettera morta.
I medici sono disponibili a ragionare sul cambiamento ma a condizione che anche gli altri attori si mettano in gioco. Perchè è assolutamente chiaro che un ragionamento in cui si individua in un solo attore il soggetto del cambiamento necessario, scaricandogli la responsabilità di tutto ciò che non va, chiamando fuori la politica e le Regioni, è monco.
 
Nell’intervista, Zuccatelli esprime un giudizio severo sull’intramoenia allargata. Qual è il suo parere?
Sull’intramoenia allargata mi incuriosisce il termine che usa, “favorire”, come se questo istituto fosse un favore fatto ai medici. Questo è un vecchio retropensiero dei Direttori generali e delle aziende, che immaginano la libera professione non come un’attività istituzionale, fonte anche di finanziamento, ma come un favore fatto ai medici. Questo istituto andrebbe invece valorizzato anche come possibilità di drenare risorse che dal privato vanno a vantaggio del pubblico.
Insomma, se questo ragionamento vuole essere un tentativo di apertura ben venga, se invece ci si limita a individuare nel personale un’area da colpire non mi sta bene.
 
E riguardo al numero dei medici? Pensa anche lei che siano troppi?
Mi pare curioso l’elogio al blocco del turn over, che è stato organizzato in maniera indiscriminata e cieca senza individuare le vere esigenze, quando è lo stesso ministro a riconoscere la necessità di ragionare per aree di intervento.
La ricetta proposta di ridurre il numero di medici per colmare i vuoti che la gobba demografica sta creando, e creerà ancor di più nei prossimi anni, nelle file del Ssn, mi sembra una ricetta semplicistica che mira soltanto a far cassa. Pensare di sostituire competenze mediche con competenze di professioni non mediche che hanno il vantaggio di costare meno mi pare una pia illusione.
Se su questi temi l’Agenas volesse avviare un confronto con i medici, noi siamo disponibili. Da tempo cerchiamo di promuovere un dibattito ad ampio raggio, senza limiti né tabù, ma con la disponibilità a cambiare a condizione però che anche gli altri soggetti mettano sul tavolo cambiamenti veri.
Se il bene del Ssn sta a cuore a tutti è urgente promuovere un’iniziativa per definire i tempi, le modalità e gli strumenti per metterlo al riparo da un definanziamento che nei prossimi anni rischia di strangolarlo e da una deriva regionalistica che sta creando diseguaglianze a tutti i livelli.


14 febbraio 2012
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