Nuove prospettive per terapie oncologiche a misura di over 65
Un malato di cancro su 3 ha più di 70 anni e questi numeri sono destinati ad aumentare. Oggi l’età non è quasi più un limite alle terapie oncologiche. Chemioterapie a minore tossicità, terapie biologiche e fattori di crescita offrono nuove speranze.
06 OTT - Anziani e tumore: una vera emergenza con cui fare i conti. Ogni anno in Italia sono circa 250mila i nuovi casi di tumore e di questi il 60% riguarda gli over 65. Il rischio di sviluppare una patologia oncologica negli anziani è circa 40 volte maggiore rispetto alle persone tra i 20 e i 40 anni e 4 volte superiore rispetto ai 45-65enni. Un problema destinato a crescere nei prossimi anni, a causa dell’aumento dell’età media della popolazione e una realtà con la quale i medici si stanno confrontando per comprenderne difficoltà e bisogni.
“I soggetti in età geriatrica rappresentano una quota in crescente e rapido aumento tra i pazienti neoplastici – ha dichiarato Riccardo Ghio, direttore del reparto di Medicina Interna 3 dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino di Genova -, ma a tutt’oggi le linee guida e i trials clinici relativi alle modalità di diagnosi e cura delle neoplasie in età geriatrica sono ancora insufficienti”.
Per curare in maniera adeguata una persona anziana affetta da tumore è necessario un approccio integrato che consideri tutti i diversi aspetti del malato.
“L’invecchiamento è frequentemente associato ad altri problemi di salute e al declino della funzionalità di organi e apparati. Una vulnerabilità fisica – ha sottolineato Ghio - a cui si sommano spesso problemi di natura psicologica e familiare. Occorre ottimizzare l’iter diagnostico con lo sviluppo di trattamenti a bassa tossicità che tengano conto della qualità della vita durante tutte le fasi della malattia”.
Ma se fino a qualche anno fa il destino di una persona anziana malata di tumore o di altra patologia cronica era spesso quello di finire ‘parcheggiata’ in un letto di ospedale, oggi la situazione è cambiata.
“Fino a dieci anni fa un paziente anziano era quasi escluso a priori da un trattamento chemioterapico con finalità risolutive o di prolungamento della vita – ha ricordato Ghio - oggi invece si cerca di praticare una scelta tra qualità di vita e possibilità di riuscita delle terapie. Inoltre abbiamo sempre più armi a disposizione, le nuove chemioterapie a minore tossicità e le terapie biologiche”.
Eppure ancora oggi il paziente anziano viene escluso dalla sperimentazione clinica dei farmaci antitumorali; ne consegue che la scelta della cura sia spesso basata su protocolli messi a punto in sperimentazioni cliniche che per definizione escludono coloro che hanno più di 65 anni.
“Molte sperimentazioni arrivano fino a 65 anni anche se adesso si tende a valutare l’età biologica – ha spiegato il direttore di Medicina Interna del San Martino di Genova -. L’invecchiamento è un processo individualizzato e non si esprime sempre nel numero di anni di un singolo individuo. Pertanto, la valutazione della reazione di un paziente al trattamento non può essere basata esclusivamente sull’età anagrafica”.
Ma come adattare le terapie all’età e alla risposta del paziente?
“Occorre individuare schemi terapeutici adatti, ponendo particolare attenzione all’identificazione dei pazienti fragili per i quali un trattamento anche moderatamente tossico potrebbe essere mal tollerato e soprattutto non portare a benefici in termini di controllo della malattia, vista la rilevanza delle patologie concomitanti – ha proseguito -. Si tratta di scegliere una terapia tagliata sul paziente, di essere rigorosi nelle cure senza anteporre il protocollo al paziente”.
Buone notizie per gli over 65 arrivano dai laboratori di ricerca e dalle sperimentazioni cliniche. Oggi si aprono nuovi spazi di cura per il trattamento dei tumori senili. Sono disponibili, infatti, nuove tipologie di farmaci come i fattori di crescita che hanno permesso di trattare, anche con dosaggi elevati, il paziente. O ancora i farmaci biologici, che determinano effetti tossici più contenuti e tollerabili rispetto a quelli causati dai chemioterapici tradizionali. “Per esempio – ha concluso Ghio - nel campo dei linfomi l’introduzione di un farmaco specifico monoclonale che colpisce specificamente i linfociti B ha permesso di applicare una terapia molto meno tossica a vantaggio del paziente anziano; nella leucemia mieloide cronica per i pazienti che rispondono a un determinato farmaco l’aspettativa di vita è passata da 3 a 10-15 anni”.
06 ottobre 2011
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