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Come affrontare i cambiamenti nelle Asl? Ecco i laboratori di autoapprendimento organizzativo 

Nello specifico, il LAO ha per obiettivo l’elaborazione di un contributo, utile a superare una difficoltà o ad attuare un cambiamento, che si sviluppi da una riflessione su successi e fallimenti di precedenti cambiamenti organizzativi e sui fattori che li hanno facilitati o ostacolati. Sulla base di questo approccio innovativo  Federsanità ANCI ha sottoscritto una convenzione con Dedalo 97, che prevede di applicare la metodologia LAO; nelle realtà, laddove già si è sperimentata.

26 FEB - Nelle Aziende della sanità sono in atto contraddittori processi che ne mettono in discussione strutture e modalità organizzative consolidate: maggiore specializzazione ma maggiore integrazione; autonomia e capacità di lavorare in equipe e relazioni sempre più in rete; più innovazione e creatività e più efficienza.

Partendo da un sintetico “dizionario”, che serve a descrivere la complessità di sistemi, sottoposti a forti pressioni ambientali (riorganizzazioni, ridefinizioni delle mission aziendali, vincoli economico-finanziari, …), si prova a offrire risposte che siano in grado di affrontare quell'insieme di atti contraddittori prima descritti.

Un Laboratorio d’Autoapprendimento Organizzativo (LAO) propone a un gruppo qualificato di professionisti d’utilizzare il loro patrimonio di conoscenze, inesplorate e implicite nelle loro esperienze. Nello specifico, il LAO ha per obiettivo l’elaborazione d’un contributo, utile a superare una difficoltà o ad attuare un cambiamento, che si sviluppi da una riflessione su successi e fallimenti di precedenti cambiamenti organizzativi e sui fattori che li hanno facilitati o ostacolati.

Sulla base di questo approccio innovativo, elaborato da Dedalo '97, Federsanità ANCI ha sottoscritto una convenzione con la stessa Dedalo 97, che prevede di applicare la metodologia LAO; nelle realtà, laddove già si è sperimentata.
Ad oggi, i risultati sono stati molto positivi.
 
Ma ecco qui un piccolo dizionario della complessità:

Aziende come sistemi complessi
I Sistemi Complessi hanno tutti una configurazione a rete. Ragnatele di relazioni collegano i loro componenti che possono essere parte di più reti. Avviene così in una cellula e in ogni vivente: pianta, animale, ecosistema, sistema sociale. Vitalità e durabilità di un sistema complesso dipendono dalla sua capacità di interagire con l’ambiente in cui è immerso e dalla sua capacità di mantenere una dinamica di reciproco influenzamento tra i suoi componenti. Riceve dall’esterno input che lo sollecitano a evolvere, spesso in modo poco prevedibile. Riesce a vivere, evolvere e svilupparsi solo se assicura al suo interno una dinamica d’integrazione. Per molti aspetti assai significativi, le aziende della sanità sono sistemi organizzativi complessi. Esse reagiscono continuamente agli input che ricevono e impiegano molto tempo e molte energie per mantenere la propria identità e la capacità d’assolvere alla loro funzione. Sollecitate a evolvere, aggiornano nel tempo organizzazione, modalità di funzionamento e sistemi di cura.
Aziende come sistemi integrati
All’interno delle aziende della sanità specializzazione e complementarietà sono all’ordine del giorno. In esse convivono decine di figure professionali e di specialisti. Comunemente, le prestazioni sanitarie includono, oltre a quelle dell’erogatore finale, quelle di altri professionisti e/o servizi. La maggior parte delle attività dipende sia da performance individuali, sia da quanto e come sevizi e professionisti riescono a integrarsi e a cooperare tra loro. Specializzazione e complementarietà generano, così, un’interdipendenza che ostacola il funzionamento dei sistemi di cura e/o di loro parti. Ciò appare evidente quando si richiede a dei professionisti, per nulla formati, e poco abituati a “lavorare insieme”, di cooperare all’interno di forme organizzative orizzontali e innovative come case della salute, ospedali basati su intensità di cura, aggregazioni di medici di famiglia, ecc. che richiedono un alto grado d’integrazione. Come ogni organizzazione complessa, le aziende della sanità funzionano grazie alla loro organizzazione formale ma anche, e soprattutto, grazie a una rete non schematizzabile di relazioni informali che permette ai suoi sottosistemi, subsistemi e componenti individuali di collaborare tra loro ricorrendo a modalità operative non previste da norme e regolamenti.

Conoscenza esplicita
La conoscenza esplicita è fondamentale per l’assunzione di ruoli e competenze organizzativo –professionali, per assicurare il regolare svolgimento di attività processuali e di routine e per dare certezza, stabilità e continuità operativa. È un insieme di conoscenze e informazioni scientifiche, tecniche, organizzative ben codificabili. È il sapere proprio di professioni, discipline e specializzazioni, che, ben codificato con un linguaggio tecnico, può essere trasferito da un individuo ad altri, sia direttamente, attraverso una lezione o un seminario, sia utilizzando dei media; un libro, un documento, un manuale, un filmato, ecc .

Conoscenza implicita
La conoscenza implicita è un intreccio di sapere, saper fare e saper essere. Autopoietica, è generata dall’esperienza d’individui e di reti e comunità di pratica. Difficile da formalizzare e da trasmettere, è definita anche tacita poiché, se non espressamente comunicata, rimane tacitamente implicita nell’esperienza individuale. Non riguarda le caselle dell’organigramma, ma il “come fanno ciò che sanno” coloro che le abitano. È gran parte dello specifico know how di ogni azienda, cioè, del come, how, in essa individui e gruppi e professionali svolgono il 60-70%, comunque la maggioranza, delle loro attività. Poco controllabile dalla gerarchia e dal centro, genera innovazione, comportamenti e prassi di fatto che possono sostituire attività e regole formalmente definite. Spesso sottovalutata, se non ignorata, quando esplorata, può rivelare modelli mentali e comportamentali vigenti di fatto in un’azienda e/o fattori di apertura e/o di resistenza all’innovazione e a cambiamenti organizzativi.  
 
Aziende basate sulla conoscenza
Lo sviluppo della società e della medicina ha comportato un aumento generalizzato della speranza di vita e nuove domande di salute. Gestione e cura dei pazienti si sono fatte più articolate e complesse. Più servizi e più operatori devono coordinarsi per gestire non solo pazienti anziani, ma anche pazienti polipatologici, complessi e fragili, “pazienti per sempre” come emodializzati, diabetici, medullolesi, oncologici, in età evolutiva, in riabilitazione, con problemi psichiatrici o di dipendenza, ecc. Le aziende della sanità sono organizzazioni basate sulla conoscenza e modelli di tipo tayloristico si attagliano sempre alla loro crescente complessità organizzativa. La loro base “operaia” è sempre più ridotta. Svolge alcune attività di tipo industriale, gestibili in termini processuali e sempre più affidate all’esterno (trasporti, gestione della biancheria, di cucine e mense, ecc). Sono caratterizzate da una componente professionale largamente preponderante e da un’intelligenza molecolare e da una capillare distribuzione di conoscenze e competenze. La maggior parte delle attività di cura e assistenza sono poco standardizzabili e poco gestibili in termini processuali. Gli operatori della sanità sono “lavoratori della conoscenza” che utilizzano informazioni, segni, simboli. Non eseguono solo procedure prescritte ma utilizzano esperienza e conoscenze in essa implicite. Lavorano, fondamentalmente, secondo a ruoli e sceneggiature più o meno ampie e definite. Non possono non imparare continuamente. Infatti, come professionisti hanno la responsabilità di gestire, aggiornare e innovare attività complesse. Efficacia, qualità, efficienza, appropriatezza e sicurezza delle prestazioni, dipendono largamente e direttamente, dai loro comportamenti e dal loro ruolo cruciale di responsabili ultimi delle proprie decisioni e azioni e dell’effetto che le stesse hanno sulla salute e, spesso, sulla vita dei pazienti.

Appropriatezza e complessità
Oggi, chi è chiamato a dirigere un’azienda affronta problemi complessi la cui soluzione dipende da una molteplicità di variabili difficili da mettere sotto controllo. Ad esempio, nel caso del contrasto all’inappropriatezza prescrittiva di farmaci le variabili in gioco sono: norme nazionali, regionali e locali, cultura ed esperienza del prescrittore, ruolo d’internet e dei mass media, medicina difensiva, variabilità biologica, comorbilità, linee guida più o meno restrittive o assenti, marketing delle case farmaceutiche, aspettative e situazione economica dei pazienti, presenza o meno di controlli, strategie sindacali, variazioni della definizione patologica di parametri, vincoli di spesa, e altre ancora.

Problemi complessi
Nell’esempio fatto solo alcune variabili sono controllabili dall’interno d’una azienda, molte altre sono riconducibili a turbolenze e discontinuità che intervengono nei sistemi sociali ed economici. Variabili interne e esterne sono molte, troppe e tra loro interdipendenti così che gli effetti delle loro interazioni sono poco prevedibili. Mettono in gioco molti attori e portatori d’interessi. Ciò spiega perché le aziende falliscono quando affrontano con logiche lineari problemi legati a continuità assistenziale, efficienza, rischio clinico, gestione di pazienti complessi o fragili, percorsi diagnostico assistenziali, appropriatezza, liste d’attesa, lavoro in rete, ecc. In tutti questi casi anche se possediamo molti dati e informazioni, infatti, non disponiamo di soluzioni pronte all’uso, già sperimentate, replicabili indipendentemente dalla specifica realtà d’ogni azienda.

Sistemi direzionali in crisi
Anche se avvertono la complessità dei problemi che devono risolvere molti sistemi direzionali della sanità, regionali e aziendali, soprattutto quelli più centralizzati e generalizzanti, utilizzano teorie e modelli manageriali “in uso”, che, rassicuranti, precludono loro la possibilità d’esplorare e utilizzare quel patrimonio aziendale d’esperienze, vissuti e conoscenze da cui potrebbero trarre contributi e indicazioni utili al cambiamento e all’innovazione. Ancora oggi, nel mondo del management della sanità, credono al mito dell’ingegneria organizzativa e, nel tentativo d’ingabbiare l’orizzontalità nella verticalità, elaborano modelli e organigrammi sempre più complicati. Ma, come una cartella clinica non potrà mai contenere la realtà d’un paziente, così, la fissità di un organigramma non potrà mai rappresentare la dinamica complessità d’una azienda
Un’azienda della sanità è, infatti, un sistema complesso, dinamico che, grazie all’esperienze dei suoi professionisti, apprende e evolve e rinnova in continuazione i suoi sistemi organizzativi e di cura. Non tutte le aziende riescono ciò. In alcune si creano condizioni favorevoli a questo apprendimento e al cambiamento. In altre queste condizioni non ci sono o ci sono solo limitatamente.
    
CHI APPRENDE CHE COSA
La cultura è efficienza
Efficacia, efficienza, corretta indicazione, qualità, sicurezza e integrazione di attività e prestazioni sono complementari e inscindibili. Alti livelli d’efficienza sono inutili senza efficacia e corretta indicazione; l’integrazione diventa inutilmente dispendiosa se non genera efficacia, efficienza e corretta indicazione; non c’è efficacia senza corretta indicazione …. Il problema dell’efficienza o quello dell’efficacia, quando estratti dal groviglio di problemi cui sono interconnessi, sono un’astrazione. Efficacia, efficienza, corretta indicazione, qualità e integrazione non s’installano. Prima che nelle “mani” dei professionisti stanno nella loro testa. Stanno nella cultura aziendale e nei modelli comportamentali in essa socializzati che influenzano come si giocano partite fondamentali che riguardano, ad esempio, il lavoro interdisciplinare, le cure di pazienti fragili e complessi, la continuità assistenziale, il rischio clinico, l’appropriatezza … che hanno evidenti ricadute su costi e funzionamenti in termini di medicina difensiva, sovra prescrizione, duplicazione d’indagini, disservizi, prolungamento di degenze, spreco di risorse, difesa di corporativa di competenze, burocratizzazione, ecc.

La formazione tradizionale
Sanità, scuola, trasporti, come altri servizi pubblici, sono sollecitati a contenere i costi e a mantenere livelli di prestazioni comunque accettabili per l’utenza. Crisi economica e tagli alle risorse hanno accelerato questa dinamica. Hanno trasformato la vita delle aziende della sanità, pubbliche e private, in un’incessante ricerca d’efficienza. Spesso i loro sistemi direzionali ritengono che l’unica soluzione sia “produrre” di più e non meglio o anche meno, ma con più qualità e appropriatezza. Può accadere che i manager della sanità, anche quando vogliano promuovere la partecipazione dei loro “dipendenti”, possano avere fondati motivi per diffidare di contributi ispirati alla difesa d’interessi consolidati e di parte. Spesso, però, anche quando non sussista questa difficoltà, per realizzare dei cambiamenti o risolvere un problema, scelgono, comunque, di ricorrere all’importazione di modelli organizzativi da installare in azienda e “fatti apprendere” grazie a corsi di formazione di tipo tradizionale. Si precludono, così, la possibilità di elaborare soluzioni che nascano dal coinvolgimento dei loro professionisti che si trovano a percorrere una scorciatoia “formativa” in cui giocano il ruolo doppiamente passivo di dipendenti e discenti e, spesso, a sviluppare un senso di estraniazione e delle resistenze al cambiamento.

Apprendimento e cambiamento organizzativo
L'apprendimento organizzativo coinvolge dei professionisti, degli adulti ai quali si richiede la capacità e la disponibilità a rivedere non solo delle loro conoscenze, ma anche dei loro modelli mentali e comportamentali, sociali e individuali. Sarebbe ingannevole ritenere che un’azienda metabolizzi un cambiamento o superi una difficoltà grazie a un programma lineare di azioni sequenziali. Nessuna azienda è mai del tutto identificabile con la sua organizzazione formale e i cambiamenti organizzativi non richiedono apprendimenti solo di tipo tecnico. Richiedono, soprattutto, l’attivazione di una sorta d’eco-auto-apprendimento che, generata da un’interazione, tra comunità di pratica, reti e gruppi, non solo professionali, produca nell’insieme dei professionisti d’una azienda, tra resistenze e consensi, quella modificazione di modelli mentali e comportamentali necessaria al cambiamento organizzativo atteso.
 
GLI ESPERTI SIETE VOI
“Gli esperti siete voi” è l’assunto dei Laboratori d’Autoapprendimento Organizzativo (LAO).

I Laboratori d’Autoapprendimento Organizzativo
I professionisti chiamati a partecipare a un LAO ne sono i protagonisti. Essi sono “esperti di campo” che, abitando nel profondo e alla periferia di un’azienda, possono percepire, in anticipo rispetto al “centro”, innovazioni e cambiamenti intervenuti al suo interno e nell’ambiente esterno. Sulla base d’un mandato e di una tempistica predefiniti, un’azienda committente chiede a un gruppo qualificato di “esperti” d’elaborare un contributo che, generato da loro esperienze e vissuti, sia utile a risolvere un problema, raggiungere un obiettivo, avviare un cambiamento, elaborare una strategia che possono riguardare l’azienda stessa o un suo dipartimento, una sua unità operativa complessa e/o più unità operative attività coinvolte in delle stesse attività.
 
Un LAO è sviluppo organizzativo e professionale
Partecipare a un LAO è un’occasione di sviluppo organizzativo, professionale e personale. È uno spazio e un tempo dedicati alla riflessione in cui i partecipanti acquisiscono consapevolezza dell’importanza di assunti di base e modelli mentali e comportamentali socializzati nella loro azienda. Scoprono quanto essi siano dei veri e propri filtri cognitivi che influenzano non solo il loro modo d’interpretare il contesto in cui operano e il ruolo che in esso giocano, ma anche il modo in cui adottano comportamenti professionali e organizzativi. I partecipanti ad un LAO, interagendo tra pari, in un clima di stima e fiducia, scoprono che quelle differenze e varietà di ruoli, cultura e funzioni, normalmente considerate un ostacolo al collaborare, siano in effetti la ricchezza che permette a un’azienda d’assolvere le sue molteplici funzioni che vanno dall’erogare prestazioni di cura e assistenza, alla prevenzione, alla promozione della salute delle comunità e delle persone sane e/o malate. Essi riescono a comprendere che stima, dialogo e ascolto reciproci sono il presupposto per cooperare tra servizi e professionalità diverse. Riflettono sulle ricadute che possono avere sull’azienda nuove tecnologie e innovazioni tecniche. Si riconoscono capaci d’avanzare proposte basate su conoscenze aggiornate e sull’esperienza da loro maturata e non solo su presupposti teorici. Rendono possibile l’emergere di nuove mappe concettuali che, se socializzate, da un lato contribuiscono a superare delle resistenze al cambiamento e dall’altro favoriscono nuove modalità organizzative e la soluzione di problemi presenti nelle loro attività quotidiane e nel funzionamento dell’azienda e/o di suoi sottosistemi.

Un LAO è valore aggiunto
Nelle organizzazioni basate sulla conoscenza, la capacità d’ascolto e quelle di facilitare e incoraggiare processi d’autoapprendimento e d’ottenere dei contributi dai propri professionisti, sono oggi competenze chiave del management. Al di là di luoghi comuni, per un’azienda un cambiamento di comportamenti professionali e organizzativi è faticoso e lento. Spesso suscita resistenze, anche molto forti, dovute a dinamiche di potere, a interessi consolidati, a posizioni economiche, a modelli culturali, a interferenze della politica, a interessi particolari di professioni o di categorie professionali, e, spesso, più semplicemente, ad abitudini e tradizioni consolidate.

Evoluzione e cambiamento richiedono una visione dell’azienda e ipotesi di lavoro condivise, svelamento di resistenze e ostacoli, mobilitazione d’energie e volontà positive. La metodologia LAO punta ad attivare energie e conoscenze che, presenti in un’azienda, sono spesso ignorate. Propone di non limitarsi alla ricerca di un sistema per far fare qualche cosa a qualcuno. Considera ogni azienda un sistema capace d’autoapprendere dalla propria esperienza e d’auto-generare nuova conoscenza. In un LAO i partecipanti sviluppano il loro senso d’appartenere ad un’azienda che li responsabilizza, che li chiama a partecipare, ad attingere alla loro esperienza per dare un contributo utile a superare una difficoltà. Si percepiscono come “agenti” che, capaci d’interazioni individuali e sociali, possono condizionare e favorire o meno un cambiamento atteso. Sono motivati a condividere proposte da loro elaborate. Rispetto a forme tradizionali di formazione, un LAO, in tempi brevi e a costi contenuti, genera proposte difficilmente immaginabili e prescrivibili dall’alto e, soprattutto, consonanti con la cultura e la realtà dell’azienda committente in quanto scaturiscono dal suo interno e da una rielaborazione socializzata d’assunti e modelli mentali e comportamentali, individuali e sociali, in essa consolidati.
 
Fulvio Forino
Presidente dell’Associazione Dedalo 97

26 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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