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La stabilità di Renzi e i ticket. Cronaca di un falso (quasi) scoop

di C.F.

23 OTT - E’ stato il leghista assessore al Bilancio della Lombardia Massimo Garavaglia a lanciare la prima pietra: “La legge di stabilità prevede un aumento automatico di addizionali Irpef e Irap, ma i presidenti e le giunte possono anche scegliere di agire sui ticket''. Vero? Sì. Ma è sbagliato e fuorviante creare un automatismo, nel quale sono purtroppo caduti in molti, tra possibili nuovi ticket e legge di stabilità.
 
Di ticket, infatti, nel testo approdato al Quirinale non c’è traccia. La legge si limita a sottolineare che la sospensione degli aumenti delle tasse locali per il 2016 non riguarderà le aliquote Irpef e Irap che da anni, purtroppo, aumentano in quasi tutte le Regioni in deficit sanitario in base ad automatismi e decisioni regionali previsti da precedenti normative al fine di supportare con entrate locali “fresche” le azioni delle Regioni per risanare i propri bilanci di Asl e Ospedali in rosso. Se servirà, quindi, le Regioni potranno o dovranno (nel caso degli aumenti in automatico) incrementare anche nel 2016 le addizionali fiscali locali per far fronte ai disavanzi.
 
Ma da qui a dire che l’aumento dei ticket scatterà in automatico c’è un bel po’ di strada. La decisione di aumentarli o meno spetta solo alle Regioni che, realisticamente, potrebbero ricorrervi solo qualora non riuscissero, neanche dopo gli aumenti fiscali, a sanare i propri deficit sanitari. E questa sarebbe colpa del Governo? Penso onestamente che un caso del genere andrebbe esclusivamente imputato all’incapacità di mettere i conti in regola dopo anni di interventi e programmi di risanamento sbandierati ai quattro venti.
 
In ogni caso, per togliere gli ultimi dubbi sulla questione, è bene ricordare che le Regioni hanno da anni la potestà di aumentare (ma anche di togliere) i ticket sanitari. E questa è diventata una loro prerogativa soprattutto dopo l'abolizione dei ticket nazionali decisa dal 2000 dall'allora ministro della Sanità Umberto Veronesi.
 
Dopo pochi anni di tregua la necessità di fare cassa con i ticket portò infatti alla loro ricomparsa in sede locale e nazionale. Un vero e proprio “rinascimento”. In un crescendo di imposizioni che ha portato ormai a un ammontare della compartecipazione alla spesa dei cittadini alla spesa sanitaria, tra ticket nazionali (specialistica e pronto soccorso per codici verdi) e regionali (farmaceutica) pari a più di 3 miliardi di euro l’anno (vedi nostro dossier).
 
Un giochino al quale partecipano tutte le Regioni (tranne 4 – Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Marche e Sardegna - che non hanno ticket regionali, ma solo per quanto riguarda i farmaci) sbizzarrendosi tra l’altro in un ginepraio di modalità diverse sia nella riscossione che negli importi, tanto da poter parlare di una vera e propria “giungla dei ticket”.
 
Quindi i ticket, al momento, e in attesa dell’agognata riforma annunciata dal Patto per la Salute di cui si sono però perse le tracce, sono vivi e in buona salute “a prescindere”, direbbe Totò, dalla legge di stabilità.
 
C.F.

23 ottobre 2015
© Riproduzione riservata
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