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Amianto. Ministero: 34.148 siti contaminati, 373 a rischi elevato

di Giovanni Rodriquez

Ma il numero dei siti a forte rischio potrebbe arrivare a 500. Sul fronte salute, la forte esposizione aumenta la possibilità di sviluppo di mesotelioma e neoplasie. Mancano però le evidenze per avviare campagne di screening e garantire la diagnosi precoce. A dirlo il Quaderno del ministero della Salute.

18 SET - “Ad oggi n Italia sono stati già individuati 34.148 siti contaminati di cui 50 derivanti da una contaminazione di origine naturale e 373 siti con classe di priorità 1, cioè quella a rischio più elevato. La mappatura dei siti deve essere tuttavia completata con i dati relativi alle Regioni che ancora non li hanno forniti e il numero dei siti a rischio potrebbe aumentare da 373 a 500. Rimangono nel nostro paese 32 milioni di tonnellate di cemento-amianto ancora da bonificare”.

Sono questi alcuni dei numeri contenuti nel Quaderno del ministero della Salute dedicato alle patologie correlate all'amianto, di cui è stato pubblicato oggi un estratto. La versione completa del Quaderno (il numero 15 della collana) sarà infatti disponibile solo a partire dal primo 22-24 novembre, in occasione della II Conferenza governativa su amianto e patologie correlate, in programma a Venezia.

Dall’estratto emergono comunque dati interessanti sulla presenza e gli effetti dell’amianto nel nostro Paese che, ricorda il ministero, “dal secondo dopoguerra fino al 1992, è stato uno dei maggiori produttori e utilizzatori di amianto in Europa con più di 3,5 milioni di tonnellate di amianto grezzo consumato durante questo periodo”.

Il mesotelioma, ad esempio, causato dall’inalazione di fibre di amianto, registra un tasso di incidenza pari, per la sede pleurica, a 3,6 caso per 100 mila abitanti negli uomini e a 1,6 per le donne. La latenza è particolarmente lunga (oltre i 40 anni), non è identificabile una soglia di esposizione sotto la quale il rischio sia assente e il rischio è correlato alla dose di amianto inalata. In ogni caso, si legge sul Quaderno, “non vi sono a oggi evidenze che giustifichino l’avvio di campagne di screening in quanto la diagnosi precoce è resa difficoltosa dall’assenza di sintomatologia iniziale e dall’assenza di biomarcatori in grado di fornire stime predittive di soggetti ex-esposti ad amianto”.

Ma l’amianto è anche causa di tumore del polmone, laringe e ovaio, oltre che di malattie non neoplastiche (asbestosi, pleuropatie…). L’epidemiologia del tumore polmonare indotto dall’esposizione all’amianto, spiega però il ministero, è più complessa in ragione dell’ampio spettro di altri carcinogeni che possono essere coinvolti nell’eziologia. Le stime però, si legge sul volume, parlano di “circa 1.000 casi all’anno di tumore polmonare attribuibili a esposizioni professionali all’amianto”.
In questo caso, “recenti acquisizioni sui meccanismi di cancerogenesi, associate alle nuove possibilità d’analisi, potrebbero permettere la diagnosi precoce della neoplasia attraverso l’utilizzo di biomarcatori. Anche se – sottolinea il ministero della Salute – si è ancora lontani dalla possibilità del loro utilizzo per campagne di screening rivolte a soggetti asintomatici”.
 
Giovanni Rodriquez

18 settembre 2012
© Riproduzione riservata

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