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Speciale liberalizzazioni. Parlamento pronto alla battaglia. Ecco come la pensano da Sel alla Lega su farmacie spa e fascia C


In attesa che il ddl concorrenza approdi nelle aule parlamentari abbiamo sentito alcuni esponenti di tutte le forze politiche per capire come sarà accolto per quanto riguarda le norme sulle farmacie. Ecco cosa ci hanno detto Calabrò (NCD), Dirindin (PD), Grillo (M5S), Mandelli (FI), Nicchi (SEL), Romani (FI), Rondini (Lega) e Vargiu (SC).

26 FEB - A pochi giorni dal via libera in Consiglio dei Ministri al Ddl concorrenza che, pur mantenendo la vendita dei farmaci di fascia C alle sole farmacie, ha per la prima volta aperto il settore all’ingresso dei grandi capitali, abbiamo provato ad anticipare il prossimo dibattito parlamentare sondando le opinioni di diversi esponenti politici dei vari schieramenti in merito alle novità introdotte. Ecco cosa ci aspetterà nel confronto, certamente serrato, sul ddl concorrenza in Parlamento.
 
Raffaele Calabrò (Ncd)“I grandi capitali? Una scelta positiva. Ma farmaci di fascia C devono rimanere nelle farmacie”. Sì all’ingresso dei grandi capitali nelle farmacie, che devono rimanere però l’unico luogo deputato alla distribuzione dei farmaci di fascia C. È questa la posizione del capogruppo del Nuovo centro destra alla Commissione Affari Sociali della Camera.
“Non sono contrario all’ingresso dei grandi capitali nelle farmacie, anzi – ha spiegato Calabrò – anche perché ritengo che il vero baluardo del sistema farmaceutico non sia la proprietà della farmacia, ma il farmacista. Il farmacista è il riferimento principale del paziente sul territorio
E’ grazie alle farmacie e alla medicina generale che si sta ricostruendo la riorganizzazione del territorio. Che poi la farmacia sia del singolo farmacista o dei grandi capitali è relativo. Inoltre – ha aggiunto – l’entrata dei grandi capitali potrà portare non solo risparmi ma anche investimenti in quanto potrà rendere l’organizzazione delle farmacie sempre più efficiente e sempre più caratterizzata da sistemi aperti al pubblico. È quindi una scelta positiva. Se poi qualcuno pensa che questo possa mettere in difficoltà i farmacisti, rispondo ‘perché i farmacisti non si organizzano anche loro?’. Questa è un’occasione anche per loro, per entrare in una logica diversa, ma anche più produttiva”.
Quanto alla vendita dei farmaci con ricetta solo nelle farmacie per Calabrò “è l’unica soluzione possibile”. “I farmaci con ricetta – ha aggiunto – non possono andare nella grande distribuzione, anche questi devono essere di appannaggio del farmacista, e anche questo va a vantaggio dei pazienti”.
 
Nerina Diridin (Pd): “No all’entrata di grandi capitali, snaturerebbero il ruolo delle farmacie”. Posizione diametralmente opposta, invece quella della senatrice del Pd, capogruppo in Commissione Igiene e Sanità del senato, secondo la quale, non servono i grandi capitali “perché non si può fare profitto con la salute della gente”.
“Sono molto preoccupata – ha sostenuto Dirindin – perché l’introduzione dei grandi capitali nel sistema delle farmacie rischia di stravolgere le farmacie trasformandole in esercizi commerciali volti ai grandi numeri e alla grande distribuzione. Si cancella così il ruolo che le farmacie hanno svolto diffusamente sul territorio, ossia quello di servizio al cittadino anche nei Comuni dove ormai le istituzioni non sono più quasi presenti. In sostanza ci si indirizza verso logiche che hanno come principale obiettivo il profitto anziché quello del servizio al cittadino”.
Anche quando si entra nella questione della vendita dei farmaci con ricetta Diridin procede sul solco della difesa al cittadino e dell’altolà alla grande distribuzione. Per la senatrice Pd, i farmaci di fascia C devono essere venduti solo nelle farmacie, ma queste devono però operare una seria riforma strutturale. “Come ho già affermato nel corso dell’audizione con Federfarma – ha sottolineato – ritengo che le farmacie abbiano goduto di tutele storicamente di gran lunga superiori a quelle che probabilmente era ragionevole avessero. Penso anche che il comparto abbia compiuto molti positivi passi in avanti, tuttavia ci sono miglioramenti che possono essere realizzati sul fronte dell’ammodernamento delle regole generali. Questo anche in un indiscutibile momento di crisi che per la prima volta le farmacie stanno vivendo. Ciò premesso, ritengo però che sia rischioso portare i farmaci, come qualunque altro bene, nella grande distribuzione: si favorirebbe, infatti, nel cittadino la convinzione che il farmaco sia un bene di largo consumo. Cosa non condivisibile. Noi siamo per l’appropriatezza nel consumo di farmaci – ha aggiunto – cosa che si può realizzare proprio grazie alle farmacie e ai farmacisti. Certo i farmacisti possono esser presenti anche nella grande distribuzione, ma si aprirebbero le porte a un uso meno attento dei farmaci, da parte dei cittadini”.
 
Paolo Romani (Fi): "Rischia di sparire la figura tradizionale del farmacista. Bene farmaci fascia C in farmacia". Così il presidente dei senatori di Forza Italia che pur definendosi un "liberale convinto", nel caso specifico, circa l'apertura del settore farmaceutico ai grandi capitali solleva alcuni dubbi. "Se colleghiamo i due provvedimenti presenti nel decreto liberalizzazioni del governo: l'eliminazione del limite delle 4 licenze per la proprietà di farmacie e, appunto, la possibilità dell'entrata di società di capitali nella proprietà delle farmacie. Temo che il combinato disposto porti troppo facilmente a pericolose concentrazioni in un settore delicato che, non dimentichiamocelo, sta direttamente alla salute dei cittadini. C'è inoltre da considerare - ha aggiunto - il rischio della scomparsa progressiva della figura tradizionale del farmacista, spesso l'ultima possibilità di aiuto per chi ha bisogno di consigli e di indicazioni sull'uso dei medicinali."
Quanto poi allo stralcio dal ddl della liberalizzazione della vendita dei farmaci con ricetta fuori dalla farmacia, Romani si dice "assolutamente favorevole" alla scelta intrapresa dal Governo. "Torno al discorso sull'utilità sociale della farmacia: nessuno meglio del farmacista può svolgere quella funzione indispensabile di consiglio e di indicazione sull'uso di medicine come quelle di fascia C, al cui interno sono contenuti diversi farmaci sensibili. Non è pensabile demandare questa importante funzione al reparto di un supermercato. I farmaci di fascia C - ha concluso - sono inoltre una importante risorsa economica, e non credo sia un bene per nessuno mettere a rischio l'esistenza di quelle farmacie, penso soprattutto ai piccoli paesi, alle zone rurali, che rimangono spesso il primo e l'unico presidio sanitario di prossimità e di emergenza".
 
"Credo che volontà del governo sia stata quella di garantire vantaggi economici ai cittadini. Ma non penso sia la strada giusta". Così un altro esponente di Forza Italia il senatore Andrea Mandelli, membro della Commisione Bilancio e responsabile di Forza Italia per le professioni, prova a interpretare la volontà del governo. "Ritengo che il governo abbia varato questa riforma probabilmente con l’intenzione di garantire vantaggi economici ai cittadini, muovendosi lungo due assi: lasciare inalterata la situazione dei farmaci di Fascia C e introdurre la possibilità di ingresso nelle farmacie per le società di grandi capitali. In realtà però, il risultato che si otterà, sempre che passi l'esame parlamentare, sarà purtroppo quello di scardinare la rete delle farmacie italiane che restano una certezza per i cittadini e hanno ormai un ruolo consolidato all'interno del Ssn. Per quanto riguarda la ricetta fuori dalle farmacie penso, al di là di ogni giudizio personale, che, dopo le sentenze europee e italiane, qualsiasi altra strada sarebbe stata in ogni caso illeggittima".

Pierpaolo Vargiu (Sc): “Prima valorizziamo il ruolo dei farmacisti. Il resto verrà”. Non ha una posizione pro o contro l’ingresso dei grandi capitali delle farmacie, e la vendita dei farmaci di fascia C solo nelle farmacie, il presidente della Commissione Affari Sociali della Camera. Per Vargiu tutto deve passare prima attraverso la valorizzazione del ruolo dei farmacisti. Se si valorizza questa figura, tutte le proposte potranno anche essere portate avanti. Questo vuol dire realizzare veramente farmacia clinica e quindi investire sulla professionalità e sulla formazione dei farmacisti. Ma anche economicamente sulle farmacie.
“Spesso bisogna essere sfidanti dal punto di vista delle prospettive, piuttosto che chiusi nella difesa di ciò che non si può più chiudere – ha detto – mi spiego, credo che la difesa fondamentale dovrebbe essere quella della professionalità del farmacista e quindi dell’utilità della farmacia clinica in un contesto che va mutando. La valorizzazione di questa figura passa attraverso la centralità del farmacista stesso nel sistema, cosa che forse in questo momento non c’è. Alla luce di questo – ha aggiunto – ritengo perciò che, se il farmacista ha un ruolo, può affrontare tranquillamente sia la vendita dei farmaci di fascia C nelle parafarmacie, sia l’aumento del numero delle farmacie sul territorio italiano, sia l’entrata in scena dei grandi capitali, insomma tutta quella serie di cose che ora vengono viste come un assalto alla categoria. La scelta deve essere tra il difendere le posizioni o investire su una professione che riesca confrontarsi con il mondo”.
 
Giulia Grillo (M5S): “Si svilisce la figura del farmacista e si favoriscono le grandi società di capitali”. La riforma viene, invece, bocciata dall'esponente dei 5 Stelle di cui è capogruppo in Commissione Affari Sociali alla Camera, per la quale sarà in questo modo svilita la figura del farmacista, mentre gli unici a trarne beneficio saranno le grandi società di capitali.
“Il governo ha messo in campo scelte che ci lasciano sorpresi. Da una parte, infatti, non viene assolutamente garantita una liberalizzazione del settore, poiché non si interviene in alcun modo sulla Fascia C con ricetta. Dall’altra si apre il mercato all’ingresso delle grandi società di capitali, motivando la decisione con una presunta riduzione dei prezzi. Si tratta però di una valutazione non sostenuta da nessuna evidenza o studio. Allo stesso tempo viene svilita la figura del farmacista che rischierà sempre di più di trasformarsi in un semplice commesso. Gli svantaggi saranno quindi enormi per tutte le categorie e aumenteranno le sperequazioni all’interno del comparto. Il nuovo modello penalizzerà l’utenza, mentre gli unici a trarne beneficio saranno i grossi gruppi: ho il timore che il nuovo modello sia stato concepito proprio per effetto di spinte lobbistiche. La situazione è quindi paradossale e la mediazione della Lorenzin non ha portato il alcun modo miglioramenti, anzi sarebbe stato più logico mantenere lo schema iniziale”. 
 
Marisa Nicchi (Sel):“Sì alle liberalizzazioni, scardiniamo i monopoli”. Più interlocutoria la posizione del capogruppo di Sel all'Affari Sociali, che avrebbe comunque auspicato una liberalizzazione dei farmaci di Fascia C con ricetta per cercare di rompere posizioni da casta. Prima di emettere un giudizio definitivo, attende però le modalità applicative della riforma. 
“Il mercato dei farmaci è diverso da tutti gli altri, poiché non si basa su di un ordinario scambio commerciale. È a partire da questo assunto che –  chiarisce valuteremo il testo del decreto nei dettagli per poi esprimere valutazioni definitive. Noi siamo favorevoli a liberalizzazioni in grado di rompere qualsiasi monopolio e ogni genere di posizione da casta. In questo senso avremmo auspicato una liberalizzazione dei farmaci c con ricetta, garantendo comunque la presenza di un laureato in farmacia in tutti i punti vendita. Nel complesso – tira le somme –  è sbagliato auspicare una crescita del mercato dei farmaci e per giudicare compiutamente gli effetti del decreto sarà fondamentale misurare il peso del controllo pubblico: maggiore esso sarà, migliore sarà il funzionamento del comparto farmaceutico”.
 
Marco Rondini (Lega Nord): “Con i grandi capitali si strozzano le piccole realtà”. Netto il giudizio del capogruppo leghista alla Commissione Affari Socili di Montecitorio, che boccia l’impalcatura della riforma, incapace di estendere anche alle parafarmacie la vendita dei farmaci di Fascia C e troppo sbilanciata a favore della grande distribuzione.
“Il governo ha evidentemente subito la pressione delle lobbies farmaceutiche, come dimostra la mancata estensione alle parafarmacie della vendita dei farmaci in Fascia C. Sarebbe stata una novità condivisibile, mentre ci siamo sempre opposti all’ipotesi di attivare nuovi punti vendita nella grande distribuzione - d’altro canto, osserva - l’abolizione del limite delle 4 farmacie di proprietà rappresenta un errore enorme, che finirà per penalizzare i giovani farmacisti mentre continuerà ad avvantaggiare chi è già nel settore da molto tempo. L’ideale sarebbe una licenza per ogni farmacista. L’ingresso delle grandi società di capitali –  conclude – è un altro aspetto negativo: le piccole realtà saranno strozzate e i benefici arriveranno, ancora una volta, alle realtà della grande distribuzione”.

26 febbraio 2015
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