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Terzo settore. M5S: “Su concorrenza e controlli criticità riforma restano strutturali”


Per i deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Affari Sociali il testo uscito dalla commissione resta un provvedimento "sbagliato nell'impostazione e nello spirito". I capitoli rispetto ai quali i deputati pentastellati esprimono le principali preoccupazioni sono quelli che riguardano "la possibilità di distribuire utili da parte delle imprese sociali e la mancata costituzione di un organismo di vigilanza".

20 MAR - "Il testo sulla Legge Delega per la Riforma del Terzo Settore uscito dalla commissione Affari Sociali alla Camera è certamente migliorato rispetto al suo ingresso, ma resta un provvedimento sbagliato nell’impostazione e nello spirito. I capitoli rispetto ai quali esprimiamo le principali contrarietà e preoccupazioni sono quelli relativi alla possibilità di distribuire utili da parte delle imprese sociali e la mancata costituzione di un organismo di vigilanza”. Lo affermano i deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Affari Sociali.
 
“Il lavoro in Commissione è stato svolto in un clima di relativo confronto dal momento che, su alcuni punti della Riforma, è stato possibile discutere e inserire elementi migliorativi mentre altri sono stati, fin dall’inizio della discussione, blindati dalla maggioranza Riteniamo che la possibilità di distribuire utili rappresenti non un evoluzione, ma uno stravolgimento del modello italiano di Terzo Settore: il no profit diventerà solo un ricordo e gli obiettivi primari delle imprese sociali saranno business e profitto, senza che siano stati posti freni alle potenziali operazioni speculative delle imprese sociali. Inoltre, temiamo che questo modello possa causare l'aumento dei costi dei servizi sanitari, il quale a sua volta potrebbe determinare una contrazione dell'offerta verso i cittadini. Il testo - proseguono i deputati del M5S - manca poi completamente di una normativa che eviti la potenziale concorrenza sleale tra le imprese sociali e tutte le altre che operano nello stesso settore. Un rischio, questo, che è stato fatto rilevare anche dal presidente dell’Antitrust in un parere inviato alla Camera dietro nostra richiesta".
 
Passando al capitolo dei controlli, la Riforma "non prevede la possibilità di avvalersi dell’Anac, come da noi richiesto, per il controllo degli enti del terzo settore". "Non saranno assoggettabili alla legge 190 nemmeno i grandi enti, che gestiscono milioni di euro per conto della Pa. Il sistema di controlli sarà affidato al ministero del Lavoro il quale, viste le ridotte risorse destinate a questa attività, non sarà in grado di mettere in campo un sistema di accertamento efficace e la creazione di un registro nazionale non è certamente uno strumento in grado di garantire di per sé un’adeguata vigilanza. A nostro parere la creazione di un’agenzia o di un’authority di controllo sul comparto è una necessità e, quindi, siamo in disaccordo con chi, come la deputata del Pd Donata Lenzi, giustifica questa scelta della maggioranza affermando che ‘c'è una certa stanchezza nell'opinione pubblica verso le authority’. Si tratta - concludono i deputati pentastellati - di una motivazione poco credibile: non è questione di stanchezza o meno, ma di utilità o inutilità di un organismo”.

20 marzo 2015
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