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Sistema farmacie e esercizi di vicinato: occorrono responsabilità, onestà e prudenza

di Luigi d’Ambrosio Lettieri

Aumentare nuovamente il numero delle farmacie proprio adesso considerando che un elevatissimo numero di esercizi vive una condizione di fragilità economica, potrebbe essere esiziale. E non vorrei che fosse il pessimo segnale di una campagna elettorale iniziata all'insegna della demagogia! Il pentimento tardivo per quella pessima legge dovrebbe indurre tutti a una maggiore avvedutezza e responsabilità

20 SET - Il riassorbimento degli "esercizi di vicinato" previsti dalla lenzuolata di Bersani del 2006,  è una strada su cui è opportuno riflettere con molta attenzione per evitare di commette un altro grave errore, soprattutto dopo che l'infausta legge "Cresci Italia" ha abbassato il quorum delle farmacie per numero di abitanti, aggravando ulteriormente la già grave e profonda condizione di difficoltà economica della farmacia italiana.
In questo contesto, ritengo quantomeno rischiosa la proposta avanzata da alcuni esponenti politici.
 
Aumentare nuovamente il numero delle farmacie proprio adesso, infatti, considerando che un elevatissimo numero di esercizi vive una condizione di fragilità economica, potrebbe essere esiziale. E non vorrei che fosse il pessimo segnale di una campagna elettorale iniziata all'insegna della demagogia! Il pentimento tardivo per quella pessima legge dovrebbe indurre tutti a una maggiore avvedutezza e responsabilità.
 
Soprattutto i parlamentari di quel partito che la sostenne pervicacemente nel 2006 dovrebbero ricordare che "errare è umano, perseverare è diabolico". Non vorrei si commettesse ancora uno sbaglio a danno di professionisti che furono già ingannati a suo tempo, quando attraverso un nuovo "organismo geneticamente modificato" si consegnò loro il passaporto d'ingresso in un'attività commerciale con la promessa di un "visto d'ingresso" nella sfera sanitaria.
 
La contesa, anche aspra, tra i vari ministri dello sviluppo economico e della salute (Bersani-Turco, Guidi-Lorenzin) può essere ben sintetizzata in quel prefisso "para" che nella lingua italiana è più evocativo di cose poco commendevoli che di virtuosismi.
 
Trovo peraltro almeno inelegante che possano esserci "parafarmacisti": i farmacisti dovrebbero essere tutti dotati di pari dignità senza prefissi e suffissi.
 
A dire il vero, nella scorsa legislatura, prima che si mettesse mano al quorum delle farmacie, avevo immaginato un'ipotesi di riassorbimento per far confluire nell'ambito del sistema farmacia quegli esercizi di vicinato la cui titolarità fosse riconducibile ai farmacisti, senza che questo determinasse una destabilizzazione nel rapporto tra farmacie e numero di abitanti e senza mortificare le legittime aspirazioni dei farmacisti rurali e collaboratori.
 
Mi fu detto, dopo un approfondimento, che quella mia proposta non poteva essere accettata perché avevo posto come  condizione che si abrogasse il famoso articolo 5 della legge Bersani.
Peccato, perché perdemmo un'occasione!
 
Oltretutto, l'abbassamento del quorum fu introdotto non come un sistema per dare maggiore capillarità alla già efficiente distribuzione territoriale delle farmacie, ma come una sorta di ammortizzatore sociale interno alla professione per trovare nuovi sbocchi e opportunità, insomma per dare un po' di lavoro. Obiettivo di fatto non raggiunto e non raggiungibile.
 
Almeno con questa legge, che è scritta malissimo e che, come avevo previsto nei miei interventi in Commissione e in Aula, ha aperto la strada a una valanga di ricorsi che mantengono bloccate ancora oggi le procedure concorsuali.  Con la possibilità prevista dal concorso straordinario di partecipare in forma associata, inoltre, sono accadute cose incredibili. Tra le altre, molte società costituite tra persone che si sono conosciute su internet, e che oggi sono davanti ai giudici per dirimere controversie difficilmente sanabili.
 
All'epoca, indicai, invece, un’altra strada: quella di lasciare immodificato il quorum e costruire un salvadanaio per la solidarietà interna di categoria, da cui attingere le risorse economiche per garantire il reddito certo da direttori di farmacia per quei professionisti, prevalentemente giovani, che andavano ad aprire le farmacie nei piccoli Comuni che ancora oggi sono privi dell'esercizio di farmacia. Ce ne sono diverse centinaia.
A mio parere si potrebbe prevedere un concorso a cui i farmacisti, titolari di esercizi di vicinato in servizio da un certo numero di anni, possano partecipare con un titolo agevolato. Perché, d'altronde, non possiamo privare tutti gli altri farmacisti del diritto di partecipare a un concorso. Infatti, se per un verso dobbiamo trovare una soluzione corretta al danno subito dai farmacisti degli esercizi di vicinato, dall'altro non dobbiamo commettere l'errore di discriminare e penalizzare tutti gli altri farmacisti e, in particolare, i titolari di sede rurale e i collaboratori di farmacia, che sono portatori di diritti e aspettative che vanno rispettati.
 
Sono solidale nei riguardi dei farmacisti titolari di esercizi di vicinato, ma ritengo che le pur legittime aspirazioni di questi non possano essere superiori rispetto a quelle di chi, oggi, è privo di occupazione o di quanti ambiscono ad una progressione in carriera.
 
Il nodo da sciogliere sta nel recupero della responsabilità politica. Quando il legislatore sbaglia, com'è accaduto con l'istituzione delle parafarmacie, credo sia giusto prevedere che a beneficio di questi professionisti, incantati e ingannati da una politica incapace di dare le giuste risposte, venga istituito un contributo a titolo di risarcimento. Anche una specifica norma con cui a questi professionisti si riconosce un bonus fiscale pluriennale sarebbe un buon segnale.
 
Suonerà forse come una provocazione, ma ritengo che nel momento in cui il legislatore commette errori così grossolani debba farsi carico di risarcire i soggetti danneggiati. Se poi non si tratta di errore ma della pervicace volontà di scardinare il sistema farmaceutico per indebolirlo, destrutturarlo e consegnarlo su un piatto d'argento ai soliti noti, ipotesi che ritengo tutt'altro che peregrina, allora bisognerebbe introdurre la bolla di decadenza e di ineleggibilità per chi, anziché servire gli interessi supremi del popolo, ha operato in nome e per conto di potentati economici.
 
Anche la recente legge sulla concorrenza, non solo non si è occupata del problema, ma temo che sia destinata a produrre non pochi danni.
La mancata approvazione degli emendamenti che ho presentato con il senatore Mandelli per garantire la prevalenza della Professione nella compagine societaria, per dare stabilità al nostro ente di previdenza e per dare forza al Codice deontologico, apre la strada a un oligopolio che rischia di cambiare il codice genetico della farmacia italiana.
 
E dunque la farmacia italiana dovrà necessariamente rispondere a questa nuova sfida attraverso una sua differente ricollocazione nel mercato, diventando essa stessa una solida e capillare catena, forte della sua storia, del suo insostituibile ruolo di presidio socio-sanitario di prossimità, della sua storica vocazione al servizio e di un ruolo professionale che, con la "presa in carico del paziente", resta saldato sempre più al sistema sanitario nazionale.
 
Con queste imprescindibili condizioni mi sento di guardare con ragionevole fiducia al futuro della professione e della farmacia.
 
Luigi d’Ambrosio Lettieri
Senatore della Repubblica
Componente 12ª Commissione Sanità Senato

20 settembre 2017
© Riproduzione riservata

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