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Sacchetti per frutta e verdura monouso. Per Consiglio di Stato si possono usare anche quelli portati da casa purché nuovi e a norma 


Fermo restando il "primario interesse alla tutela della sicurezza ed igiene degli alimenti", secondo la Commissione del Consiglio di Stato a cui si è rivolta il ministero della Salute, è possibile per i consumatori utilizzare nei soli reparti di vendita a libero servizio (frutta e verdura) sacchetti monouso nuovi acquistati al di fuori degli esercizi commerciali, conformi alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti. IL PARERE.

05 APR - La Commissione speciale del Consiglio di Stato ha deciso: i consumatori possono utilizzare per frutta e verdura nei supermercati propri sacchetti monouso senza bisogno di acquistare quelli messi a disposizione dall’esercizio commerciale.

Questo purché seguano lo spirito della norma e quindi siano di materiali biodegradabili o di carta e che l’esercizio commerciale ne verifichi “l’idoneità e la conformità alla legge”.

La Commissione – si legge nella nota che accompagna il parere del Consiglio di Stato - ha preliminarmente chiarito che la disciplina contenuta nell’art. 226 ter, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dall’art. 9 bis, d.l. 20 giugno 2017, n. 91, convertito nella l. 3 agosto 2017, n. 123, è finalizzata alla riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, allo scopo di attuare la direttiva (UE) 2015/720.

La norma ha disposto che “le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite”.

A chiedere il parere era stato il ministero della Salute che aveva posto due quesiti:

a) se sia possibile per i consumatori utilizzare nei soli reparti di vendita a libero servizio (frutta e verdura) sacchetti monouso nuovi dagli stessi acquistati al di fuori degli esercizi commerciali, conformi alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti;

b) in caso di risposta positiva, se gli operatori del settore alimentare siano obbligati e a quali condizioni a consentirne l’uso nei propri esercizi commerciali.

La Commissione ha ricordato che la risposta ai quesiti deve rispettare lo scopo che il legislatore si è prefisso introducendo le buste a pagamento e deve essere coerente con lo strumento che il legislatore ha voluto utilizzare per il raggiungimento di questo scopo, tenendo conto delle implicazioni sulla sicurezza dei prodotti e della “imprescindibile responsabilità dell’esercizio commerciale”.

La risposta ai quesiti è stata quindi che il legislatore “ha elevato le borse in plastica ultraleggere utilizzate per la frutta e verdura all’interno degli esercizi commerciali a prodotto che ‘deve’ essere compravenduto. In questa ottica, la borsa, per legge, è un bene avente un valore autonomo ed indipendente da quello della merce che è destinata a contenere”.

E partendo da questo principio ha concluso che l’utilizzo e la circolazione delle borse, in quanto “beni autonomamente commerciabili”, devono seguire la logica del mercato e quindi non si può escludere la facoltà del loro acquisto all’esterno dell’esercizio commerciale nel quale saranno poi utilizzate “in quanto, considerate di per sé un prodotto autonomamente acquistabile, avente un valore indipendente da quello delle merci che sono destinate a contenere”.

In questa prospettiva, secondo la Commissione, è coerente con lo strumento scelto dal legislatore la possibilità per i consumatori di utilizzare propri sacchetti e il parere sottolinea che “la necessaria onerosità della busta in plastica, quanto meno indirettamente, vuole anche incentivare l’utilizzo di materiali alternativi alla plastica, meno inquinanti, quale in primo luogo la carta. Ne deriva, che deve certamente ammettersi la possibilità di utilizzare – in luogo delle borse ultraleggere messe a disposizioni, a pagamento, nell’esercizio commerciale – contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quale frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore; non potendosi inoltre escludere, alla luce della normativa vigente, che per talune tipologie di prodotto uno specifico contenitore non sia neppure necessario”.

Ovviamente perché il fine della legge sia rispettato - igiene e sicurezza alimentare -  ogni esercizio commerciale dovrà, secondo le modalità più appropriate, verificare l’idoneità e la conformità dei sacchetti utilizzati dal consumatore e “in quanto soggetto che deve garantire l’integrità dei prodotti ceduti dallo stesso, può vietare l’utilizzo di contenitori autonomamente reperiti dal consumatore solo se non conformi alla normativa di volta in volta applicabile per ciascuna tipologia di merce, o comunque in concreto non idonei a venire in contatto con gli alimenti”.
 

05 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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