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Se la Grillo assomiglia ad un Ministro del Partito Democratico

di Ivan Cavicchi

Signor ministro, lei, ci dice che dobbiamo “invertire la rotta” ma poi ci propone la solita rotta e più precisamente il piccolo cabotaggio. Da una parte avremmo bisogno di un “pensiero forte” ma poi, dall’altra, ci propone un “pensiero debole” mutuandolo, oltretutto, (come dimostra anche la scelta di alcuni suoi consiglieri) da chi l’ha preceduta

30 LUG - A stretto giro di posta, all’indomani del mio editoriale “perché mi sento tradito dal programma della Grillo” (26 luglio 2018) il ministro pare rispondermi con un post su facebook, ma come se l’editoriale non fosse stato mai scritto, (QS 27 luglio 2018).

Quindi, non solo nella linea politica, cioè nel famoso “programma”, il ministro è continuo a chi l’ha preceduta, ma anche nel modo di affrontare le critiche, perché negandole, il ministro, si comporta né più e né meno come coloro che in questi anni le hanno ignorate finendo loro malgrado dritti dritti nella sconfitta elettorale.

Chiariamoci.
Mi piace chiarire, in questa circostanza, signor ministro, che per quello che mi riguarda, pur criticando il suo programma, non mi sento (perché ontologicamente e politicamente non lo sono), né un suo avversario, né un nemico del governo Conte, e meno che mai un detrattore del M5S, con il quale, in questi anni, come lei sa, ho proficuamente collaborato. Sono un intellettuale, credo ben informato, che combatte, da quasi mezzo secolo, contro il “pensiero debole” che uccide i diritti e che, a mio avviso e mio malgrado, caratterizza purtroppo, dalla prima all’ultima parola, il suo programma.
 
Chiarisco ancora, perché alla mia onestà di intellettuale tengo, come alla mia indipendenza di pensiero, che, per quello che mi riguarda e nonostante il suo programma, non ho cambiato idea rispetto a quanto ho pubblicamente scritto su questo giornale, e non solo, e che ribadisco: con il governo Conte, quindi con la discontinuità che esso rappresenta, per me  si è aperta una grande possibilità di rinnovamento, di cambiamento, per il paese e  per tutti, compreso i suoi  avversari politici  come il Pd. Possibilità, tuttavia, come dimostra il programma del ministro Grillo e come avevo previso per la sanità, tutt’altro che scontata.

Il suo programma, signor ministro, è una estensione molto annacquata delle politiche sin qui fatte almeno negli ultimi 20 anni, tutte all’insegna di una superficiale razionalizzazione e moralizzazione dell’esistente.

Come prima più di prima.
Nel suo post, signor ministro, lei, ci dice che dobbiamo “invertire la rotta” ma poi ci propone la solita rotta e più precisamente il piccolo cabotaggio. Da una parte avremmo bisogno di un “pensiero forte” ma poi, dall’altra, ci propone un “pensiero debole” mutuandolo, oltretutto, (come dimostra anche la scelta di alcuni suoi consiglieri) da chi l’ha preceduta. Insomma signor ministro per dirgliela come mi viene: lei assomiglia più ad un ministro PD che ad un ministro M5S.E questo, secondo me, non è una contraddizione da poco e non solo in sanità. Mi spiego meglio: lei ragiona come un ministro del PD ma a differenza del Pd che de-finanziava la sanità lei chiede soldi. E anche tanti.

Questa è l’unica differenza sostanziale, quindi nel più perfetto stile apologetico di tutti coloro, numerosissimi, anzi la maggior parte, che, in questi anni, ricusando qualsiasi pensiero riformatore hanno chiesto soldi ma senza mai dare delle contro partite, di nessun tipo e nonostante esistesse la crisi economica, il disavanzo, i problemi della finanza pubblica, le anti-economie le diseconomie e gli sprechi ecc.

Questi problemi, signor ministro, ce l’ha anche il suo governo e forse anche di più dal momento che, al fondo della sua strategia, vi è l’obiettivo, che condivido pienamente, di rimettere mano attraverso il fisco, le pensioni, il reddito di cittadinanza, l’abolizione dei vitalizi, ad una redistribuzione diversa della ricchezza prodotta in questo paese. Una redistribuzione la meno diseguale e iniqua possibile.

Il PD per essere scimmiottato da lei nelle sue passate politiche sanitarie, a mio parere, non può andare avanti, dicendo ad ogni piè sospinto, “l’abbiamo fatto prima noi”. Perché aver fatto prima qualcosa di inadeguato di insufficiente e di sbagliato, alla fine è un titolo che, in politica, è davvero poco consolatorio. Se il PD, intenderà fare opposizione al ministro Grillo, dovrà, per forza, contrapporre al suo e al proprio “pensiero debole” un “pensiero più forte” e quindi accettare il terreno delle riforme.

Per la sanità, in particolare, questa è una possibilità importante per spingere in avanti un riformismo incompiuto e contraddittorio, del quale questa sanità ha sempre sofferto pagando un prezzo molto alto tanto di inadeguatezza quanto di spesa. Perché, signor ministro, sia chiaro: le riforme si debbono fare non perché lo dice il prof Cavicchi ma perché sono necessarie alla sanità di questo paese. Si definisce necessaria una cosa quando non si può non fare. Se lo ricordi. E oggi in sanità il governo a cui lei appartiene e il movimento da cui lei proviene, non può non farle. Sono necessarie per l’appunto.

Cambiare il programma.
Nel ribadirle, signor ministro, la frase conclusiva del mio precedente editoriale: “pongo con forza il problema politico di cambiare il programma perché quello propostoci è visibilmente inadeguato ”, le dico, in modo chiaro e tondo, che a me non interessa null’altro che il programma. Siccome come le ho già detto il suo lo ritengo inadeguato, penso che sia mio dovere dirlo pubblicamente e, naturalmente, nei limiti delle mie possibilità, fare in modo di cambiarlo nell’interesse della sanità pubblica certo ma anche in quello di questo governo e dell’interesse generale del paese. Chiaro?

Le assicuro che, con il suo programma, lei non invertirà un bel niente e men che mai “metterà al centro” come lei dice di voler fare nel suo post, “i diritti” delle persone. Plausibilmente lei farà solo un po’ di manutenzione e un po’ di moralizzazione. E la sanità sarà “come prima e più di prima”. Intendiamoci ministro, come dicono a Roma, “meglio che un calcio in bocca” ma, ammetterà, che se ragioniamo in questi termini, da parte sua, risulta fuori luogo parlare di invertire la rotta o di mettere al centro i diritti delle persone.

Ma qual è l’analisi che giustifica il programma?
Veda ministro Grillo lei ha commesso lo stesso errore che da decenni tutti i ministri della sanità hanno commesso, solo con qualche rara eccezione, che è quello di proporre un “programma” ma senza giustificarlo con una analisi politica. Lei sa che nelle nostre passate collaborazioni io ho insistito molto su questo punto. Lei ci propone di “invertire la rotta” ma omettendo:

di fare un bilancio su 40 anni di riformismo per capire almeno come siano andate le cose, gli errori fatti (che sono tanti), le cose non fatte e che avremmo dovuto fare (che sono pure tante) e i problemi tanto di attuazione che di applicazione delle riforme varate (che mi creda sono anche queste tanti),
di fare il punto non solo sulle contraddizioni prioritarie ma sulle loro relazioni perché sanità e complessità sono praticamente la stessa cosa.

Lei ci propone un “programma”, quindi delle priorità di intervento, a mio parere anche utili, ma anche, alla luce dei fatti, molto arbitrarie e ingiustificate, che se avesse fatto una rigorosa ricognizione delle questioni reali sul tappeto, alcune di esse sicuramente sarebbero risultate secondarie per quanto, nello specifico, importanti.

Le faccio un esempio. Abbiamo una emergenza a scala di sistema che si chiama “questione medica” e che rischia di “fottere” i cittadini alla grande (altroché centralità dei diritti) offrendo loro una medicina semplicemente deteriore cioè ridotta a puro proceduralismo. Per essere più chiari: stiamo rischiando, grazie a certe logiche applicate alla sanità, (chieda tra i suoi consiglieri chi ha voluto l’obbligo di appropriatezza sanzionato e quindi la medicina amministrata quella, per capirci, che ci porta dritti diritti a Babylon), di compromettere la medicina ippocratica che ha, per postulato, l’interesse primario del malato ad essere curato secondo necessità.
 
Le lista di attesa, pur un problema importante rispetto alla medicina amministrata, sono acqua fresca. Stessa cosa per l’intramoenia. Con tutti i casini contrattuali dei medici l’intramoenia che, lo riconosco, rappresenta una grande contraddizione da rimuovere, rispetto alle vere emergenze sanitarie, è l’ultimo dei problemi. Lei non immagina, signor ministro, in quale pantano si troverà nel momento in cui la metterà in discussione. Essa è nata tanti anni fa sulla base di un compromesso davvero storico: lo Stato paga il medico di meno e nello stesso tempo gli permette di fare la libera professione.

Non le dico di comparare le retribuzione dei medici a scala europea che, soprattutto dopo la drammatica erosione delle retribuzioni di questi anni, per i medici italiani è tutt’altro che esaltante, le chiedo solo: lei i soldi per pagare il medico di più ce l’ha? Perché se non ce l’ha, lasci perdere, mi dia retta. Ma a parte i soldi lei saprà sicuramente che l’intramoenia, nelle intenzioni di chi l’ha introdotta nel 99, aveva a che fare con l’esclusività del rapporto di lavoro con il pubblico quindi era un modo, giusto o sbagliato che fosse, per regolare, a vantaggio del pubblico, il rapporto con il privato. Lei una idea diversa dall’intramoenia, per regolare i rapporti tra pubblico e privato ce l’ha o no? Se non ce l’ha le consiglio di lasciar perdere.

Non sto dicendo che l’intramoenia sia giusta, ribadisco di magagne ne ha tante, ma solo che per cambiarla bisogna risolvere in altro modo tutti i problemi in ragione dei quali essa è nata.   Cioè essa non si può cancellare tout court. Senza considerare che, la semplice sua abolizione, costerebbe alle aziende un bel po’ di denaro dal momento che finirebbe il “pizzo” con il quale parte dei proventi dell’intramoenia vanno al sistema pubblico. Signor ministro, non mi fraintenda, le sto dicendo solo di non farla troppo facile.  In sanità di facile praticamente non c’è niente.
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“Mettere i diritti dei cittadini realmente e concretamente “al centro” delle politiche di salute pubblica, è un dovere da cui non intendo sottrarmi”.
Sante parole queste, lette nel suo post. Un vero cambio di postulato, Ma si rende conto signor ministro, al di la della retorica, cosa implica cambiare il postulato, cioè decidere sulla sanità non a partire dai problemi degli amministratori, come è stato fatto sino ad ora, ma a partire dai diritti?
Le faccio l’esempio di Trento che lei ha completamente e irresponsabilmente snobbato facendo un grande danno di credibilità, prima di ogni altra cosa al suo governo e quindi al suo movimento. Il semplice fatto di aver assunto il cittadino/malato quale archè (principio generatore) ha sconvolto di sana pianta la tradizionale deontologia medica che ha sempre considerato il medico e solo il medico un archè.

Questo vale per tutta la politica sanitaria.  Il cambio del postulato implica quindi una riforma. Lei cara ministro, secondo me ha una idea banale e tradizionale dei diritti, come se bastasse, come ho scritto nel precedente editoriale, imbiancare meglio la casa per inverarli. Non è così. Per mettere al centro i diritti, per quanto le potrà sembrare assurdo, ci vuole un cambio di paradigma. Neanche la riforma del '78 è riuscita a dedurre dai diritti un altro genere di sistema sanitario. Pensi solo alla centralità della prevenzione e alla fine ingloriosa di questa importante funzione.

La sua visione vecchia e superata dei diritti le preclude strade politiche di grande interesse, le stesse strade che, al contrario, a Trento, sono state seriamente prese in considerazione e che riguardano:
i diritti dei cittadini ma anche i loro doveri,
la pattuizione sociale tra gli operatori e i cittadini,
la possibilità di rinnovare il contratto sociale tra società e sanità da ripensare su base affidataria e fiduciaria.

Insomma, signor ministro, non basta parlare di diritti per impressionarci, lei dovrebbe chiarirci come intende inverarli nel terzo millennio perché quelli ai quali lei allude, cioè l’art 32 della Costituzione, sono stati scritti nel 1947. Oggi un grande problema che abbiamo tra i tanti, è riconfermare l’art 32 della Costituzione ma nello stesso tempo ricontestualizzarlo. Il tempo del giusnaturalismo, lei signor ministro, che lei ci ripropone con la riedizione di un insipido piano per la prevenzione redatto da chi l’ha preceduta, a dir poco anacronistico, nel mondo della salute, è finito da un pezzo. Se ne rende conto o no?

Money, money, money.
A tutt’oggi, nonostante tante dichiarazioni di buona volontà, lei non ha ancora dichiarato di quanti soldi ha bisogno per attuare il suo programma e lei giustamente si guarda bene dal quantificarli perché sa che ciò che le servirebbe non glielo daranno mai, ma io stesso, che amo più di chiunque altro questa sanità, non glieli darei. In questo contesto economico finanziario, ripeto in questo contesto non in un altro, quali contropartite? E’ possibile rifinanziare un sistema che potrebbe con riforme oculate costare strutturalmente di meno? Quanto valgono gli sprechi di cui lei parla?

Il suo programma non da risposte a queste domande per cui è possibile che, anche nel suo caso, varrà la supposizione dei giustificanti che fino ad ora sono stati alla base del de-finanziamento della sanità: siccome esistono gli sprechi e non è giusto rifinanziarli ma siccome non sono quantificabili ante oculus allora devo ipotizzarne il costo, tale ipotesi di costo dovrà essere detratta dal finanziamento complessivo. Questa è la logica del de-finanziamento.
A questo punto, lei, signor ministro, avrà il suo contentino e la differenza tra un ministro del Pd e un ministro del M5S sarà del tutto cancellata. Preghi il padre eterno di avere dal suo governo, il maggior numero di risorse, altrimenti il suo programma varrà meno di niente.

Ma si rende conto signor ministro cosa vuol dire questo? Si rende conto a quali rischi il suo programma si espone? Capisce o no quando le dico “riforme come soldi e soldi come riforme”?

A prescindere dal programma.
Nel suo post, su facebook, lei sembra voler chiarire e ribadire il suo programma ma su alcune cose continua a tacere. Personalmente credo che programma o non programma su certe cose lei deve essere chiara netta e inequivocabile:
no agli incentivi fiscali a sistemi di tutela concorrenti con quello pubblico
no alle false mutue integrative
no al regionalismo differenziato
si ad un sistema pubblico finanziato integralmente con il fisco
no al sistema multipilastro

Ma lei “muta è” e questo non aiuta la sua personale credibilità.

Conclusioni.
Quindi signor ministro lasci perdere facebook, si confronti con il dissenso, con la critica, non si aggiunga ai tanti quaquaraquà negazionisti di questa sanità, non fa onore né a lei e né al movimento che rappresenta.

Il suo programma non va. Punto. Io le chiedo e le propongo, per quello che valgono le mie idee, di aggiornarlo. Perché? Perché da prima che lei nascesse, caro ministro, ho in testa la fissa di invertire rotta. Fino ad ora non ci sono riuscito e come ho scritto su questo giornale, soprattutto ostacolato in casa mia, cioè dalla sinistra, la stessa sinistra che ora, signor ministro, la sta consigliando, la stessa che ha fatto il titolo V,  l’azienda manifatturiera, la medicina amministrata, i riordini regionali, il de-finanziamento, la mobilità dei malati dal sud al nord, i punti nascita, le operazioni di ospedalectomia scriteriata, la stessa, che, in questi anni, è stata a capo di tutte le più importanti istituzioni sanitarie del paese, che non ha mai aperto bocca  sulle mutue se non per  giustificarne il ritorno. La stessa che ha avuto il potere, perché a capo di qualcosa, di ridurci a come siamo ridotti.
 
Ma mi scusi ministro i problemi di cui parla nel suo programma avranno pure da qualche parte uno o più responsabili? Lei si preoccupa giustamente dei titoli dei direttori generali delle asl e non si preoccupa di quelli dei consiglieri che si mette in casa? Io, chi in questi anni ha venduto i diritti della gente all’economicismo creando la medicina amministrata, come ministro e come M5S, con tutto il rispetto, li prenderei a calci nel culo, chiaro? 

Confidando sul suo buon senso ma anche su quello del Movimento al quale lei si riferisce e su quello del governo, spero di riuscire a convincerla.
Se non la convincerò, stia tranquilla, non mancheranno le occasioni per chiederle conto.
 
Ivan Cavicchi 

30 luglio 2018
© Riproduzione riservata

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