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Ha ragione Grillo, non si può fare tutto in una Legge di Bilancio

di Ivan Cavicchi

Niente bacchetta magica, realisticamente i soldi sono pochi e i problemi da risolvere sono tanti, aggiungo, non solo per la sanità, ma anche per finanziare nuove forme di redistribuzione della ricchezza, come poterebbero essere il reddito di cittadinanza o interventi di riforma fiscale.

06 AGO - Per spolpare la sanità, ci son voluti parecchi anni e un martellante de-finanziamento programmato, per cui non mi sembra irragionevole che, per voltare pagina, sia necessario un rifinanziamento a sua volta programmato.

Ha quindi ragione il ministro Grillo a dire che “non si può fare tutto in una legge di bilancio “e, bene ha fatto, a chiarire che, nella prossima finanziaria, inizierà, per quota parte, il rifinanziamento della sanità che presumo dovrà poi continuare.

Il ministro ha fatto bene a chiarire, perché sulle prime, anche suggestionati da dichiarazioni perentorie del tipo “non mi farò commissariare dal Mef” e da generiche assicurazioni sulla copertura del programma, siamo stati indotti a credere, a quella che Luciano Fassari, in un bell’articolo ha chiamato “la bacchetta magica”.

Niente bacchetta magica, realisticamente i soldi sono pochi e i problemi da risolvere sono tanti, aggiungo, non solo per la sanità, ma anche per finanziare nuove forme di redistribuzione della ricchezza, come poterebbero essere il reddito di cittadinanza o interventi di riforma fiscale, mentre, le variabili negative dello sviluppo, restano, purtroppo le solite: disoccupazione giovanile, crescita del disavanzo, pil molto pigro, crisi economica ecc.

Tanto per cambiare, anche questa volta e pur con un nuovo governo, le risorse, proprio perché oggettivamente scarse, sono tra loro oggettivamente in competizione e non solo perché in campagna elettorale si è promesso il reddito di cittadinanza, e la flat tax e il governo deve salvare la faccia, ma solo perché, se l’acqua è poca è inevitabile che la papera non galleggi.

Ricordo a coloro che fanno i profeti retard e che ci dicono che il finanziamento del reddito di cittadinanza sarà preferito a quello della sanità, che:
-il finanziamento della sanità normalmente non è scorporabile da politiche-economico- finanziarie più complessive e che in genere, tradizione vuole, che la sanità faccia la figura del vaso di coccio tra i vasi di ferro. Ricordo che quando, quattro anni fa, fu sottoscritto il patto per la salute tra la Lorenzin e le regioni di 115 mld e rotti, fui l’unico che, anzi tempo e contro corrente, rispetto al gaudio generale, lo definì un “pacco” per la semplice ragione che quell’accordo violava la strategia economica del governo, brutta o bella che fosse, e, come ricorderete, Renzi lo disconobbe e tagliò di imperio alla sanità più di 2 mld. (QS 10 luglio 2014).

-ho sempre detto, in polemica con i rivendicazionisti, cioè con chi chiede tout court il rifinanziamento della sanità e si ritrova la mollichella, che se il pil cala o non cresce o cresce poco e se contemporaneamente cresce il disavanzo, quello della sanità resta un finanziamento difficile e che, per questo, non si può pretendere soldi senza dare delle contropartite soprattutto se le contropartite possibili sono tante.

-c’è stato solo un momento, in questo paese, nel quale, la salute, è stata chiaramente una priorità sull’economia ed è stato negli anni 60/70 quando le lotte in fabbrica sancirono il principio della non monetizzazione della malattia e quindi la non negoziabilità della salute. Ma con l’emergere di crescenti problemi occupazionali, economici, questo principio, fu presto accantonato. A partire dalla sinistra, la salute, finì con il passare al secondo o al terzo posto mentre al primo subentrò il lavoro e lo sviluppo. Oggi l’Ilva di Taranto, le continue morti sul lavoro, la precarietà, la crescita delle malattie professionali, dimostrano che la salute, dopo 40 anni che parliamo della sua centralità, non è la priorità che noi vorremmo.

-contrapporre il finanziamento del reddito di cittadinanza al finanziamento della sanità, come propone qualcuno, è un modo vecchio e discutibile di contrapporre certi bisogni essenziali ad altri, cioè di riproporre la guerra tra poveri.

-non ha senso contrapporre la povertà economica delle persone alla loro salute perché povertà e malattia sono la stessa cosa. Tutti gli studi sui determinanti sociali della salute ci dicono che il reddito è il primo vero determinante della salute o della malattia.
 
Allora io auspico che il governo, nel definire la legge finanziaria, ragioni non con le solite logiche delle priorità, come fanno i profeti retard, mettendo reddito contro salute ma facendo della loro relazione un punto di forza del proprio programma. Il reddito e la salute sono due forme diverse di ricchezza. E’ questa interconnessione che bisogna organizzare in una nuova strategia.

Come? Riassumiamo la situazione:
-le risorse per la sanità sono poche quindi prima di aggiungere risorse ad altre risorse bisogna liberare dalla sanità quelle che ci sono ma che sono spese male o, addirittura, sprecate, cioè bisogna intervenire su anti-economie diseconomie e sprechi e aggiungo su favori e privilegi (incentivi alle mutue aziendali).

-per fare questo ci vuole tempo è quindi necessario fare un piano di rifinanziamento della sanità che nello stesso tempo sia un piano di risanamento del sistema

-rifinanziare la sanità non vuol dire non governare la natura incrementale della spesa cioè aprire il rubinetto e basta, al contrario vuol dire governarlo meglio di prima cioè in modo più efficace ma questa volta non con i tagli, i piani di rientro, il definanziamento, i costi standard, il blocco delle assunzioni, l’impoverimento dei servizi, ma con le riforme che puntino a ridurre il costo strutturale del sistema quello che deriva dai costi dei suoi modelli anacronistici o del suo paradigma di riferimento

-se i modelli del sistema sono vecchi perché mai realmente riformati (servizi, professioni, prassi, organizzazioni del lavoro ecc) essi allora sono inadeguati sia nei confronti dei bisogni dei cittadini che nei confronti del bilancio pubblico per cui per rifinanziare la sanità bisogna intervenire sulla loro inadeguatezza.
Rendere i modelli adeguati significa dare più qualità ai cittadini a costi più bassi.
 
Proporrei la sottoscrizione di una sorta di accordo tra governo e ministero della salute e regioni:
-rispetto al programma presentato dal ministro Grillo, da subito i soldi che servono per intervenire su urgenze priorità e investimenti

-impegno da parte del ministero e delle regioni a porre mano a delle riforme che, usando l’innovazione, riducano gradualmente e progressivamente la costosità arbitraria del sistema sanitario (spesa in conto corrente) in cambio, di finanziamenti altrettanto graduali e progressivi (spesa in conto capitale)
-impegno a produrre salute quale ricchezza come prima priorità assoluta

-definizione di un algoritmo condiviso tra governo e regioni gestito su base negoziale in ragione del quale a tante risorse recuperate corrispondano altrettante investite, sempre e comunque, a garanzia dei diritti invariata. Cioè niente risparmi sulla pelle della gente

A questo punto vengono fuori due problemi che riguardano il programma del ministro Grillo:
-se i soldi sono pochi e se il finanziamento sarà progressivo da dove si comincia quindi quale priorità? Secondo me prima delle liste di attesa e dell’intramoenia vengono le assunzioni, per me, è la carenza di personale, oggi, il problema più grosso per i malati perché mina la funzionalità dei servizi. Il secondo problema urgente sono gli squilibri e le diseguaglianze.

-se il rifinanziamento programmato sarà dato nel tempo in ragione della riduzione della costosità arbitraria del sistema sulla base di quali criticità intervenire? E come intervenire?
 
Personalmente penso, come più volte ho detto ,che nessun rifinanziamento programmato alla sanità sarà possibile al di fuori di una “quarta riforma” intendendo, con questa espressione, non la 834 o la 833 bis  e neanche la legge che viene dopo la 229 ,cioè la 230, cioè  una legge omnibus,  di sistema, ma un pacchetto di provvedimenti  mirati  a intervenire su certe criticità e coordinati da un obiettivo politico guida: compiere un processo riformatore  deciso 40 anni fa e che è andato per tante ragioni storto fino a degenerare  e che allora  ci  serviva  per rispondere ai problemi di insostenibilità delle mutue, ai nuovi bisogni sociali, ai cambiamenti culturali, alle sfide dell’economia, all’immissione  massiccia di tecnologia, e,  ora, a tutto questo ma anche a  tutto quello che si è nel frattempo aggiunto e accumulato. Per esempio le diseguaglianze, le grandi questioni professionali, il problema della medicina amministrata, il contenzioso legale la crsi di certi servizi ecc.

La definizione delle riforme spetta al parlamento e al governo. Le Regioni hanno dimostrato in questi anni, nei casi migliori, di avere un pensiero amministrativo con la tendenza alla contro-riforma ma non riformatore, per cui bisogna dare loro delle dritte precise su come fare e su come muoversi. Le regioni non sono riuscite ad andare oltre la 229 ed hanno agito dentro e non altro lo status quo che hanno ereditato. Oggi l’idea della 229 non basta più a reggere la sfida.

Oggi, se non si riforma, anche mettendo pezze colorate qua e la, va a finire male. La famosa sostenibilità è funzione della riformabilità. La razionalizzazione, pur avendo ancora molte possibilità, non basta più. Un sistema fondamentalmente invariante per quanto razionalizzato non può essere sostenibile. 40 anni di ritardo, nei confronti di scenari che, erano stati prefigurati con puntualità, dai riformatori del tempo, e che oggi sono in essere quindi plateali, non sono pochi. Siamo ancora in tempo a intervenire mettendo fine ad ogni speculazione sulla necessità di privatizzare il sistema pubblico perché ritenuto strutturalmente insostenibile. Il sistema nonostante quello che sostengono i professori della Bocconi e le assicurazioni private è sostenibile eccome. La tesi che ho sentito da loro, tante volte nei convegni, che le razionalizzazioni sono state fatte cioè che il fondo del barile è stato raschiato e che non resta altro da fare che privatizzare è una tesi disonesta destituita di ogni credibilità.

Al contro-riformismo dei professori della Bocconi quelli che idolatrano il mercato e l’aziendalismo, e tirano la volata al privato, contrappongo un neo-riformismo sanitario, che corregga gli errori fatti, che sblocchi le invarianze che hanno ingessato il sistema, che metta in moto nuove energie, che rinnovi culturalmente il sistema, che faccia davvero salute, che ripensi la medicina e che scommetta su prassi rinnovate, che parli alle professioni e ai cittadini offrendo loro una nuova idea di tutela.

Confermo quindi la mia idea:
-il programma del ministro Grillo va integrato da un piano di rifinanziamento programmato

-questo va guidato da una analisi rigorosa delle criticità del sistema sanitario nel suo complesso quindi da un bilancio veritiero delle cose fatte

-si tratta di mettere il governo e il parlamento, in condizione di predisporre un pacchetto di interventi riformatori
 
Gli scopi e gli scopi degli scopi:
-compiere un processo riformatore incompiuto per creare condizioni di adeguatezza del sistema nei confronti della domanda sociale e riducendone la costosità.

-facilitare nel tempo il costante rifinanziamento del sistema

-mettere in sicurezza la natura pubblica universalistica e solidale della sanità pubblica
 
“Riforme come soldi e soldi come riforme” questo è lo slogan che ripropongo.

 
Ivan Cavicchi

06 agosto 2018
© Riproduzione riservata

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