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Regioni Vs Ministero della Salute. Oltre la manovra c’è di più

di Luciano Fassari

I rapporti non sono mai stati idilliaci, soprattutto in tempi di manovra, ma dietro il botta e risposta tra Bonaccini e Grillo s’intravede già il progetto autonomista che potrebbe avere tra le sue prime vittime proprio il Ministero della Salute.

01 NOV - Lo scontro istituzionale andato in onda ieri tra il presidente delle Regioni, Stefano Bonaccini e il Ministro della Salute, Giulia Grillo ha alzato il livello dello scontro sulla sanità aprendo un altro fronte dopo quello con i medici e i dirigenti sanitari prossimi allo sciopero per il loro contratto.
 
E’ pur vero che i rapporti tra Palazzo Chigi e le Regioni al momento di negoziare le risorse per la sanità in legge finanziaria non sono mai stati idilliaci. Memorabili le lotte tra l’ex presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani con i ministri dei Governi Berlusconi e Monti, così come scontri ci sono stati anche nella scorsa legislatura dopo il sostanziale "tradimento" del Patto per la Salute e i conseguenti “mancati aumenti” programmati al fondo sanitario.
 
Ma oggi lo scontro in atto rischia di prendere una china diversa con uno sbocco tutto politico: quello dell’autonomia differenziata dove una delle poste delicate è proprio quella della sanità.
 
La bocciatura del referendum costituzionale del dicembre 2016 ha infatti dato la stura a una rincorsa all’applicazione dell’articolo 116 della Costituzione (fino a ieri mai applicato né preso in considerazione da nessuno) che come è noto prevede la possibilità per le Regioni a statuto ordinario di richiedere fette consistenti di autonomia tra diverse materie, tra le quali anche la tutela della salute.
 
Una via imboccata per prime da Lombardia e Veneto (che hanno anche indetto un referendum in proposito) seguite poi sulla linea dell’autonomia, seppur senza consultazioni referendarie, da molte altre Regioni, anche di centrosinistra, Emilia Romagna in primis.
 
Se a questo si somma il fatto che la Lega, oggi al Governo, ha fatto dell’autonomia delle Regioni un suo cavallo di battaglia da sempre e che la ministra per gli Affari regionali Erika Stefani sta lavorando ad una legge sul regionalismo differenziato, si può ben comprendere come lo scontro odierno tra Grillo e Bonaccini sia ad un livello superiore rispetto a quelli verificatisi negli anni precedenti.
 
Quasi una prova di forza tra Regioni  che, al di là del colore politico, hanno il vento in poppa dell’autonomia e un Ministero che sembra contare sempre meno non avendo ormai poteri reali né sulla gestione dei servizi né tantomeno sulla cassa che, con la riforma del 2009, è ben salda nelle mani del Mef.
 
E il Mef è anche per questo il vero interlocutore, con grande disappunto di Giulia Grillo che non ha nascosto lo stupore e la rabbia nel vedersi scavalcata nel negoziato dalle Regioni, che hanno scelto di rivolgersi direttamente a via XX Settembre, (dove tra l’altro viceministro è quel Massimo Garavaglia che per anni è stato il coordinatore degli assessori all’Economia e negli ultimi tempi era anche presidente del Comitato di settore) per trattare sulle risorse per la sanità.
 
Sarà certamente un attacco politico come dice il Ministro (nessuna Regione è amministrata dal M5S), ma non si può omettere che le Regioni siano state coinvolte sulla manovra solo a giochi fatti (il primo incontro, tesissimo, è andato in scena 3 giorni dopo il via libera del Cdm).
 
Tutti elementi che vedono, oggi, il Ministero della Salute come un pugile all’angolo e con poche frecce al suo arco. Nella manovra le risorse immesse sono scarse o comunque molto inferiori a quelle richieste dalle Regioni.
 
Niente di nuovo, si dirà…ma rispetto al passato e soprattutto rispetto a due anni fa quando lo stesso Titolo V era a rischio e si riparlava apertamente di un possibile ritorno del centralismo sanitario, oggi le Regioni (soprattutto quelle più ricche) mordono il freno, sempre più insofferenti dei lacciuoli e degli equilibri romani.

Luciano Fassari

01 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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