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Manovra. Consulta respinge ricorso PD, ma avverte il Governo: “Per il futuro attenzione ai tempi, anomale accelerazioni dei lavori potrebbero essere censurate”


Per i giudici della Corte Costituzionale la compressione dei lavori è stata determinata da un insieme di fattori derivanti sia da specifiche esigenze di contesto sia da consolidate prassi parlamentari ultradecennali sia da nuove regole procedimentali. Tutto questo ha concorso a un’anomala accelerazione dei lavori del Senato, anche per rispettare le scadenze di fine anno imposte dalla Costituzione oltre che dai vincoli europei. Riconosciuta però la legittimità ai singoli parlamentari di sollevare conflitto di attribuzioni davanti alla Consulta in caso di violazioni gravi.

11 GEN - La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso avanzato da 37 senatori del Partito Democratico per la compressione dei tempi di discussione del Ddl di Bilancio 2019. Per la Consulta tutto ciò è stato causato da un insieme di fattori derivanti sia da specifiche esigenze di contesto sia da consolidate prassi parlamentari ultradecennali sia da nuove regole procedimentali. Al contempo, la Corte ha però ritenuto che i singoli parlamentari siano legittimati a sollevare conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale in caso di violazioni gravi e manifeste delle prerogative che la Costituzione attribuisce loro.
 
Il ricorso, più in particolare, denunciava la grave compressione dei tempi di discussione del Ddl, che avrebbe svuotato di significato l’esame della Commissione Bilancio e impedito ai singoli senatori di partecipare consapevolmente alla discussione e alla votazione. Per la Consulta, come spiegavamo in precedenza, la contrazione dei lavori per l’approvazione del bilancio 2019 "è stata determinata da un insieme di fattori derivanti sia da specifiche esigenze di contesto sia da consolidate prassi parlamentari ultradecennali sia da nuove regole procedimentali. Tutti questi fattori hanno concorso a un’anomala accelerazione dei lavori del Senato, anche per rispettare le scadenze di fine anno imposte dalla Costituzione e dalle relative norme di attuazione, oltre che dai vincoli europei".
 
In queste circostanze, la Corte non ha dunque riscontrato nelle violazioni denunciate quel livello di manifesta gravità che, solo, potrebbe giustificare il suo intervento. "Resta fermo che per le leggi future simili modalità decisionali dovranno essere abbandonate altrimenti potranno non superare il vaglio di costituzionalità".

11 gennaio 2019
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