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Recovery Plan. SaluteEquità: “Salute e Sanità pubblica tornano in fondo alla lista delle priorità”


Aceti: “Nove miliardi non bastano per far fronte ai bisogni di salute della popolazione e a quelli del SSN, vecchi e nuovi. A preoccupare c'è anche un altro importante tassello, quello del trend di finanziamento ordinario a carico dello Stato previsto nella bozza di legge di Bilancio, che vede incrementi annuali via via decrescenti a partire dal 2022 in poi”

09 DIC - “La bozza di recovery plan diffusa in queste ore lascia l'amaro in bocca, delude e  preoccupa molto. Di equità nell'allocazione delle risorse nemmeno l'ombra. Non siamo ancora usciti dalla pandemia, ma per la bozza circolata in queste ore è come se lo fossimo già, ritornando alla velocità della luce alla vecchia sinfonia degli ultimi anni: la Salute e la sanità pubblica non sono la priorità, anzi tornano di nuovo ad essere residuali nell'agenda della politica. Una linea questa, in controtendenza rispetto alle indicazioni che sono arrivate da tutti gli stakeholder della sanità che hanno preso parte al processo di consultazione avvenuto anche grazie agli Stati generali svolti nello scorso mese di giugno, e cioè: il diritto alla Salute e la Sanità pubblica devono essere considerate come priorità sulla quale il Paese deve investire.” Queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, presidente di SALUTEQUITÀ, organizzazione indipendente per la valutazione della qualità delle politiche sanitarie e sociali pubbliche. 
 
“Guardando alla bozza di Recovery – prosegue Aceti - al SSN infatti vengono riservate, rispetto ad altri settori, in assoluto le minori risorse. Precisamente nell'arco temporale 2021-2026, su oltre 190 miliardi di euro, al nostro Servizio Sanitario Pubblico vengono riservati solo 9 miliardi, cioè il 4,6%, praticamente equivalente a un incremento annuale al Fondo Sanitario pari a 1,5 miliardi: incrementi paragonabili a quelli ordinari a valere sul bilancio dello Stato”.
 
“Le risorse che il Recovery riserva al SSN – sottolinea Aceti - sono insufficienti guardando alle richieste giustamente espresse in varie interviste e audizioni dallo stesso Ministro della Salute, ai 32 miliardi che servirebbero per mettere in sicurezza e ammodernare le nostre strutture sanitarie (solo in piccola quota parte inseriti nel capitolo ‘efficienza energetica e riqualificazione degli edifici’ del Recovery), alle risorse che servirebbero per ridurre le disuguaglianze di salute e la forbice Nord-Sud in termini di accessibilità e performance dei servizi sanitari. Per non parlare degli altri fondi che sarebbero necessari per potenziare il personale sanitario, superando le attuali carenze, al fine di far fronte ad altri eventi pandemici come quelli che stiamo drammaticamente vivendo in questi mesi e che potrebbero purtroppo ripetersi”.
 
“Va quindi da sé aggiunge - che 9 miliardi non bastano per far fronte ai bisogni di salute della popolazione e a quelli del SSN, vecchi e nuovi. A preoccupare c'è anche un altro importante tassello, quello del trend di finanziamento ordinario a carico dello Stato previsto nella bozza di legge di Bilancio, che vede incrementi annuali via via decrescenti a partire dal 2022 in poi. Tenendo conto della razionalizzazione della spesa a decorrere dall’anno 2023, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è infatti incrementato di 822,870 milioni di euro per l’anno 2022, 527,070 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025 e 417,870 milioni di euro a decorrere dall’anno 2026”.  
 
“Chiediamo al Governo – conclude il presidente di SALUTEQUITÀ - di rivedere subito le sue priorità riconoscendo al Servizio Sanitario Nazionale, con i fatti, quella centralità che merita. Non possono esserci ripresa e crescita  senza Salute, e la Salute passa anche per la tenuta, il rafforzamento e l'ammodernamento del nostro SSN “.

09 dicembre 2020
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