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Troise (Anaao): “Stiamo pensando alla possibilità di disdettare il contratto”


Lo spiega il segretario nazionale del sindacato nel suo ultimo editoriale su Dirigenza Medica. "Auspichiamo una stagione di rinnovi contrattuali per andare fuori dall’attuale immobilismo". “Non è tanto una questione di retribuzioni quanto di ruolo, di relazioni sindacali ed assetti normativi”.

28 MAR - L’incertezza del quadro politico uscito dalle urne pesa enormemente anche sulla possibilità di avviare a soluzione i problemi, sindacali e professionali, dei medici italiani e mette a rischio la stessa sostenibilità, economica e non solo, del sistema sanitario in cui operano. Parte da qui l'editoriale del segretario nazionale dell'Anaao Assomed, Costantino Troise, pubblicato sull'ultimo numero del giornale del sindacato.

 
"Il voto di febbraio ha espresso una rivolta elettorale che, per ampiezza e contenuti, segna la fine di una epoca, di quella stessa seconda repubblica forse mai nata. Una macedonia di rabbia, protesta, confusa proposta che, coniugando i riti della vecchia politica (la piazza) con i nuovi strumenti di comunicazione di massa (la rete), ha fatto irrompere una voglia di cambiamento all’insegna di una purezza quasi messianica con il rischio di tutto ridurre a questioni istituzionali. Con il risultato di disegnare tre minoranze incomunicabili tra di loro al punto da rendere incerta la nascita, e la durata, di quel governo di cui Paese e Sanità hanno disperato bisogno.
 
L’incertezza del quadro politico uscito dalle urne pesa enormemente anche sulla possibilità di avviare a soluzione i problemi, sindacali e professionali, dei medici italiani e mette a rischio la stessa sostenibilità, economica e non solo, del sistema sanitario in cui operano. La paralisi istituzionale lascia insolute le criticità né garantisce prospettive, in una crisi economica che sembra non conoscere fine, a chi è chiamato a tutelare la salute dei cittadini.
Anzi, ci sono ragioni per temere l’accelerazione dell’agonia di un sistema già allo stremo, che avrebbe bisogno di certezze, punti di riferimento per il cambiamento e stabilità giuridica e normativa per individuarne le coordinate. Per di più, se si dovesse prolungare il blocco dei contratti fino a tutto il 2014, si aggraverebbero anche le condizioni economiche, accentuando insofferenza, disagio e frustrazione, di chi in 3 anni di fermo ha già perso in potere di acquisto circa 30mila euro procapite, la quota individuale del debito pubblico nazionale. Se paga solo chi ha un reddito fisso e tracciabile non si allevia la crisi e si accentua l’insofferenza dei ceti sociali. Vivere alla giornata non risolve niente, lascia nella palude le Regioni in piano di rientro, un Sud che non riesce nemmeno a garantire i Lea e vede salire a punte preoccupanti la insoddisfazione dei suoi abitanti, le questioni che preoccupano i professionisti come medicina difensiva, ruolo e responsabilità professionale, crescita del contenzioso medico-legale, peggioramento delle condizioni di lavoro, precariato e formazione post laurea.
 
Il definanziamento di 31 miliardi di euro, lascito degli ultimi governi, di fatto iscrive tutte le Regioni nell’albo delle “canaglie” portando a tagliare servizi sanitari e sociali. La ulteriore diminuzione dello standard di posti letto, malgrado l’ospedale rappresenti, al di là dei buoni propositi, l’unico presidio a completa disposizione della domanda di salute dei cittadini con un lavoro medico equivalente a 14 mesi/anno, rende conto di strutture di Pronto soccorso prese di assalto al punto da rimanere prive di barelle. La mancata sostituzione di personale malato, in gravidanza o in pensione provoca carichi di lavoro eccessivi che incidono sullo  stato di salute degli operatori. Lo scippo dei fondi della contrattazione integrativa, laddove esistono, diventa un naturale corollario del mancato finanziamento del contratto nazionale. La persistenza del precariato oltre ogni limite di decenza mette a rischio la continuità assistenziale e incrementa la lunghezza delle liste di attesa. La Sanità italiana ha oggi meno soldi, meno personale, meno sindacato.
 
Solo apparentemente, allora, può sembrare un paradosso l’intenzione della Segreteria Nazionale e della Conferenza dei segretari Regionali dell’Anaao Assomed di avviare le procedure per disdettare il contratto di lavoro vigente ed aprire una stagione di rinnovi contrattuali che, speriamo in tempi non biblici, ci porti fuori da un immobilismo che alimenta una sorta di abulia depressiva figlia dell’impotenza. Non è tanto una questione di retribuzioni quanto di ruolo, di relazioni sindacali ed assetti normativi.
Abbiamo, però, bisogno non solo di un nuovo contratto, ma di un contratto nuovo, aderente alla necessità di rispondere meglio alle mutate esigenze di un corpo professionale in rapido mutamento. Un contratto che definisca una organizzazione del lavoro coerente con la transizione di genere e con i bisogni dei giovani, che affermi nuovi processi e nuove modalità di negoziazione, attento alla nuova realtà del mondo del nostro lavoro e all’esigenza di recuperare una coerente rispondenza tra incarichi, funzioni e retribuzioni. Per il quale serve una Anaao più forte, capace di reinterpretare e ri-rappresentare la dirigenza, medica e non solo. Il risultato elettorale parla, infatti, anche a noi, non solo perché in discussione potrebbero essere anche i corpi intermedi o i loro presunti privilegi, o perché viene riproposta nel programma di un movimento che si autoproclama nuovo la vecchia questione della netta separazione, per medici e dirigenti sanitari dipendenti, tra pubblico e privato, ma anche perché ha intercettato e rappresentato esigenze di rinnovamento che non possono non riguardarci. Ed il Congresso statutario di fine anno rappresenta una buona occasione per ri- definire l’idea di sindacato che abbiamo di noi stessi e vogliamo dare agli altri e per accelerare sulla strada del rinnovamento e della organizzazione, travolgendo vecchie abitudini, vecchie certezze, vecchi protocolli.
 
Non possiamo, e non dobbiamo, negare che oggi anche il sindacato appare vecchio. Vecchio ed in crisi. Quello confederale come quello professionale. Ma la consapevolezza della necessità di una svolta e di un salto in avanti coraggioso, capace di riallineare l’organizzazione alle nuove forme di aggregazione professionale e sociale, ci deve consentire di guardare con serenità e ottimismo al futuro. Per ritrovare, al di là della questione di numeri, l’effettiva e reale capacità di essere ancora i rappresentanti di chi lavora in sanità, nelle molteplici forme e nelle diverse funzioni esistenti. Dobbiamo guardare al mondo che cambia con occhi, mente e spirito nuovi, aperti alle novità, disponibili alla individuazione di altre forme del comunicare. Capaci di arruolare nuove leve con la logica del merito e della passione. Attenti al nuovo che avanza a partire dai giovani e dalla straordinaria crescita delle donne medico, una rivoluzione di genere che non può che far bene alla categoria. Solo così le nostre idee e le nostre proposte resteranno sempre credibili.
 
Nel momento in cui scrivo nulla si sa della possibilità di avere in tempi brevi un nuovo Governo. Possiamo solo auspicare che il Governo che verrà, quando verrà, crei le condizioni per un patto per la salute con tutti gli attori del sistema per salvare il servizio sanitario, pubblico e nazionale, la professionalità di chi lavora al suo interno, il futuro e la speranza di chi si è formato per un giorno lavorarci.
La salute non è un optional e le tutele non sono acquisite una volta per sempre. Se peggiora la sanità peggiora lo stato del Paese. La politica se ne renda conto condividendo con noi queste priorità prima che si giunga ad un punto di non ritorno".
 
Costantino Troise

28 marzo 2013
© Riproduzione riservata

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