Odontoiatria. Renzo (Cao): "Sono 10 mila i falsi dentisti, inasprire sanzioni contro abusivismo"
di Gennaro Barbieri
Il presidente nazionale della Commissione albo odontoiatri sottolinea "che ogni anno lo Stato subisce un danno erariale di 75 milioni soltanto a livello di Irpef". E sulla professione: "I giovani impiegano tre anni per trovare lavoro e diventano facilmente preda di strutture non certificate".
23 MAG - Abusivismo, numero eccessivo di professionisti, necessità di rivedere la formazione, crescenti difficoltà ad avviare una propria attività. Sono alcuni dei temi caldi che caratterizzano l'odontoiatria, non più considerabile una professione in grado di garantire sbocchi immediati e remunerazioni altisonanti. Ne abbiamo discusso con
Giuseppe Renzo, presidente nazionale della Commissione albo odontoiatri (Cao), alla vigilia dell'incontro con la stampa in cui verranno presentati e discussi i dati che emergono dallo studio svolto dall'Istituto di ricerche economiche e sociali (Eures) in collaborazione con la Cao e con l'egida di tutto il comitato centrale della Fnomceo.
In Italia i falsi dentisti sono quasi diecimila. L’abusivismo produce danni enormi, sia in termini economici che a livello di salute. Quali sono le principali conseguenze del fenomeno?
Il danno erariale ammonta, soltanto a livello di Irpef, a circa 75 milioni di euro. Una cifra enorme, che assume contorni ancor più drammatici se inserita all’interno dell’attuale contesto di profonda recessione. Si tratta di una situazione surreale, che si verifica proprio mentre lo Stato annaspa alla ricerca di nuove entrate per rispondere a bisogni sociali non più dilazionabili. Ancor più pesanti gli effetti dell’abusivismo sulla salute: aumenta la diffusione di malattie come Hiv ed epatite B e C, determinando così l’insorgere di nuovi costi per la collettività.
La crisi economica, soprattutto a causa dell’abusivismo, non sta risparmiando neanche gli odontoiatri che, nella percezione diffusa, vengono invece considerati una categoria privilegiata. Come sfatare questo luogo comune?
Questo è un punto essenziale. Siamo sempre stati abituati a concepire l’odontoiatria come una professione subito remunerativa, in grado di garantire un elevato livello di benessere. In realtà il tasso di disoccupazione si aggira intorno al 20% e i giovani impiegano anche tre anni per trovare un lavoro e circa sei per aprire uno studio proprio. E sono queste difficoltà che producono terreno fertile per l’abusivismo e rendono i giovani facilmente preda di strutture non certificate, che offrono lavori sottopagati e con turni massacranti.
Quali misure andrebbero messe in campo per contrastare il fenomeno dell’abusivismo?
Innanzitutto bisogna inasprire il profilo sanzionatorio, riformando l’articolo 348 del codice penale. L’esercizio abusivo della professione è punito oggi con una multa non certo salatissima, dato che va da 103 a 516 euro oppure con la reclusione sino a sei mesi. Senza gli adeguati deterrenti normativi, l’illegalità continuerà a proliferare. Altro aspetto importante, sarebbe riuscire a inserire l’esercizio abusivo tra i reati che determinano un danno all’integrità della persona. Con queste modifiche, il fenomeno sarebbe certamente ridimensionato.
In questo senso, state ricevendo risposte adeguate dalle istituzioni?
Sulla carta tutti forniscono garanzie e rassicurazioni di prim’ordine. Poi, purtroppo, la realtà si rivela molto diversa. L’assenza di interventi che contrastino l’abusivismo rischia però di penalizzarci anche a livello comunitario. Su questo tema, l’Italia è il ventre molle d’Europa. Con le leggi sulla libera circolazione delle merci, la strumentazione illegale viene agevolmente trasferita in altri Paesi, aumentando a dismisura il rischio di contagio delle malattie. Senza considerare i turisti che, puntualmente, finiscono in mano agli abusivi con le spiacevoli conseguenze del caso. E’ quindi necessario un intervento radicale. Gli strumenti illegali vanno confiscati, come accade per i beni della mafia, e riassegnati a organizzazioni che operano, per esempio, a sostegno di immigrati e tossicodipendenti. In caso contrario il rischio è che vengano ricomprati, magari tramite prestanome, dagli stessi abusivi.
Il problema riguarda anche l’eccessivo numero di dentisti che affollano il nostro Paese. Qual è la situazione e come invertire il trend?
In Italia esiste un vero e proprio esercito di professionisti che, ogni anno, viene rimpolpato da chi si laurea all’estero e poi si iscrive all’albo nazionale, quindi del tutto al di fuori del numero programmato dai ministeri dell’Università e della Salute. Bisogna anche aggiungere che, per chi viene da altri Paesi, non è previsto alcun esame che verifichi l’adeguatezza della formazione. C’è poi un discorso di selezione alla base, che finisce per favorire le fasce di popolazione più ricche. Se non si eredita uno studio dalla famiglia, le spese per aprire una nuova attività possono arrivare a toccare i 250mila euro, data la quasi totale assenza di incentivi. Una cifra inaccessibile in questa fase. La priorità da cui partire, a livello strutturale, sarebbe uniformare la formazione a livello europeo. Un punto su cui stiamo lavorando con grande impegno.
Gennaro Barbieri
23 maggio 2013
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