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Cassazione. Confermata condanna a un anno di carcere al farmacista che "copiava" i galenici


Commercio di medicinali guasti, frode nei confronti del brevetto di invenzione e ricettazione. Questi i reati per i quali un farmacista è stato condannato al carcere e al pagamento di sanzioni e spese processuali per 3.600 euro. Realizzava un galenico utilizzando un principio attivo nella quantità contenuta in un medicinale brevettato e commercializzato dalla MSD. Il testo della sentenza.

09 OTT - Esistono dei casi che, a tutela del diritto alla salute, giustificano la limitazione dei diritti di proprietà intellettuale e industriale sui farmaci, consentendo la realizzazione di una preparazione galenica con dosaggio diverso da quello contenuto nelle specialità medicinali offerte dal mercato. Ma in assenza di questi eccezionali requisiti, la realizzazione in farmacia di una preparazione sostitutiva di un farmaco già brevettato e immesso sul mercato è un reato.

Per questo la Corte di Cassazione, con la sentenza 39187 del 23 settembre 2013, ha giudicato un farmacista colpevole di commercio di medicinali guasti, fabbricazione di medicinali in frode al brevetto d'invenzione e ricettazione di cui agli articoli 443, 1127 e 648 del Codice penale e dell'articolo 88 del regio decreto 1127 del 29 giugno 1939. La Cassazione ha così confermato le sentenze già emesse dalla Corte di Appello di Cagliari e dal Tribunale di Sassari, che avevano condannato il farmacista a un anno e venti giorni di reclusione e a 600 euro di multa, stabilendo anche in capo all’imputato il pagamento delle spese processuali e il rimborso di quelle sostenute nel grado dalla parte civile, pari a 3.000 euro oltre accessori come per legge.

Il farmacista aveva utilizzato il principio attivo Finasteride 1mg nello stesso quantitativo della specialità medicinale Propecia (commercializzata dalla Merck, Sharp & Dohme Italia S.p.A) per realizzare un farmaco contro l’alopecia, venduto poi a un prezzo notevolmente inferiore rispetto a quello del farmaco brevettato e praticamente replicato dall’imputato. Per realizzare il farmaco, il farmaciasta sconfezionava le specialità medicinali sminuzzandole in mortaio e mescolandole con additivi. La miscela così ottenuta veniva poi inserita in capsule sprovviste di pellicole protettive, “nelle quali non risultava garantita una costante percentuale di principio attivo e di eccipienti”, osserva la Suprema Corte, secondo la quale è stata dunque accertata la “realizzazione di una specialità medicinale imperfetta e quindi pericolosa per la pubblica incolumità”. Secondo la Cassazione, infatti, “non è necessario in concreto la pericolosità del farmaco per la pubblica incolumità, essendo ritenuta sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delittuosa, la condotta di porre in commercio o somministrare un farmaco imperfetto, la cui composizione non corrisponda a quella dichiarata ed autorizzata”.

Inoltre, precisa la Cassazione nella sentenza, "l’allestimento del medicinale non avveniva sulla base della prescrizione medica, che richiedeva il principio attivo Finasteride 1 mg., mentre venivano utilizzati indifferentemente il Finastid 5 mg. ed il Proscar 1 mg., unitamente ai relativi eccipienti; ma in particolare non veniva previsto, attraverso la ricetta, alcun dosaggio personalizzato del medicinale, finalizzato a far fronte a particolari esigenze terapeutiche del paziente, quali ad esempio l’allergia o l’intolleranza alle specialità medicinali presenti in commercio. Inoltre - si legge ancora nella sentenza - i suddetti farmaci realizzati nella farmacia dell’imputato, considerati illegittimamente galenici magistrali, venivano destinati alla cura di una patologia differente, l’alopecia androgenetica, rispetto a quella per la quale era stata autorizzata l’immissione in commercio delle suddette specialità medicina, Proscar e Finastid, consistendo l’indicazione terapeutica di entrambi i suddetti farmaci nel trattamento e nel controllo dell’iperplasia prostatica benigna; viceversa per la cura dell’alopecia esisteva il farmaco Propecia 1 mg., che, appunto, sulla base delle decisioni di merito, risultava illegittimamente replicato in laboratorio con le modalità descritte dall’imputato".
 
In sostanza, conclude la Cassazione, "si è correttamente ritenuto carente il presupposto fondamentale idoneo a giustificare il ricorso al farmaco galenico magistrale e cioè la necessità per il medico ed il farmacista di fare ricorso ad esso, per l’impossibilità di curare il paziente attraverso i medicinali in commercio posti in vendita nel rispetto delle prerogative dei titolari dei relativi brevetti"

09 ottobre 2013
© Riproduzione riservata

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