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La sanità rischia di rompersi, tra muri e tagliole

di Ivan Cavicchi

Sembra che tutto sia accelerato dalla legge di stabilità, ma i risparmi che il governo chiede alle regioni sulla sanità (un paio di mld) non sono nulla in confronto degli sprechi che ci sono in questo settore (6 mld), e sono meno di nulla rispetto ad al volume potenziale di risparmio rappresentato dal malaffare, dalle diseconomie, dai reati fiscali (un quarto di tutta la spesa sanitaria).

21 OTT - Mentre aspettiamo i numeri veri della legge di stabilità, sento la necessità di proporre una riflessione di insieme .
Nella sanità sembra che qualcosa di prezioso e di irrinunciabile stia cedendo, come se su una casa comparissero delle crepe sui muri.

Vi sono:
-problemi finanziari, eppure questa estate governo e regioni hanno fatto un “patto” in cui si è concordato un fabbisogno finanziario per la sanità nell’ordine di 112 mld per il 2015 (una bella cifra),
-i blocchi ai contratti e al turn over che stanno sfiancando chi lavora nella sanità eppure, anche se a denti stretti, il sistema grazie agli operatori sembra reggere,
- le tasse sui malati per rientrare dai deficit di bilancio e infatti la gente che non riesce ad arrivare alla fine del mese ha cominciato a non curarsi,
-forme diverse di scontento sociale che prendono la forma di un crescente ricorso dei malati al tribunale per essere indennizzati o risarciti dagli errori medici,
-problemi di sfiducia crescente verso una politica nel suo complesso vissuta dalla maggior parte di noi come inetta ,corrotta, affarista
-vi è la percezione diffusa che non vi sia via di scampo e che ci si stia avvicinando “al si salvi chi può”.

E’ in questo quadro che io collocherei i ‘discorsi disperati’ di questi giorni: sindacati come quello dei medici di medicina generale (Fimmg) che propongono di garantire l’assistenza pubblica ai soli indigenti, presidenti di Regioni (Rossi in Toscana) che propongono la stessa cosa spingendo i redditi alti ad uscire dal sistema pubblico, regioni diverse che modulano i ticket sia sulle prestazioni diagnostiche sui prezzi di quelle private in modo da indurre i cittadini a curarsi nel privato perché più conveniente, piani di rientro delle regioni in disavanzo che tagliano senza esitazione i bisogni dei cittadini, strampalate riorganizzazioni gestionali dove alla faccia della territorialità si affidano ‘vasti’ territori a gestioni super centralizzate ecc.

Che sta succedendo? Apparentemente sembra che tutto sia accelerato dalla legge di stabilità, ma resto perplesso, in fin dei conti i risparmi che il governo chiede alle regioni sulla sanità (un paio di mld) non sono nulla in confronto degli sprechi che ci sono in questo settore (6 mld), ma sono meno di nulla rispetto ad al volume potenziale di risparmio rappresentato dal malaffare, dalle diseconomie, dai reati fiscali (un quarto di tutta la spesa sanitaria). E allora? Per quale ragione “la sanità pubblica” rischia di rompersi?

Vorrei esprimere le premonizioni che provo nei confronti dei pericoli che avverto con due metafore:
-è come se la sanità si trovasse di fronte ad un muro non scavalcabile, ma non perché sia alto ma solo perché la politica non è in grado di saltarlo,
-è come se la sanità fosse un animale poveretto che, non potendo liberare la zampa dalla tagliola, se la taglia a morsi per sopravvivere.

Nel primo caso si vuole tornare indietro, cercando in qualche modo di liberarsi di questo sistema avvertito ormai come un fardello, quindi facendo una operazione all’insegna della regressività. C’è chi vuole tornare alle mutue, chi alla beneficienza pubblica per i più bisognosi, chi ai sistemi privati di tipo assicurativo, chi al neo corporativismo, chi ai doppi contratti collettivi e individuali ecc.

Nel secondo caso si abbandonano i valori vissuti ormai, a torto o a ragione, come impossibili, la solidarietà l’universalità, l’eguaglianza, la professionalità, la territorialità, la salute...cioè si tagliano via parti costitutive del nostro essere sistema pubblico, dando l’idea di interessi che per sopravvivere sono disposti a tutto.

Ma se le mie metafore reggono come rappresentazione della realtà, allora non la sanità poveretta è il problema...e neanche i muri e le tagliole che fanno parte del gioco, ma coloro che dovrebbero saltare e non lo sanno fare e coloro che restano intrappolati perché non sono capaci di evitare le trappole.

La sanità rischia di rompersi non per colpa sua, essa è quella che è, ha i sui anni e quindi i suoi acciacchi, e nonostante ciò, infinite possibilità di rinnovamento, ma perché troppo è il carico di limiti che la schiacciano. I sindacati sono fuori gioco e non riescono a tirare fuori proposte contro la svalutazione del lavoro e il loro annullamento, le aziende poverette sono diventate il loro contraddittorio, cioè sono ciò che non dovrebbero essere , le organizzazioni sociali che dovrebbero rappresentare i cittadini tacciono anche davanti all’ignominia, le società scientifiche e le università è come se non esistessero perché la conoscenza scientifica in sanità non conta più niente, le istituzioni regioni e governo sono ormai alla commedia all’italiana, dove tutto è ammesso, patti, tradimento dei patti, finanziamenti e contro finanziamenti, tagli e controtagli in un gioco dove non sembra esserci più uno Stato ma tante istituzioni pubbliche impegnate, in nome della dialettica, a fregarsi una con l’altra, il Parlamento infine che gioca alle commissioni di indagine sulla sostenibilità ad esito scontato, conforme agli interessi corporativi che siedono tra i suoi banchi.

Un monito: la sanità rischia di rompersi o di finire davanti a un muro che nessuno riuscirà a saltare, o di mettere il piede in una trappola perché nessuno sarà in grado di evitarla. La “cura” rischia di rompersi per “in-curia” e per “in-curanza”...che si fa?

Ivan Cavicchi
 


21 ottobre 2014
© Riproduzione riservata

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