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Intervista a Renzo (Cao): “Per gli odontoiatri autonomia politica, previdenziale, gestionale, economica ed amministrativa”

di Luciano Fassari

“Servono norme contro l’abusivismo professionale. Stop a chi vuole trovare impossibili spazi occupazionali”. E poi sulla formazione: “No alle università fabbriche di diplomi”. E sulla possibilità di fare pubblicità dopo il recente pronunciamento del Tar e la multa Antitrust: “Pronti a ricorre fino a Corte europea”

03 APR - È giunto al suo settimo mandato alla guida della Commissione Albo odontoiatri della Fnomceo ma, Giuseppe Renzo non ha perso l’entusiasmo. E in vista del prossimo triennio lancia in quest’intervista gli obiettivi della Cao: “Autonomia politica, previdenziale, gestionale, economica ed amministrativa”. Ma Renzo parla anche dell’abusivismo professionale. “Al di là delle dichiarazioni tutte favorevoli dei politici all’approvazione di una normativa che garantisca una vera repressione dell’abusivismo, esistono comportamenti che ho definito ambigui e corporativi da parte di chi vuole perpetuare l’attuale situazione per quieto vivere e per trovare impossibili spazi occupazionali”. Ma poi anche formazione. “Basta a università fabbriche di diplomi”. E infine sulla sentenza del Tar sulla vicenda della pubblicità in ambito sanitario e la multa dell’Antitrust. “Pronti ad arrivare fino a Corte europea”.
 
Presidente, sta per iniziare il suo settimo mandato. Ha in mente un cambio di strategia rispetto all’obiettivo della valorizzazione e tutela della professione odontoiatrica? 
No, non credo ci siano variazioni da apportare. Il ruolo della Cao è un “working in progress” e mandato dopo mandato, deve risultare consolidata la credibilità e il prestigio della componente ordinistica dell’odontoiatria. Con soddisfazione possiamo registrare come la nostra rappresentanza viene ormai da tutti giustamente considerata un interlocutore imprescindibile. Interlocuzione che deve rappresentare, nel contesto istituzionale, un modus operandi volto al raggiungimento dell’obiettivo primario: Autonomia politica, previdenziale, gestionale, economica ed amministrativa.
 
Rispetto al suo primo mandato cos’è cambiato nella professione?  
La professione rimane sempre quella tradizionale in cui prevale e deve prevalere l’aspetto intellettuale che si coniuga con la responsabilità nei confronti dei pazienti. Quello che è cambiato è il contesto di crisi economica che avvilisce l’intero Paese e che colpisce sempre di più anche la domanda di assistenza sanitaria con danni rilevanti per la tutela della salute ed in subordine anche per il lavoro dei professionisti.
 
Cosa si sente di prendere dal passato in questo nuovo triennio e cosa invece non rifarebbe? 
E’ difficile ragionare i termini di bilanci in una prospettiva come la nostra in continuo divenire. Posso solo dire che voglio portare nel mio “zaino” di esperienze, l’impegno di affrontare con coerenza i problemi e la capacità di condividere questa esperienza con i Colleghi della Cao nazionale e con tutti i Presidenti delle Cao Provinciali. Per quanto riguarda alcune negatività, la mia esperienza non è diversa da quella di tutti gli italiani: troppo spesso ci fidiamo delle parole dei politici che spesso non si traducono in azioni conseguenti.
 
Nelle prime dichiarazioni dopo il voto aveva annunciato la richiesta di maggiore autonomia dei Cao provinciali rispetto agli Ordini. Può spiegarci meglio? Questo tema potrebbe mettere in dubbio la vostra permanenza nella Federazione? 
Le mie dichiarazioni, ormai datate, riguardano in genere il ruolo di tutte le Cao provinciali e , quindi, non faccio specifico riferimento alla Cao Nazionale. Da un punto di vista politico quello che conta è promuovere una sempre maggiore autonomia della componente odontoiatrica nell’ambito dell’unico Ordine dei Medici. La proposta di legge sulla riforma delle professioni sanitarie attualmente all’esame del Parlamento, prevede proprio in questo campo , significative modifiche nel senso da noi auspicato. Se anche la “politica” ha posto in atto un processo riformatore che preveda un ruolo definito e distinto e, se questo processo ha già ottenuto l’approvazione di uno dei due rami del parlamento, occorre che in modo costruttivo ed anticipatore gli organismi interni delle rappresentanze (CN dei Presidenti degli Ordini ed Assemblea Nazionale dei Presidenti CAO), pongano in essere un atto di indirizzo qualificante ed autonomo, per autodeterminazione. Mi aspetto, e come me tutti i Presidenti CAO, che questa nuova "politica ordinistica" emerga presto, anche per evitare inutili fibrillazioni che Lei ha ben evidenziato.
 
Un tema su cui da sempre si batte è quello del contrasto all’abusivismo professionale. Chiedete da molto tempo una riforma delle norme che però non arriva. Secondo lei quali sono le ragioni?  
Credo che al di là delle dichiarazioni tutte favorevoli dei politici all’approvazione di una normativa che, finalmente modificando l’art 348 c.p., garantisca una vera repressione dell’abusivismo, esistano comportamenti che ho definito ambigui e corporativi da parte di chi vuole perpetuare l’attuale situazione per quieto vivere e per trovare impossibili spazi occupazionali. Si dimentica che siamo di fronte non ad un reato “bagatellare” ma a violazioni gravissime delle più elementari norme di tutela della salute dei cittadini. Non permetteremo che questa azione trovi risultato; ribadisco quanto espresso a dei suoi Colleghi : siamo certi che grazie anche ad una nuova sensibilità dell’opinione pubblica sul problema dell’abusivismo, l’intervento del legislatore possa arrivare in tempi forse più brevi del previsto. Un giorno, spero , anche l’Antitrust si accorgerà della concorrenza sleale esercitata dagli “abusivi” e darà seguito alle nostre segnalazioni riguardanti l’illegale fenomeno. Nel frattempo, la disinformazione ed il pressapochismo saranno sempre di più contrastati da una corretta comunicazione: impegno primario portato avanti con successo.
Un ruolo importante viene svolto dal “giornalismo” e dalle organizzazioni dei “consumatori” e dei “cittadini”.
Contribuire a fare prendere coscienza che un atto abusivo in Medicina configura un danno alla persona e che le ripercussioni possono essere irrimediabili: questo  è, certamente,  il nostro compito primario.
 
La sentenza del Tar sulla vicenda della pubblicità in ambito sanitario e la multa dell’Antitrust rischia di 'depotenziare' il Codice deontologico ed in generale il ruolo dell’Ordine? 
La sentenza del Tar Lazio costituisce un primo se pur limitato e parziale passo in avanti  in quanto, se da un lato il provvedimento dell’Antitrust non è stato annullato, dall’altro si è proceduto a dimezzare l’importo della sanzione economica che era stata irrogata alla Federazione. Occorre segnalare che questo è un primo passaggio e che l’esito negativo, paventato ed atteso non modifica il nostro impegno: la questione effettivamente riguarda anche la difesa del ruolo degli Ordini in campo deontologico e sarà portata di fronte al Consiglio di Stato e, se occorre, anche alla Corte di Giustizia Europea.
Dopo di ché e/o nel corso di questa lunga e sofferta vicenda, chi ha un ruolo non marginale (Ministero Salute , la Politica)dovrà esprimere un parere in merito al tema di fondo: Salute, in quanto Diritto Costituzionalmente riconosciuto, oggetto di pratiche mercantili o no?
 
Tema formazione. Cosa si sente di dire ad un giovane che vuole avvicinarsi alla professione? 
In primo luogo ritengo che anche in questi difficili contesti non indurrei mai al pessimismo i giovani che intendono abbracciare una professione importante e densa di soddisfazioni non certo soltanto economiche. Certamente la Cao Nazionale ha affrontato in profondità il tema della riforma dei processi formativi e delle regole di accesso alla professione. Il tema è stato da noi posto ed affrontato da lungo tempo e ben prima che le norme comunitarie sulla libera circolazione entrassero in vigore. La programmazione deve trovare una progettualità comunitaria . Non si può lasciare campo libero a chi, anche legalmente, ha fatto della “formazione” un commercio.
Il tema della formazione e dell’accesso ai nostri corsi di laurea, è estremamente  delicato  perché prevede la necessità di una condivisione coerente sugli obiettivi da parte di tutte le componenti interessate: Ministero dell’Università, Ministero della Salute, Università, Ordini e Federazione. La Cao Nazionale sta dando un contributo di chiarezza mettendo a disposizione di tutti gli interessati, quindi, anche dei docenti e degli studenti, il recente rapporto Eures che sintetizza in base a dati finalmente obiettivi, i termini delle questioni e le possibilità di soluzioni che ci si augura, coraggiose e definitive.
 
Negli ultimi anni si è battuto, oltre che per nuove risorse, perché l’accesso alle università fosse programmato ai reali  fabbisogni. Pensa che la politica stia agendo in questo senso? E cosa si dovrebbe fare per evitare in futuro il precariato e le migrazioni verso l’estero che vediamo oggi? 
La reale individuazione dei fabbisogni dei professionisti sanitari, per troppo tempo lasciate alle dinamiche esclusivamente burocratiche, è ora approdata all’attenzione anche dell’Unione Europea ed io sono convinto che solo in questi ambiti si potranno dare risposte precise e non strumentali. In questa maniera, finalmente, almeno in ambito europeo, si potrebbe programmare la formazione di professionisti nel numero sufficiente ed adeguato ai bisogni reali senza farsi condizionare dagli interessi delle strutture universitarie troppo spesso “fabbriche di diplomi”. Anche il MIUR non ha dato risposte certe riguardo a situazioni da noi pubblicamente denunciate. La situazione "Tirana" non ha trovato ferma regolamentazione, gli "errori" ed i "pasticci" che hanno accompagnato gli ultimi bandi hanno ingenerato un legittimo senso di sfiducia, se non illazioni su presunti interessi di chi, invece, avrebbe dovuto vigilare e garantire i diritti dei corretti. Non possiamo lasciare che le risorse economiche (sempre minori) siano utilizzate per formare giovani medici e che poi il “prodotto finito”, non trovando lavoro, emigri  in altri paesi (alcuni hanno trovato utile, per questo, chiudere i corsi di laurea) arricchendo altre realtà. Si tratta di sperpero di risorse (collettive e personali) distogliendole dall’assistenza, che com’è a tutti noto non garantisce più neanche i LEA.
 
Nella Relazione sullo stato sanitario del Paese si segnalava come ormai l’odontoiatria pubblica sia de facto una chimera. Basta la prevenzione o un'altra soluzione c'è?
Anche io condivido il pessimismo sulla effettiva possibilità che l’odontoiatria pubblica possa, almeno in un futuro prossimo, farsi carico delle esigenze di salute odontoiatrica dei cittadini. La realtà è semplice e brutale: le cure odontoiatriche hanno costi elevati e nell’ambito di una grave crisi economica è ben difficile che il SSN possa farsene carico. Credo che la rete degli studi odontoiatrici che da sempre fornisce un’assistenza adeguata ai nostri cittadini possa essere in grado di dare risposte anche se occorrerebbe trovare sistemi che consentano al professionista di abbassare il livello dei costi che deve sostenere.
Non certo moritificandone la mission "libero professionale" o abbattendone i livelli qualitativi.
Potrebbe essere utile prevedere da un lato, sgravi fiscali maggiori in favore dei cittadini che usufruiscono delle cure odontoiatriche e dall’altro, procedere in una semplificazione del complesso apparato burocratico cui deve far fronte l’odontoiatra per mantenere il proprio studio professionale. E’ evidente che questa semplificazione dovrebbe eliminare gli aspetti burocratici senza togliere una virgola alla necessità di rispettare i requisiti di sicurezza e di igiene che sono, ovviamente, imprescindibili. Si dovrebbe, però , iniziare con il togliere potere all'apparato burocratico; non molti sono a conoscenza del fatto, ad esempio, che nonostante tutto l'impegno posto dalla professione, rimane bloccato (non so perché e per responsabilità di chi) in un cassetto del Ministero della Salute il regolamento autorizzativo dei requisiti minimi strutturali che porterebbe finalmente tranquillità tra i professionisti e regole univoche per tutti gli studi insistenti sul territorio nazionale.
Sono d’accordo con lei, peraltro, che la strada maestra è quella della promozione della cultura della prevenzione che permetterebbe una vera tutela della salute senza la necessità di interventi troppo procrastinati e , quindi, più onerosi. Non nascondo la mia preoccupazione derivata da questo problema che, aggiunto al pressante attacco concentrato sul mondo delle professioni liberali da parte dei poteri forti che vogliono ridurre il ruolo di tutti i professionisti a quello di imprenditori soggetti soltanto alle leggi del mercato e della libera concorrenza, si sta rilevando sempre più pervasivo e destruente. Si tratta di un tema culturale ed etico, oltre che giuridico, che è difficile affrontare in un contesto in cui sembrano prevalere soltanto considerazioni di carattere economico e finanziario. Sono certo, peraltro, che almeno per quanto riguarda le professioni sanitarie, il rapporto fra medico e paziente non potrà mai essere ricondotto soltanto alla dialettica commerciale azienda-cliente, ma che con coraggio continueremo a porre all’attenzione di tutti.
 
 
Luciano Fassari

03 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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