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Intervista a Mandelli (Fofi): “Il ddl concorrenza è una sfida da non sottovalutare. Le farmacie diventino attore economico”


Questa innovazione può diventare una vera evoluzione se le società, le cooperative e le aggregazioni che sono nate da noi farmacisti sapranno sfruttarla per compiere un salto di qualità, per uscire dalla logica del gruppo d’acquisto per entrare in quella dell’attore economico capace di creare un progetto di intervento concreto

19 MAG - “Questa è una convention per tutti i farmacisti. Indipendentemente dalla loro collocazione lavorativa. Titolari di una farmacia o di una parafarmacia. Dipendenti o collaboratori. Farmacisti ospedalieri o impegnati nell’università o in un’azienda del settore. E una convention così fino ad oggi non c’era e con queste seconda edizione di FarmacistaPiù siamo riusciti a dare per tre giorni una “Casa” aperta a tutti per discutere, confrontarsi tra noi e con esperti del settore ai massimi livelli”.
 
Per il presidente della Fofi Andrea Mandelli è questa la caratteristica principe della tre giorni promossa dalla Fondazione Cannavò, con il patrocinio “attivo” della Fofi, che si è conclusa la settimana scorsa a Milano.
 
Presidente quale bilancio per questa seconda edizione?
L’andamento della seconda edizione di FarmacistaPiù ha portato con sé alcune conferme e anche qualche novità, tutte importanti per la Federazione. Innanzitutto abbiamo avuto la conferma che di un’assise della professione c’è effettivamente bisogno e che questa esigenza è largamente condivisa. Infatti oggi la nostra professione, nelle sue diverse declinazioni, si trova a confrontarsi con i mutamenti indotti dalla crisi economica, che colpisce tanto la rete delle farmacie di comunità quanto le strutture sanitarie pubbliche, e dall’altra parte dalla necessità di rivedere il modello stesso del processo di cura sul territorio, che nasce ben prima della crisi ma che a questa si è andata a sovrapponendosi.
 
E cosa è emerso in proposito?
Prima di tutto che siamo di fronte a una congiuntura particolare perché essa ha una diretta conseguenza sull’azione della professione che, stando così le cose, non può e non deve basarsi su risposte puramente difensive. In altre parole, non è più possibile una linea di difesa dell’esistente perché l’assetto storico è già stato modificato. Si tratta quindi di proporre una nostra via al cambiamento, di elaborare modalità di governo dei processi di trasformazione in atto.
 
In che modo il farmacista può diventare attore e non “vittima” di questi processi?
Se le sessioni plenarie a cura della FOFI hanno affrontato temi più generali  quali le linee di trasformazione del SSN e gli effetti del DdL Concorrenza, mettendo a confronto le posizioni della politica, delle istituzioni sanitarie, ma anche quelle delle componenti del comparto del farmaco, non c’è stato un solo convegno in cui non venissero prospettate soluzioni concrete a problemi ben identificati: dal ruolo del farmacista in ospedale e l’assetto delle scuole di specializzazione, nel convegno animato dalla SIFO, alle possibilità che si aprono al farmacista di comunità in tema di studi e ricerche nel setting del territorio, nell’incontro organizzato dalla SIFAC. E poi altri aspetti, spesso poco indagati ma ancora più importanti come il contratto di rete e le possibilità di aggregazione. Vorrei anche ricordare che la Federazione ha scelto questa occasione per presentare i dati preliminari della nostra sperimentazione dell’I-MUR,  che è il capostipite delle prestazioni professionali in farmacia, per le quali non occorrono tanto le tecnologie quanto la competenza e l’attenzione del farmacista. Dati molto positivi, come quelli delle altre esperienze di pharmaceutical care che sono state presentate, a cominciare dal quella della Regione Piemonte sul gestione territoriale del paziente diabetico. Tutti aspetti che rinviano a un rapporto sempre più intenso anche con l’Università, che non ha fatto mancare il suo prezioso apporto.  E infine ricordo anche il positivo  contributo offerto alla discussione dai colleghi che hanno fatto la scelta degli esercizi di vicinato.
 
Ma il farmacista è “solo” in questa continua evoluzione professionale?       
No. E infatti un altro aspetto che merita di essere sottolineato è l’apertura di un dialogo e di uno scambio con gli altri professionisti della salute, a cominciare dai medici, che in molti dibattiti si sono confrontati con noi  e ci hanno offerto un punto di vista prezioso per cominciare a costruire sul territorio una nuova collaborazione che metta al centro il paziente, rispetti ambiti e competenze esclusivi ma, alla fine, converga su un unico risultato: una migliore tutela della salute, un uso più razionale delle risorse. E anche se non è una novità, non va trascurato l’apporto alla discussione che è venuto dagli altri protagonisti del comparto farmaceutico: l’industria, la distribuzione.
 
Prima ha accennato al ddl concorrenza. Quali nuove prospettive sono emerse dalla convention?
Anche dall’approfondita discussione nelle due sessioni plenarie di FarmacistaPiù,  è emerso che in Europa e nel mondo non esiste un modello unico e nemmeno un modello prevalente o un gold standard su cui misurarsi. Tanto per fare un esempio, nella patria delle catene, gli Stati Uniti, c’è uno stato, il Nord Dakota, che ha rifiutato con un referendum popolare questo modello.  Premesso questo, è evidente che la presenza dei capitali in farmacia può  rispondere alla necessità di ridare slancio economico a un settore provato da anni di crisi generale ma anche di tagli lineari alla spesa farmaceutica. Allo stesso modo la possibilità per un unico soggetto di possedere più farmacie può rispondere a un’esigenza che ci viene posta dalla necessità di integrare il farmacista di comunità nel processo di cura: formare catene e aggregazioni, anche virtuali, consente di mettere a punto prestazioni sanitarie standardizzate e riproducibili. Quindi servizi che possono essere proposti al SSN o, eventualmente, a chi eroga assistenza sanitaria integrativa.
 
Quindi dal ddl potrebbero anche emergere risvolti positivi?
Come rappresentante della professione, ritengo che questa innovazione possa diventare una vera evoluzione se le società, le cooperative e le aggregazioni che sono nate da noi farmacisti sapranno sfruttarla per compiere un salto di qualità, per uscire dalla logica del gruppo d’acquisto per entrare in quella dell’attore economico capace di creare un progetto di intervento concreto. Un’occasione anche per abbandonare la logica troppo individualista che ha caratterizzato la nostra professione fino a ora. Affrontiamo quindi un cambiamento da governare, ma ponendo dei paletti ben saldi, a cominciare dalla conservazione della pianta organica, senza la quale diviene arduo poter parlare ancora di un servizio farmaceutico equo ed efficace. 

19 maggio 2015
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