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Intervista a Oliveti (Enpam): “Rafforzare l’autorevolezza dei medici è la base per garantire le pensioni del futuro. Una battaglia che porteremo avanti insieme a Ordini e sindacati”

di Eva Antoniotti

Ieri si è riunito per la prima volta il nuovo CdA dell’Ente (vedi foto). In questa intervista il presidente illustra le strategie dei prossimi cinque anni: "L’Enpam si fonda sul patto generazionale: i giovani medici pagano le pensioni dei medici anziani. Per questo la qualità della professione è la base della sostenibilità del sistema. In collaborazione con gli Ordini, la Fnomceo e i sindacati, vogliamo contribuire a rafforzare l’autorevolezza della professione"

18 LUG - Sfida la superstizione il nuovo CdA dell’Enpam che si è riunito per la prima volta ieri, venerdì 17. Ma le vere sfide sono altre, a cominciare dal garantire il mantenimento dei flussi contributivi in una fase in cui la professione medica vive una crisi cui concorrono tanti elementi diversi. Proprio per questo, spiega Alberto Oliveti appena confermato alla presidenza con un voto quasi bulgaro dell’Assemblea nazionale (164 voti su 174), si è costruito un Consiglio d’Amministrazione ristretto nei numeri (da 27 a 16) ma agguerrito nella rappresentanza, includendo i vertici dei 6 maggiori sindacati medici italiani: Giacomo Milillo (Fimmg), Costantino Troise (Anaao), Riccardo Cassi (Cimo), Roberto Lala (Sumai), Giampietro Chiamenti (Fimp) e Gianfranco Prada (Andi).
 
Accanto a loro Giovanni Pietro Malagnino in rappresentanza della libera professione, Giuseppe Renzo per la componente odontoiatrica e 3 presidenti di Ordine: Anna Maria Calcagni (Fermo), Stefano Falcinelli (Ravenna) e Eliano Mariotti (Livorno).
 
Dal mondo della medicina generale si sono anche Luigi Galvano e Franco Pagano, mentre Pasquale Pracella rappresenta la consulta della libera professione e Francesco Buoninconti quella della specialistica ambulatoriale.
 
Presidente Oliveti, nel quinquennio appena concluso avete realizzato grandi riforme nell’Enpam, cambiando il sistema degli investimenti, la struttura della previdenza e lo Statuto. Nei cinque anni a venire forse avrete poco da fare….
Tutt’altro. Innanzi tutto dobbiamo manutenere e migliorare quello che abbiamo realizzato. Ma soprattutto dobbiamo contrastare le nuvole all’orizzonte che minacciano la professione medica e, di conseguenza, i flussi contributivi in entrata che sono alla base della catena generazionale che è la previdenza. E poi vogliamo batterci per una piena autodeterminazione della Cassa, che ne rispetti la natura privata e limiti il ruolo dello Stato alla vigilanza sul raggiungimento dei nostri obiettivi, come peraltro abbiamo ampiamente dimostrato di saper fare.
 
Andiamo per ordine. Quali sono le nuvole che minacciano la professione medica?  
Credo che le criticità siano sotto gli occhi di tutti. Basti pensare a quanta domanda sanitaria si sta spostando sulle reti informatiche, dando “risposte” sia pure assai discutibili. E a quanta viene intercettata dalle nuove realtà create dalle società di capitale, che raccolgono un fiume di denaro e generano un rivolo di contributi ai professionisti. Ancora: una cosa interessante e importante come l’Europa senza frontiere rischia di trasformarsi in un pericolo, portando all’estero i giovani medici italiani e quindi anche i loro contributi previdenziali. Come si contrasta questo pericolo? Vogliamo chiudere le frontiere? Credo piuttosto che dovremmo lavorare per far sì che i colleghi più giovani possano trovare qui occasioni di lavoro interessanti, attraenti e remunerative. Per questo stiamo programmando e realizzando investimenti sulla professione, o mission related per chi ama l’inglese.
 
Quali investimenti avete già realizzato e quali state programmando?
Abbiamo investito 100 milioni in Enel Green Power, che vuol dire energie alternative, perché siamo convinti che faccia parte dei nostri compiti anche contribuire alla creazione di un ambiente più sano. E siccome, da medici, sappiamo quanto è importante diffondere la consapevolezza riguardo ad un’alimentazione sana, stiamo collaborando al progetto Fico (Fabbrica Italiana Contadina) che porterà alla realizzazione a Bologna di una esposizione permanente sulla cultura agro-alimentare italiana. Ma, venendo a terreni più specifici, abbiamo già investito 150 milioni di euro in Principia Health, che si occupa proprio di finanziare start up rivolte al mondo sanitario italiano. E, in prospettiva, vogliamo investire sempre più nel mondo sanitario, soprattutto nella sanità territoriale , ovvero su progetti legati a domiciliarità e residenzialità, e nella ricerca, perché su questi terreni le esigenze, e le potenzialità, sono molte, ma gli investimenti pubblici sono quasi inesistenti. E poi vogliamo creare borse di studio, per sostenere i giovani con capacità in un percorso di formazione lungo e troppo gravoso per alcune famiglie.
 
Sono investimenti “di immagine” o hanno anche un valore economico?
Il nostro obiettivo primario è uno: garantire le pensioni dei medici. Quindi i nostri investimenti devono avere una prospettiva di ritorno economico e tutti quelli che ho esposto ce l’hanno. Ma, ragionando in termini più ampi, bisogna anche andare al di là dei tornaconti immediati: ogni investimento è un rischio e allora meglio puntare sul futuro della professione e sul futuro del nostro Paese, che è un gigante che dorme e che vorremmo contribuire a svegliare.
 
Insomma, Enpam a difesa della professione medica a tutto tondo.
L’Enpam si fonda sul patto generazionale: i giovani medici pagano le pensioni dei medici anziani. In questo senso, la qualità della professione medica è la base della sostenibilità dell’Enpam. Per questo, in collaborazione con gli Ordini, la Fnomceo e i sindacati, vogliamo contribuire a rafforzare l’autorevolezza della professione, che deve fondarsi sulla qualità.
 
Come si difende la qualità della professione?
Noi stiamo sviluppando un sistema di welfare professionale che sostenga medici e odontoiatri nell’affrontare i costi assicurativi e sanitari, la previdenza complementare, l’accesso al credito. E anche i rischi imprevisti: Enpam è intervenuta a sostegno dei colleghi in tutte le aree, come la Sardegna e recentemente il Veneto, dove eventi naturali drammatici hanno prodotto danni alle strutture lavorative e ai beni dei professionisti. Inoltre pensiamo di intervenire tutelando l’attività dei medici, sostenendo la formazione, le fasi di ingresso e di uscita dal lavoro, la genitorialità.
Ma la qualità della formazione va difesa anche rafforzando i sistemi di certificazione e di verifica. Forse, ad esempio, si potrebbe pensare a rinnovi periodici dell’abilitazione professionale, come si fa per la patente di guida. Mi rendo conto che potrebbe essere una misura poco gradita, ma se vogliamo ottenere il riconoscimento della gente, dobbiamo metterci in gioco. Siamo una comunità professionale, basata sul metodo scientifico e che deve far valere al suo interno il pieno dispiegarsi di scienza e coscienza. Faccio un solo esempio. Sul caso Stamina non esisteva una sola evidenza scientifica, anche se posso comprendere che in coscienza si potesse ritenere di utilizzarla come terapia compassionevole. Ma come si è potuto sostenerne il valore scientifico in tribunale? E perché non abbiamo reagito a certi comportamenti, all’interno della nostra comunità? Dobbiamo far sentire la nostra voce, far valere le ragioni del nostro sapere, orientare l’opinione pubblica, se vogliamo ritrovare autorevolezza.
 
Tra gli obiettivi dei prossimi cinque anni, lei indica l’autodeterminazione della Cassa. In cosa consiste?
Negli anni ’90 (d.leg. 509/94 ndr) tutte le Casse dei professionisti vennero privatizzate, per evitare che i loro eventuali dissesti potessero gravare sui bilanci dello Stato. Più esattamente si decise di trasformarle in enti privati, con piena responsabilità economica, mantenendone le finalità pubbliche (le pensioni) e dunque il controllo statale sul raggiungimento degli obiettivi.
Quando l’Italia dovette presentare i bilanci per l’ingresso nella moneta europea, si decise però di inserire l’Enpam nell’elenco Istat degli Enti pubblici, per poter conteggiare il suo bilancio positivo nel patrimonio pubblico. Eravamo e siamo convinti che l’ingresso nell’euro fosse un bene per il Paese, e dunque anche per noi, e dunque accettammo l’inserimento. Da quel momento, però, Enpam viene vigilata dai ministeri competenti non solo per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi, ma anche nel merito delle scelte e degli strumenti utilizzati per ottenerli. Questo produce lentezze e anche situazioni paradossali: con la spending review, anche Enpam ha dovuto dare allo Stato una parte delle sue risorse, ma mentre per gli enti pubblici si è trattato di una restituzione, per la Fondazione – che dallo Stato non riceve nulla – è un vero e proprio prelievo forzoso.
Vogliamo “fare un tagliando” alla norma che ci ha dato la status di Ente privato, definendo con i ministeri vigilanti metodi e parametri efficienti, che restituiscano all’Enpam il diritto di regolare autonomamente le sue attività, limitando il ruolo dello Stato alla verifica del raggiungimento degli obiettivi. Secondo i calcoli attuariali, siamo in grado di garantire l’erogazione delle pensioni in una prospettiva di 50 anni: mi sembra che gli obiettivi li abbiamo raggiunti!
 
Eva Antoniotti

18 luglio 2015
© Riproduzione riservata

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