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Previdenza. Anche i medici incaricati provvisori dei penitenziari hanno diritto al riconoscimento della pensione

di Domenico de Angelis

Riconosciuto dal Tribunale di Napoli il diritto, per alcuni medici che hanno svolto e continuano a svolgere, senza soluzione di continuità, da oltre una decina d’anni le proprie funzioni di medici incaricati provvisori presso l’OPG di Aversa, alla stessa contribuzione prevista per i medici assunti a mezzo concorso pubblico che svolgono le medesime mansioni. LA SENTENZA

01 AGO - Finalmente anche i medici incaricati provvisori dei penitenziari stanno avendo giustizia. Tre recentissime sentenze del Tribunale di Napoli Nord (n. 564/2015, n. 566/2015, n. 571/2015, tutte depositate il 6/7/2015) hanno accolto il ricorso di alcuni medici che avevano fatto istanza per il riconoscimento della loro posizione previdenziale, assolutamente omessa, prima dal Ministero della Giustizia e successivamente, a far data dall’1/10/2008 (a seguito del passaggio della Sanità Penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale) anche dall’ASL di Caserta.

Nella fattispecie i medici ricorrenti hanno svolto e continuano a svolgere, senza soluzione di continuità, da oltre una decina d’anni le proprie funzioni di medici incaricati provvisori presso l’OPG di Aversa e ciò a seguito di convenzione ex art. 50 legge 740/70.

Orbene la norma in questione recitava testualmente: “nelle ipotesi di assenza o impedimento del medico, del farmacista o del veterinario incaricati previste nei precedenti artt. 19, 22, 23, 27, 31, 32, 33, 34, 35, 36 e 46 il direttore dell’istituto, qualora risulti impossibile assicurare il funzionamento dei relativi servizi, provvede immediatamente alla sostituzione del sanitario assente o impedito con altro sanitario iscritto al rispettivo ordine professionale, dandone comunicazione al Ministero. Al sanitario incaricato di sostituire, in via provvisoria, il titolare, ai sensi del precedente comma spetta un compenso giornaliero di importo pari ad 1/30 della misura iniziale del compenso mensile di cui al precedente art. 38 e delle indennità di cui al precedente art. 39 previste per il sanitario incaricato che si trovi in analoga situazione di sede e di famiglia; il detto sanitario non ha diritto ad alcun trattamento previdenziale o assicurativo…”.

È di tutta evidenza che l’art. 50 citato contempla una fattispecie giuridica completamente diversa dalla posizione assunta dai medici ricorrenti che non hanno mai effettivamente sostituito alcun medico incaricato definitivo, ma ne hanno svolto le funzioni a tempo indeterminato.
Pertanto sia il Ministero che le ASL non possono invocare la citata disposizione di legge la cui ratio era semplicemente quella di assicurare il servizio medico all’interno degli istituti penitenziari quando il medico titolare si assentasse per limitati periodi di tempo (qualche giorno o al massimo qualche mese) nel qual caso giustamente non era prevista alcuna copertura previdenziale o assicurativa in favore del sostituto.

Alla luce di tali considerazioni il Tribunale di Napoli Nord accoglieva il ricorso ed in particolare osservava come “la prestazione offerta per un così lungo arco temporale sebbene in violazione delle norme di legge che prevedevano il concorso pubblico, debba essere remunerata così come previsto dall’art. 2116 c.c.. Infatti tale principio è stato affermato anche dal legislatore con il TU sul pubblico impiego, art. 52 n. 5 legge 165/2001 per il quale è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Pertanto, sebbene il ricorrente non può essere assunto dall’amministrazione ha comunque diritto alla stessa contribuzione prevista per i medici assunti a mezzo concorso pubblico che svolgono le medesime mansioni. Quindi essendo l’art. 50 della legge 740/70 precedente all’art. 52 legge 165/2001, deve ritenersi implicitamente abrogato da quest’ultima, nella parte suddetta.”.

Di conseguenza il Tribunale di Napoli Nord riconosceva il diritto dei ricorrenti alla ricostruzione della propria posizione previdenziale e contributiva ed a tal uopo accoglieva anche la domanda al risarcimento dei danni, osservando come, sebbene detto diritto, fondandosi sul duplice presupposto dell’inadempimento contributivo e della perdita della prestazione, sorge solo nel momento in cui il lavoratore avrebbe maturato il diritto alla pensione, è possibile comunque una condanna generica a risarcimento del danno, da quantificarsi successivamente all’atto dell’effettiva perdita della prestazione.
Siamo dunque di fronte ad un importante pronunciamento che in particolare chiarisce l’equivoco determinato dall’applicazione dell’invocato art. 50 legge 740/70. Infatti, come sottolineato dal giudice, non solo la norma in questione concerne specificamente particolari situazioni di eccezionalità e provvisorietà, ma tale disposizione deve ritenersi implicitamente prorogata dall’art. 52 n. 5 legge 165/2001 nella parte in cui stabilisce che anche quando l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore sia nulla (nel nostro caso per mancato espletamento della procedura concorsuale), a tale lavoratore spetta comunque il trattamento economico, retributivo e previdenziale previsto per la qualifica superiore (nel nostro caso quello del medico incaricato definitivo).

In tal modo si è finalmente data una risposta all’annosa questione del riconoscimento della posizione previdenziale per quei medici che, paradossalmente, pur risultando responsabili della tutela e salvaguardia dei detenuti ristretti nonché del personale civile dell’istituto penitenziario e di tutto il personale di polizia penitenziaria, assumendo su di sé anche la responsabilità delle infrastrutture, dei macchinari di diagnostica strumentale e della farmacia, assicurando sempre l’organizzazione e l’erogazione nel servizio sanitario, non fruiscono del corrispondente trattamento previdenziale .
Si può quindi concludere che le sentenze in questione, nell’alveo già tracciato dal precedente costituito dalla sentenza del Tribunale di Roma Sez. Lavoro n. 16935/08, hanno fissato dei principi giurisprudenziali, collocando la fattispecie nell’ambito dell’art. 52 comma 5 D.lgs. 165/2001, nella corretta interpretazione dello stesso alla luce del principio costituzionale ex art. 36 della Costituzione.

 
Domenico de Angelis
Avvocato
Patrocinante in Cassazione e Giurisdizioni Superiori

01 agosto 2015
© Riproduzione riservata

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