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Francia: il mal sottile dei giovani farmacisti


Calano le iscrizioni all’Ordine, sia pure di poco. Ma è un evento simbolico che ha spinto i responsabili della professione a mettere nero su bianco le ragioni di questa sia pure iniziale disaffezione: difficoltà di accesso al credito, precariato e scarsa propensione alla mobilità.

06 GIU - La cifra in sé non pare preoccupante: 73 iscritti all’Ordine in meno non sembrano poi una legione, ma per Isabelle Adenot, presidente dei farmacisti francesi, giustamente si tratta di un fatto simbolico (che si verifica per la prima volta) sul quale convergono diversi elementi. Elementi diversi ma tutti preoccupanti.
Per cominciare, la diminuzione degli iscritti si è verificata malgrado il numero chiuso nelle facoltà di Farmacia fosse stato aumentato, nel 2004, di 250 unità, per un totale di 2400 matricole. Inoltre, se il calo sul totale degli iscritti è dello 0,1% (su 73.259 iscritti complessivi) se si esamina la ripartizione del dato sulle diverse Sezioni in cui è diviso l’Ordine francese, si vede che la diminuzione ha colpito soprattutto i titolari di farmacia e i titolari di laboratori di analisi (rispettivamente -0,77% e -1,3%), vale a dire la parte più imprenditoriale della professione, ma anche quella più direttamente legata all’assistenza territoriale. In sostanza, il 20% dei laureati preferisce non inscriversi all’Ordine, un dato che era già stato superato quando i “non pervenuti” toccarono il 21,7%, ma era stato ampiamente riassorbito nel 2009, e che non aveva determinato saldi negativi sul totale.
Dove vadano i renitenti non si sa con precisione, dice Adenot, perché ancora non si hanno dati dal sistema di anagrafe delle professioni sanitarie (RPPS, répertoire partagé des professionnels de santé) entrato in vigore solo l’anno scorso. Il sospetto, ovviamente, è che siano stati attratti da altri settori: ambientale, cosmetico, agroalimentare in primo luogo.
Che in effetti al laureato in farmacia si prospettino oggi altre strade lo aveva messo in luce anche l’ultima ricerca dell’Osservatorio sul futuro della professione Fofi-Sda Bocconi, ma la valutazione positiva o meno di questo fenomeno dipende anche dal livello al quale il no-laureato in farmacia accede alle nuove carriere. Intanto resta il fatto che l’età media nella professione aumenta: 46,2 anni, che salgono a poco meno di 50 per i titolari delle farmacie di comunità. Per la presidente Adenot non è ancora allarme: “Non c’è la desertificazione delle farmacie” ha dichiarato. “Malgrado la chiusura di 161 esercizi nel 2009 la presenza sul territorio resta omogenea”. In pratica c’è una farmacia ogni 2.800 abitanti, e 43 farmacie ogni 1000 chilometri quadrati. Quale allora il motivo di questa per quanto iniziale disaffezione? L’accento viene posto sulle difficoltà di accesso alla professione, ma con toni e argomentazioni differenti dalle polemiche italiane. Uno dei nodi principali, per esempio, è l’esclusione dei collaboratori di farmacia dalle nuove società nate sulla scorta della Legge HPST (Hôpital, patients, santé et territoires) che ha dato il via alla farmacia dei servizi in Francia. Tra gli istituti previsti dalla legge vi sono appunto le SISA (Società interprofessionali per le cure ambulatoriali) che dovranno essere il mezzo per finanziare le attività di educazione terapeutica (simile alla pharmaceutical care) rivolte alla popolazione. Queste società prevedono ovviamente la presenza dei farmacisti, ma soltanto i titolari. Una mancanza grave se si considera la netta preferenza dei giovani farmacisti francesi per il lavoro di équipe, in questo non dissimili da buona parte dei colleghi coetanei del resto d’Europa, almeno dell’Europa in cui le indagini demoscopiche si fanno.
Un altro aspetto importante è l’accesso al credito: in un momento in cui la platea dei titolari invecchia, e molti secondo l’Ordine sono intenzionati a vendere, è difficile per il neo-professionista ottenere finanziamenti tali da permettere l’acquisto di una farmacia. La soluzione sarebbe la possibilità di acquistare quote della proprietà, creando in pratica delle holding, pur restando lavoratori dipendenti. Sono state presentate al riguardo delle proposte legislative, che però procedono troppo lentamente: per Jean-Charles Tellier, presidente della Sezione A dell’Ordine, quella cui fanno capo i titolari, è venuto il momento di individuare forme moderne per il passaggio di mano delle farmacie.
Infine c’è un altro dato che rende ragione del calo delle vocazioni e cioè l’aumento del precariato tra i collaboratori delle farmacie, che nel 2010 è aumentato del 9%, tanto che gli iscritti all’Ordine che si definiscono interinali sono 3.698, mentre i dipendenti a tempo indeterminato sono 26 .441, in calo dell’1,5%. D’altra parte, i neolaureati mostrano una scarsa propensione a cambiare sede per lavorare e questo, secondo il presidente della Sezione D dell’Ordine (quella dei collaboratori) Jérôme Parésys-Barbier, determina una sfasatura tra l’offerta e la domanda di lavoro, che pure c’è in misura adeguata.
In conclusione, la professione di farmacista esercita ancora una notevole attrattiva, ma stanno crescendo le difficoltà per le nuove leve. Difficoltà che hanno molto a che fare con la crisi strutturale e ben poco con l’assetto del servizio.

Maurizio Imperiali
 

06 giugno 2011
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