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Convegno Anaao Assomed: “La professione medica tra deontologia e codici”


Hanno ragione i medici a ritenersi perseguitati dalla magistratura? Parlare di depenalizzazione dell'atto medico è fantascienza giuridica? Da queste due domande si è sviluppato il confronto tra medici e magistrati sui nuovi confini della responsabilità professionale, promosso dall'Anaao Assomed anche a seguito di alcune recenti sentenze della Cassazione che hanno suscitato molta apprensione tra la categoria.

08 GIU - “Il medico può continuare ad esercitare la sua professione senza vedersi piombare addosso i magistrati? Come si sente un medico di fronte a sentenze che appaiono contraddittorie? Qual è la bussola da seguire?”. Da queste domande è nato il convegno organizzato oggi, a Roma, dall’Anaao Assomed. Una mattinata di confronto tra rappresentanti della categoria medica, delle istituzioni e della magistratura per capire su quale terreno si muova oggi il medico. Molto fragile, a detta dei medici. Non così tanto, secondo i magistrati.

Ad aprire il dialogo, è stata la disamina di quattro recenti sentenze della Cassazione: la prima ha annullato l'assoluzione di un medico, rinviandolo a giudizio, in quanto la dimissione del paziente deceduto doveva essere decisa in base alle sue condizioni e non nel mero rispetto delle linee guida; la seconda ha prosciolto alcuni medici al Pronto Soccorso che avevano deciso il trasferimento in altra struttura alla luce urgenza e la difficoltà della diagnosi; la terza ha invece confermato la condanna per omicidio colposo di una donna deceduta a seguito di un errore chirurgico sottolineando, inoltre, che la donna non sarebbe dovuta essere operata perché era un caso senza speranza. La quarta sentenza, infine, ha confermato l'assoluzione di un medico che aveva sbagliato diagnosi perché non c'è certezza che una diagnosi esatta, con relative terapie, avrebbe salvato la vita al paziente.

La prima sentenza in particolare, quella sulle linee guida, “è ricca di spunti per aprire un’accurata discussione. Da una parte, infatti, dava una piccola bordata ai medici, ma dall’altra offriva grandi aperture, stabilendo che i medici devono operare per il bene del paziente senza essere vincolati da lacci di tipo economicistico”, ha osservato Sandro Petrolati, della segreteria nazionale Anaao Assomed, introducendo i lavori. “I medici – ha aggiunto – stanno vivendo in un periodo di grande tensione con pazienti sempre più in allerta, che compromette la serenità del nostro lavoro”.
 
Certo, ha ricordato Marino Scherillo, presidente dell'Associazione cardiologi ospedalieri (Anmco), tornando alle sentenze, "le linee guida sono una bussola, non un navigatore satellitare". Questo significa che danno indicazioni di massima su casi tipo, "ma la pratica medica deve analizzare caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche di ogni paziente", quali età e comorbilità. E comunque, secondo Scherillo, a fronte di un aumento delle denunce, gli esiti sanitari italiani sono "molto positivi". Basti pensa che "oggi la mortalità per infarto miocardico per i pazienti ricoverati in Unità Coronariche è solo del 3% pur avendo, i pazienti, un'età media di 72 anni".

La materia “è senza dubbio complessa”, ha osservato Carlo Brusco, consigliere della Corte di Cassazione, che tuttavia nega che ci siano “orientamenti divergenti nelle sentenze della Corte di Cassazione che affrontano i temi della responsabilità professionale e del reato colposo in genere. Sulla causalità e sulla colpa e sui limiti dell’intervento dei giudici l’orientamento è uniforme e chiaro”. E sta “nella tutela del paziente, anche quando è destinato a morire”, e nell’azione “non idonea del professionista, che anticipa la morte di una persona”. La diversità dei casi e delle soluzioni deriva, secondo il consigliere della Cassazione, “dai limiti istituzionali dell’intervento della Cassazione che non ha il compito di riformulare il processo ma di verificare se il giudice di merito ha applicato la legge. Paradossalmente, la Cassazione potrebbe anche confermare sentenze sbagliate ma logicamente argomentate”.

Il presidente della Fnomceo, Amedeo Bianco, ha concordato sul fatto che le sentenze ricordino costantementte che l’atto medico esercitato secondo perizia prudenza e diligenza è intrinsecamente destinato al bene del paziente. Il problema, tuttavia, è un altro: “La magistratura sta supplendo alla mancanza di legge”, ha affermato Bianco riferendo che, “alla luce di tutto questo, abbiamo inviato al presidente della commissione Affari Sociali, Giuseppe Palumbo, una proposta di emendamento all’art 1 comma 1 del Ddl sul Governo clinico in discussione, che prevede l’inserimento di queste parole:
‘Le attività mediche e sanitarie sono dirette alla tutela della salute degli individui e della collettività e di tale obiettivo esse sono costituite garanti.
Tale attività vengono assicurate secondo i principi di autonomia e responsabilità, diretta e non delegabile, dei medici e dei professionisti sanitari nell’ambito delle proprie specifiche competenze e nel rispetto delle funzioni svolte.
Le norme generali e le discipline derivate connesse alle esigente organizzative e gestionali dei servizi sanitari e socio-sanitari e di ogni altra attività propria o affidata a tali professionisti, non possono in alcun modo limitare i principi di autonomia e responsabilità.
In particolare dette esigenze non possono, in alcun caso, né vincolare né condizionale rel scelte diagnostiche e terapeutiche del medico, il quale dovrà sempre determinarsi secondo la propria scienza e coscienza e nel rispetto della posiziona di garanzia che gli è attribuita’.

“Qualsiasi regola che scavalchi questo mandato professionale non può essere accettata”, ha osservato Bianco chiedendo che sia costruito “un presupposto giuridico chiaro che stabilisca una volta per tutte dove sta la responsabilità medica, dove sta l’autonomia dei professionisti che operano”.

Il presidente della commissione Affari Sociali, Giuseppe Palumbo, ha assicurato un esame attento da parte della commissione alla proposta di emendamento avanzata dalla Fnomceo. “Concordo con Bianco”, ha affermato Palumbo sottolineando come la medicina non sia una scienza esatta: “Se non partiamo da questo assunto, il fenomeno della medicina difensiva prenderà sempre più piede”. Il presidente della Commissione ha inoltre ricordato come, in una prima stesura, il ddl sul governo clinico contenesse anche un articolo sulla responsabilità medica, “poi stralciato dal momento che era stato presentato in Senato un ddl ad hoc”. Il tema aveva comunque aperto un’ampia discussione, ha affermato Palumbo spiegando che si era prospettata “la possibilità di ricorrere al procedimento Penale solo in presenza di atti certi evitando, come avviene ora, di ricorrervi prima e passare solo dopo al Civile”.

Ignazio Patrone, sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, ha quindi portato all’attenzione dell’assemblea una sentenza del 2002 della Corte Costituzionale in cui si afferma che “Non è di norma il legislatore a dover stabilire quali sono le pratiche ammesse, con quali limiti e a quali condizioni poiché la pratica dell’arte medica si fonda sulle acquisizione scientifiche e sperimentali che sono in continua evoluzione. La regola di fondo in questa materia è costituita dall’autonomia e dalla responsabilità del medico che con il consenso del paziente opera in base alle conoscenze che ha a disposizione”.
Quanto all’eventuale depenalizzazione dell’atto medico, Patrone ha sostenuto che più che “di depenalizzazione si può parlare di una diversa articolazione e valutazione della colpa”, tenuto conto che “il codice penale italiano risale agli anni ‘30”. Le nuove norme sulla colpa dovrebbero, secondo il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, considerare l’evoluzione della scienza, ma anche i cambiamenti della società e della cultura.

Il primo atto da compiere subito, secondo Carlo Lusenti, assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna, è passare da un rapporto conflittuale tra medici, pazienti e amministrazioni, a un rapporto collaborativo. “Le migliori garanzie per i cittadini è la migliore tutela per i professionisti. C’è un bene comune, per questo occorre uscire dalla logica della competizione e della conflittualità ricordando – ha continuato Lusenti – che la parola responsabilità non ha un’accezione negativa, come appare oggi, ma è l’esercizio positivo della responsabilità che compete ai professionisti e alle istituzioni che devono dare risposte. E qual è il compito di chi ha responsabilità di governo della salute? Garantire un servizio qualitativo efficiente e sicuro per i cittadini, pazienti e professionisti”.

Per Domenico Iscaro, presidente Anaao Assomed, resta comunque un “disperante ritardo della politica”. Anche in materia di depenalizzazione. “Nel 2008 l’Ue, in questo ambito, si divideva in tre i macro gruppi”, ha spiegato Iscaro. “Danimarca, Finlandia e Svezia erano, dove si avevano dati certi e un sistema non concentrato sulla ricerca del colpevole, ma sulla sicurezza delle cure, secondo il principio ‘non voglio il colpevole, ma applicare velocemente il sistema risarcitorio’. In questi Paesi la percentuale dei risarcimenti era del 44% con accessi al tribunale del 1-2% e un risarcimento per abitante di circa 10 euro”.
Nel secondo gruppo, ha continuato ad illustrare il presidente della Anaao, “c’erano i Paesi che provavano a ricalcare questo sistema - Germania, Francia e Regno Unito - con dati di registrazione meno precisi. Nel terzo gruppo, il più affollato, c’era l’Italia, in compagnia Spaegna, Svizzera e Islanda. Qui i sistemi di rilevazione sono assenti e la percezione dell’errore medico da parte del cittadino è elevatissima, pari all’80%. Si arriva addirittura a valori tra l’85 ne il 90 % di accessi ai tribunali in Portogallo”.
Tirando le somme “i buoni esempi in Europa non mancano”, ma l’Italia è ancora indietro. “Eppure abbiamo ben due commissioni di inchiesta sul Ssn”, ha osservato Iscaro secondo il quale, “se si continua su questa china, sarà solo la medicina difensiva. Una crescita di esami inutili, ma che non si possono condannare. Tutto questo con un aumento dei costi”.
 
Il medico, secondo Francesco Pugliese, direttore del Dea dell'Ao Pertini di Roma, "è confuso. Se non applica le linee guida qualcuno può accusarlo di non averle seguite. Se le segue non ha garanzie di riuscita e non è esente dalla colpa. Le linee guida dovrebbero invece
essere il confine. Noi dobbiamo garantire impegno, ognuno secondo la propria competenza in scienza e coscienza, non possiamo dare certezza
di risultati. Inoltre ci muoviamo in un ginepraio di normative tra loro difformi". Pugliese, tuttavia, non è convinto che la strada da seguire sia la depenalizzazione perché "ci sono tante categorie che rischiano, non possiamo essere  quindi dei privilegiati. Stabiliamo invece come portare eventualmente in giudizio i medici. Puntiamo alla compilazione esatta della cartella clinica e alla presenza di periti realmente competenti".

Ma i medici sono realmente nel mirino della magistratura? Per  Patrone servirebbe un sistema in grado di garantire dati statistici certi, per capire quanti accertamenti arrivano realmente al penale vero e proprio. “Ma da qui a dire che i medici sono nel mirino francamente mi sembra eccessivo”. Secondo i dati portati da Carlo Brusco, mediamente i processi per responsabilità medica sono 1 o 2 per udienza. “Il dato rozzo, ma non lontano dalla verità, è che le sentenze di condanna per errore medico non superano le 100 all’anno”. La maggioranza, ha spiegato Brusco, riguarda casi di negligenza, pochi casi di imprudenza. Imperizia che può avvenire, ma i casi in cui si configura questa fattispecie sono una minoranza. “Nei casi di negligenza, parlare di medici perseguitati è improprio”, ha osservato il consigliere della Corte di Cassazione secondo il quale, inoltre, “la Cassazione ha stabilito una serie di paletti che rendono, in pratica, l’esito – anche negativo - irrilevante se non c’erano altri percorsi idonei che il medico poteva attuare per evitare l’esito negativo”. “Il nesso causale va poi accertato in termini di elevata credibilità razionale, non di assoluta certezza. La Cassazione, insomma, ha rifiutato in sostanza il criterio probabilistico”. In definitiva, per Brusco, “l’affermazione che i medici siano perseguitati non è condivisibile”.

A concludere i lavori è stato Costantino Troise, segretario nazionale Anaao Assomed, che è tornato a parlare di come “i principi dell’organizzazione hanno invaso il campo dell’autonomia e della responsabilità del medico. Il compito di governare le cure, al quale il medico è deputato dalla Costituzione, viene messo a rischio dalla logica aziendalistica del pareggio di bilancio”.
Nel frattempo, “il paziente è diventato un mostro esigente” e “l’errore medico è diventato il simbolo di periodiche cadute del Ssn”. Due sono le conseguenze di questa realtà: “La perdita di fiducia dei cittadini e la crescita dei fenomeni difensivi”, ha osservato Troise sottolineando che, comunque, “i medici non sono esenti da colpe”, a partire dal fatto che “investiamo ancora poco sulla comunicazione con il paziente”.
 

08 giugno 2011
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