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Professioni sanitarie. Consulta: “Incostituzionale la nomina dei componenti ministeriali nel Cceps”


Dichiarato illegittimo un articolo del Dlgs del 1946 che prevedeva la nomina di due componenti del Ministero della Salute nella Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, l’organo che decide sulle impugnazioni proposte avverso le decisioni assunte in primo grado dagli organi professionali. “Indipendenza e imparzialità devono colorare l’azione giurisdizionale”. Ricordiamo che il Ministero della Salute è l’Ente vigilante di ordini e albi delle professioni sanitarie. LA SENTENZA

10 OTT - La “nomina di due componenti di derivazione ministeriale della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie” rende incostituzionale l’art. 17 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse). La decisione è stata presa dalla Corte Costituzionale. Il caso riguarda la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (Cceps) che è chiamata a svolgere funzioni decisorie in materia di contenzioso elettorale, disciplinare, o inerente alla tenuta dei rispettivi albi professionali (medici, veterinari, farmacisti, ostetriche, odontoiatri).

In particolare, la Commissione decide sulle impugnazioni proposte avverso le decisioni assunte in primo grado dai competenti organi professionali.
Ebbene per la Consulta la “nomina dei componenti di matrice ministeriale” della commissione  “appare sganciata da ogni riferimento normativo che valga preventivamente a determinarne l’ambito attitudinale e le competenze, indicazioni non validamente surrogate dal generico riferimento alla qualifica che gli stessi devono rivestire”. E ancora: “Emergono, dunque, con immediata evidenza, i vincoli di soggezione con una delle parti del procedimento destinati a porsi in aperto contrasto, già sul piano della mera apparenza esterna, con i caratteri di indipendenza e imparzialità che devono colorare l’azione giurisdizionale”.

 “La discrezionalità – specifica poi la sentenza - lasciata sul tema all’autorità governativa finisce, dunque, con l’assumere un rilievo non indifferente”.
I giudizi di legittimità erano stati promossi dalla Corte di cassazione con due ordinanze del 15 gennaio 2015 e partivano dai due casi relativi alla professione odontoiatrica. 

10 ottobre 2016
© Riproduzione riservata

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